[lid] L’Agenparl ha intervistato il Professore e Avvocato Alfredo Gaito, Ordinario di Diritto Processuale Penale presso l’Università “La Sapienza” di Roma.
Domanda. Nel libro «Il giusto processo» cita delle prospettive di adeguamento agli obiettivi europei di allineamento delle normative nazionali a quelle comunitarie e il perdurare delle resistenze interne. Può spiegarci meglio di cosa si tratta?
Gaito. Nel libro vengono passate in rassegna questioni su cui la giurisprudenza della Corte di cassazione adotta interpretazioni ancora restrittive, alla luce delle indicazioni che, sugli stessi argomenti, provengono dalle Corti europee. Viene fatto l’esempio, tra gli altri, della disciplina dei tabulati telefonici, che per la Corte di Giustizia possono essere acquisiti solo su ordine di un’autorità terza e imparziale come il giudice, mentre per il diritto pretorio è sufficiente un provvedimento del pubblico ministero, anch’egli ritenuto indipendente, pur essendo una parte del processo. Similmente, si segnala l’ampiezza dell’obbligo di ascoltare testi per la riforma dell’assoluzione secondo la Corte EDU, laddove, invece, la giurisprudenza di legittimità esclude l’obbligo di audizione dei testimoni nel giudizio di rinvio, a seguito di assoluzione.
Domanda. Lei parla della differenza del diritto comunitario che si basa sul dettato costituzionale dell’articolo 11 della Costituzione, mentre la CEDU è annoverata nel diritto internazionale e come tale fa riferimento all’articolo 117 della Costituzione nella parte che fa riferimento «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato [70 e segg.] e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Tradotto in parole povere. Il giudice nazionale in caso di conflitto tra la normativa nazionale e quella comunitaria deve disapplicare quella interna che confligge con quella europea. E’ sempre così?
Gaito. Tradizionalmente il fondamento del diritto UE, nel nostro sistema legale, veniva ravvisato unicamente nell’art. 11 Cost., mentre solo in tempi recenti, a seguito della riscrittura del Titolo V, il fondamento di questo diritto viene individuato anche nell’art. 117 Cost. Per la CEDU, invece, l’unica norma di riferimento è quest’ultima. Ciò comporta che, in caso di contrasto della legge nazionale con la CEDU, l’unico strumento disponibile per il giudice è sollevare una questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Consulta, mentre, in caso di conflitto col diritto dell’Unione, deve disapplicarla per assicurare il primato del diritto UE, a meno che la norma comunitaria non contrasta con uno dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione (nel qual caso dovrà investire la Consulta della questione).
Domanda. Come si risolve il disallineamento tra normative nazionali ed europee? Secondo Lei quando dureranno queste resistenze alla luce delle risorse che arriveranno dal PNRR?
Gaito. Sicuramente il finanziamento PNRR aiuterà a superare alcune tradizionali resistenze nazionali, almeno laddove nuove soluzioni si impongono come condizione necessaria per ottenere il finanziamento europeo; al di là di ciò, molte criticità possono essere superate sul piano interpretativo.
Domanda. A questo punto si rendono necessarie le riforme dei processi penali – a prescindere dalle risorse che arriveranno dal PNRR – visto che sono le uniche in grado di far funzionare la giustizia penale in Italia e che devono essere soprattutto al servizio dei cittadini?
Gaito. Che le riforme siano la sola cosa in grado di far funzionare la giustizia penale è tutto da dimostrare, specie guardando alle riforme degli ultimi anni. Più che altro, occorrono modifiche di sistema e scelte coraggiose per l’attuazione completa del giusto processo.