(AGENPARL) – mer 12 ottobre 2022 Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano
[Lavori Consiglio: contratti collettivi, pompe di calore](https://www.consiglio-bz.org/it/attualita/cs-consiglio-attuali.asp?art=Suedt670378)
Consiglio – Mozioni di Movimento 5 Stelle e Perspektiven Für Südtirol. La seduta di oggi è terminata.
Presentando la [mozione n. 623/22](http://www2.consiglio-bz.org/it/banche_dati/atti_politici/idap_scheda_atto.asp?pagetype=fogl&app=idap&at_id=664282&blank=Y)[:](http://www2.consiglio-bz.org/it/banche_dati/atti_politici/idap_scheda_atto.asp?pagetype=fogl&app=idap&at_id=664282&blank=Y) Contratti collettivi a livello provinciale (EMENDATA), Diego Nicolini (Movimento 5 stelle) ha spiegato che l’art. 3, comma 3 del secondo accordo stralcio del contratto collettivo intercompartimentale del 3 dicembre 2020 stabilisce che le parti “si impegnano a definire entro il 31 dicembre 2021 una nuova disciplina della struttura retributiva (…), che dovrà prevedere, tra l’altro, l’unificazione dello stipendio base e dell’indennità integrativa speciale in una unica voce stipendiale, nonché una nuova disciplina del salario accessorio”: pertanto, si deve e si sta stipulando un accordo stralcio conclusivo del contratto collettivo intercompartimentale per il triennio 2019-2021, prima di poter proseguire con il triennio successivo 2022-2024. La nuova disciplina della struttura retributiva e del salario accessorio avrebbe dovuto essere definita entro il 31 dicembre 2021, ma a causa della pandemia e dello stato emergenziale non si era riusciti a definirli entro la data stabilita, anche perché i gruppi di lavoro non si erano più incontrati; un tema importante per tutti, Amministrazione provinciale e Organizzazioni sindacali, era come rendere più attrattivo l’impiego nella pubblica amministrazione ai giovani, ma non solo, e la proposta dell’Amministrazione provinciale era di alzare lo stipendio iniziale per i neo assunti, ma poi di diluire la progressione economica ogni 5 anni (oggi è ogni 2 anni), ma su questo tema si doveva trovare ancora tra le parti il giusto compromesso. In ogni caso, non essendoci la possibilità di aumenti salariali, se non al massimo per il mero recupero dell’inflazione, era indispensabile intervenire sul piano della qualità del lavoro: il consigliere proponeva quindi di impegnare la Giunta provinciale (VERSIONE EMENDATA) 1) ad attivarsi per prevedere la riduzione dell’orario di lavoro settimanale da 38 a 36 ore a parità di stipendio come nella maggior parte dei contratti collettivi nazionali e nella regione Trentino-Alto Adige; 2) a incentivare l’accesso allo “smart working” da parte dei dipendenti, garantendo maggiore flessibilità a loro favore, con conseguente adeguamento nell’organizzazione del lavoro; 3) a verificare altre forme per dare maggiore flessibilità al lavoro, per esempio togliendo la fascia obbligatoria il venerdì pomeriggio; 4) a rendere il lavoro più flessibile in caso di mobilità tra enti come previsto dai contratti collettivi nazionali; 5) a introdurre elementi di progressione, specie non economici, al personale che è in servizio da lungo termine, ovvero da oltre 20 anni o 30 anni.
Ulli Mair (Die Freiheitlichen) ha detto che le sembrava di vivere su un altri pianeta rispetto a Nicolini, dato che le sembrava impossibile lo smart working, che comportava tempi incredibili per concludere delle procedure a livello amministrativo, come ben sapevano geometri e progettisti. In alcuni ambiti questo forse funzionava, ma non era la soluzione per tutti. Il diritto allo smart working andava garantito solo laddove non c’erano altre possibilità, non era possibile per esempio attendere mesi per registrare un decesso. Bisognava inoltre aumentare il potere d’acquisto dei cittadini, e la proposta di Nicolini non andava in questa direzione. Se il venerdì pomeriggio restava livero, forse l’amministrazione avrebbe risparmiato, ma a spese della cittadinanza e delle aziende.
La settimana di 36 ore pareva una buona idea, ma sarebbero servite 1.500 persone in più per coprire i servizi, ha detto Hanspeter Staffler (Gruppo verde), rilevando che già ora mancava personale pubblico. Lo smartworking aveva avuto un grande sviluppo, ma ancora non si era trovato l’equilibrio ottimale: quello attuato durante la pandemia non era stato smartworking, bensì homeoffice, e questo poteva creare problemi per sportelli e servizi vari. Si era favorevoli certamente alla flessibilità così come all’aumento dei giorni di ferie per il personale anziano, cosa che faceva parte dell’age management. Bisognava fare il possibile per aggiornare i contratti collettivi, prevedendo adeguati mezzi finanziari insieme a interventi di questo genere a breve, medio e lungo termine.
Helmut Tauber (SVP) ha sostenuto che la proposta gli procurava mal di pancia: dopo 2 anni di pandemia esplodevano i prezzi dell’energia, e c’erano sempre meno lavoratori, e si proponeva anche di ridurre le ore lavorative di chi era impiegato? Chi avrebbe quindi lavorato in futuro? Bisognava invece dare il segnale che lavorare valeva la pena, magari introducendo misure di welfare per i giovani, corsi di formazione, altre misure. Le prestazioni, ha aggiunto il consigliere, meritano uno stipendio adeguato, nel pubblico come nel privato: il merito deve essere quello che conta.
Maria Elisabeth Rieder (Team K) ha condiviso l’idea che “lavorare debba valere la pena”, ha rilevato però che le proposte di Nicolini erano delle alternative agli aumenti salariali. Bisognava però chiedersi quanti lavoratori aggiuntivi sarebbero serviti, chiarendo che non ce ne erano a disposizione. I sindacati chiedevano da anni aumenti salariali, bisognava parlare di questo e trovare i soldi per procedere. Questa era la priorità. I punti dispositivi facevano parte delle negoziazioni sui contratti collettivi, non erano decisioni che si potevano prendere in aula. Inoltre, la mozione parlava solo di dipendenti pubblici, e parlava di flessibilità, il che escludeva chi lavorava a turno o gli operatori sanitari.
Josef Unterholzner (Enzian) ha detto a Nicolini che come imprenditore avrebbe dovuto sapere che i collaboratori molto motivati lavorano più di 40 ore a settimana, e che lavorare meno e guadagnare di più non funziona; inoltre, più tempo libero si ha più si spendono soldi. Mancava personale qualificato, e serviva una minore pressione fiscale sugli straordinari. Egli era a favore degli orari flessibili, come per esempio a iniziare presto al mattino, e a una valutazione non delle ore lavorate ma del risultato raggiunto.
Secondo Sven Knoll (Süd-Tiroler Freiheit), è vero che lavorare deve valere la pena, e il lavoro non deve essere solo un peso, ma permettere di conciliare bene la vita famigliare. Era quindi d’accordo con la proposta di rendere lo smart working più flessibile – punto 2), anche per non sprecare tempo nel pendolarismo; ha apprezzato anche il punto 3),nonostante non fosse applicabile a tutti i dipendenti pubblici: questo avrebbe permesso di mantenere interessate il datore di lavoro pubblico, che formava servizi; le altre proposte avrebbero invece accentuato il problema della mancanza di personale.
L’orario di lavoro di oggi, ha ricordato Helmuth Renzler (SVP), era stato ottenuto dopo lunghe battaglie, e che non si vive solo per il lavoro. Si è detto d’accordo con la riduzione delle ore settimanali a 36, ma con aumento della retribuzione, ha aggiunto tuttavia che questo viene deciso nei contratti collettivi, non si può fare nulla in aula. Sullo smartworking ci sono regole a livello nazionale in fase di negoziazione; garantire maggiore flessibilità è comunque una proposta sensata, anche dare più ferie a chi lavorava da più anni era tema da contrattazione. Vero era che chi ha più tempo libero ha bisogno di più soldi.
Gerhard Lanz (SVP) ha invitato a pensare anche agli aspetti positivi del lavoro, che andavano valorizzati, aggiungendo che la struttura delle famiglie e gli obiettivi dei singoli sono diversi rispetto a quelli di qualche generazione fa. IN ogni caso, bisogna considerare quello che si vuole: se come cittadini si vogliono servizi pubblici, non si può garantire sempre flessibilità, Ci sono molti giovani che hanno voglia di lavorare e molte persone che lo fanno per trarne soddisfazione e guadagno, non per andare in pensione: qu questi bisogna puntare .
Brigitte Foppa (Gruppo verde) ha ritenuto assolutamente giustificata la mozione di Nicolini, aggiungendo che il mito della presenza in azienda, che in passato aveva penalizzato le donne, non era più così importante, e che molti giovani, pur prendendo sul serio il lavoro, non lavoravano più al 100%. Chi lavora di meno non sempre deve spendere di più: alcune persone devono occuparsi di famigliari anziani, altri fanno volontariato. Bisognerebbe in primis chiedersi cosa si aspettano i giovani e le famiglie da un bilanciamento di vita e lavoro.
Il lavoro, ha detto Magdalena Amhof (SVP), deve avere di nuovo il suo valore, e se una persona per 38 ore a settimana svolge una certa attività deve anche avere un ritorno. In Consiglio si era più volte parlato di servizi che non erano all’altezza anche per mancanza di personale: ridurre gli orari di lavoro ora sarebbe stato difficile. In quanto allo smartworking, la Provincia aveva emanato delle direttiva, ma esso non era possibile in tutti gli ambiti, perché si dovevano garantire i servizi. La SVP non poteva accogliere la mozione.
L’ass. Waltraud Deeg ha chiarito che molte delle richieste erano oggetto dei contratti collettivi; ha aggiunto che i giovani quando vedono un senso e una motivazione nel proprio lavoro sono disponibili, ma quando si sentono sfruttati dicono di no: non è quindi vero che non vogliono lavorare. In quanto alla riduzione delle ore settimanali a 36, in certi settori si lavorano tante ore per mantenere i servizi essenziali, ridurre è un problema in tempi di carenza di personale. Inoltre, questo ha poco senso in una zona di piena occupazione. Lo smartworking introdotto nel 2020 è stato possibile anche grazie all’acquisto di 9.000 licenze d’uso per il cloud nel 2016. Già il contratto collettivo del 2020 prevede lo smartworking, così come successivi comunicati e circolari: si è consapevoli dei vantaggi raggiunti durante la pandemia, e si sta facendo molto in questa direzione. Anche sull’abolizione della fascia lavorativa al venerdì pomeriggio c’è una discussione, ma sarebbe un segnale non positivo per i lavoratori nel privato: la discussione va affrontata dalle parti sociali. Già nel 2019 la Giunta ha emesso una delibera che conteneva riferimenti alla mobilità tra enti, con una nuova definizione delle sedi di servizio; la stessa delibera interveniva anche nell’ambito dell’age management, nonché in quello di una retribuzione trasparente. Diego Nicolini ha ringraziato per la discussione, rilevando che i problemi citati dai consiglieri era proprio quelli che lui voleva risolvere: i giovani che si candidavano per un posto di lavoro chiedevano subito informazioni su flessibilità e smart working, del resto non aveva senso che qualcuno si recasse ogni giorno da Brunico a Bolzano per mettersi davanti al PC. All‘estero si lavorava di meno e si guadagnava di più. Compito della civiltà era produrre di più e far lavorare di meno l’uomo, era sbagliato associare il numero di ore di lavoro alla quantità di produzione; il lavoro doveva conciliarsi con la vita di ciascuno. Il settore di lavoro stava diventando più attrattivo di quello pubblico, anche proponendo la settimana di 4 giorni Gli era chiaro che alcune questioni erano di contrattazione collettiva, ma alcuni assessori erano controparte nella contrattazione. Messa in votazione per parti separate, la mozione è stata respinta: le premesse con 8 sì, 16 no e 5 astensioni, il punto (1) con 4 sì, 18 no e 7 astensioni, il (2) con 11 sì, 16 no e 2 astensioni, il (3) con 5 sì, 16 no e 8 astensioni, il (4) con 4 sì, 16 no e 9 astensioni, il (5) con 9 sì, 17 no e 2 astensioni.
Peter Faistnauer (Perspektiven Für Südtirol) ha quindi presentato la [mozione n. 624/22:](http://www2.consiglio-bz.org/it/banche_dati/atti_politici/idap_scheda_atto.asp?pagetype=fogl&app=idap&at_id=664325&blank=Y) Puntare sulle pompe di calore ad aria, un tassello in più verso l’autarchia energetica dell’Alto Adige, con la quale, evidenziando la necessità di coniugare la garanzia di riscaldamento durante i freddi mesi invernali con prezzi dei combustibili che schizzano alle stelle e l’impossibilità di acquistare un impianto moderno ad energia rinnovabile, affrontando la relativa spesa dall’oggi al domani e anche tenendo conto dei tempi d’attesa di produttori e artigiani, ormai di diversi mesi, chiariva che è urgente l’intervento dei singoli cittadini, e che anche la politica deve attivarsi per creare le condizioni quadro che garantiscano una “casa calda” a tutti. Ricordava poi che da anni il dibattito è incentrato sulla transizione energetica, ovvero sul passaggio dalle energie fossili a quelle rinnovabili. A tale proposito il Klima Club Südtirol ha presentato alla Giunta provinciale un documento strategico, i cui punti chiave sono le pompe di calore ad aria, il fotovoltaico e il cosiddetto “segretariato del clima”. Faistnauer sottolineava poi come alternativa per affrontare il crescente fabbisogno energetico della società e i costi ad esso collegati quella delle pompe di calore che aspirano l’aria fredda dall’esterno e grazie al cambio di temperatura all’interno generano energia che può essere utilizzata per scaldare la caldaia, funzionando grazie alla corrente elettrica idealmente viene fornita da un impianto fotovoltaico combinato. Egli, quindi, chiedeva di impegnare la Giunta a 1. ad avviare uno scambio attivo con il Klima Club Südtirol e con gli altri stakeholder e a informare la cittadinanza, tramite i media, dei traguardi raggiunti; 2. a fare dei calcoli dettagliati per stabilire i costi e i mezzi finanziari necessari nelle singole fasce di reddito per aiutare i cittadini ad aiutarsi da sé; 3. a pubblicizzare le possibilità di passaggio da un sistema all’altro e i relativi contributi con una campagna informativa su vasta scala, affinché la popolazione possa ricorrervi; 4. a prevedere incentivi aziendali per la produzione di pompe di calore in Alto Adige, al fine di ovviare alla carenza del prodotto e ai lunghi tempi di attesa, chiudendo il cerchio in Alto Adige, le cui aziende high-tech sono leader a livello mondiale e potrebbero soddisfare i requisiti; 5. a promuovere dei corsi di formazione per progettisti e installatori, in linea con l’Update 2021 del Piano Clima Energia Alto Adige 2050, per garantire che questi ultimi dispongano di conoscenze approfondite sui sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili; 6. a considerare la sostituzione di caldaie da riscaldamento a combustibili fossili con 2.000 pompe di calore all’anno quale obbiettivo realistico, come indicato dal Klima Club Südtirol, mettendo a disposizione i fondi necessari; 7. ad attribuire la massima priorità alla riduzione delle emissioni di CO2, e a prevedere, oltre all’incremento del numero di pompe di calore, contributi e mezzi finanziari per la sostituzione delle caldaie da riscaldamento, sotto forma di un pacchetto combinato per la riduzione del fabbisogno energetico dell’involucro termico; 8. a modificare le direttive per la concessione di contributi (delibere della Giunta provinciale n. 1136 e n. 1137 del 28/12/2021) che erogano contributi a fondo perduto per promuovere l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e l’efficienza energetica, prevedendo: a) pompe di calore in combinazione con impianti fotovoltaici non solo per gli edifici CasaClima B ma per tutti gli edifici (contributo del 40% dei costi ammissibili); b) pompe di calore in sostituzione di caldaie a gasolio o a gas non solo in abitazioni di proprietà con almeno 5 unità immobiliari e almeno 5 proprietari, ma per tutte le abitazioni (30% dei costi ammissibili).
Hanspeter Staffler (Gruppo verde) ha chiesto come pensava la Provincia di garantire il riscaldamento di migliaia di alloggi riscaldati a gas, e sottolineato l’importanza del risanamento del pre-esistente, trascurato negli ultimi anni: era necessaria un’accelerazione.
Le pompe di calore ad aria garantirebbero innovazione, tutela dell’ambiente e sostenibilità ha condiviso Sven Knoll (Süd-Tiroler Freiheit), anche se non tutte le case sono adatte a questo tipo di sistema. Il fotovoltaico spesso non garantisce sufficiente energia elettrica, e anche l’energia idroelettrica prodotta è inferiore in inverno, servirebbe quindi una soluzione per conservare l’energia prodotta in eccesso: su questo si è lavorato poco a livello di innovazione, ma recentemente è stato premiato il progetto di un giovane altoatesino che ha allestito sul suo maso un impianto che produce molta energia, conservandola per la notte tramite una catena di batteria di auto: bisognerebbe adottare un sistema simile a livello più ampio. Importante è anche utilizzare il potenziale esistente, tramite il risanamento egli edifici.
Gerhard Lanz (SVP) ha ribattuto a Staffler rilevando che c’erano stati contributi consistenti per l’utilizzo di fonti energetiche alternative, di cui però non si era molto approfittato, perché i costi dell’energia erano molto più bassi, mentre ora ognuno è interessato a produrre la propria energia. le pompe di calore non erano la soluzione migliore per tutte le case, andava valutato l’investimento migliore per i singoli edifici; se si concedono contributi alle aziende che le producono, un domani si sarebbe dovuto concederli da aziende che producono altri sistemi, ma con una richiesta aumentata il mercato si sarebbe mosso da solo. Bisogna sapere che non esiste energia gratuita, sono sempre necessari investimenti.
Andreas Leiter Reber (Die Freiheitlichen) ha dato ragione a Lanz: le pompe di calore sono una delle soluzioni possibili nell’ambito delle energie rinnovabili, per ognuna delle quali bisogna creare i migliori presupposti possibili. Bisognava aiutare i cittadini a raggiungere l’autarchia energetica con la fonte di volta in volta più utile, mentre la mozione era troppo concentrata su un’unica soluzione.
Di grande potenziale e molte possibilità di intervento ha parlato Franz Locher (SVP), invitando a utilizzare tutte le possibilità esistenti in Alto Adige, compresi i pellets. le pompe di calore necessitavano di molta corrente, e l’idrogeno era visto come la fonte del futuro, ma nella trasformazione della relativa energia c’erano perdite del 30%. La Provincia aveva investito molto nella ricerca, anche tramite Eurac e Università, ma i risultati non erano stati notevoli.
L’ass. Giuliano Vettorato ha fatto riferimento al Piano clima, che pure affrontava il tema e considerava investiva molto nelle pompe di calore, abbinate al fotovoltaico. Gli incentivi concessi finora erano per tutti e senza limiti di reddito. Nel Piano si faceva riferimento anche alla sensibilizzazione di cittadini, progettisti, programmatori, e ci si era anche confrontati con gli stakeholder, la mozione chiedeva ciò per cui la Giunta già stava lavorando. Peter Faistnauer ha lamentato che le mozioni fossero di volta in volta respinte in quanto “troppo dettagliate” o “Troppo vaghe”, e ha annunciato sostegno alla mozione dalla SVP (ancora da discutere) sull’indipendenza energetica che faceva riferimento anche alle pompe di calore, augurandosi comunque sostegno anche alla sua proposta. La mozione è stata quindi posta in votazione e respinta con 12 sì e 16 no.
La seduta di oggi è terminata, i lavori del plenum riprendono domani mattina alle 10.00.
(Autore: MC)
[Lista completa dei comunicati](https://www.consiglio-bz.org/it/attualita/cs-consiglio-attuali.asp)
Realizzazione: [Informatica Alto Adige SPA](http://www.siag.it)
[Rete Civica dell´Alto Adige](http://www.retecivica.bz.it/)
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