
(AGENPARL) Lucca, 29 novembre – Riceviamo e pubblichiamo il contributo che la Presidente Di OPI Lucca, dott.ssa Guadalupe Capizzano, ha voluto portare, questo pomeriggio, sul tema, in occasione dell’Evento “l’Amore non ha lividi, noi infermieri con le donne, contro la violenza” tenutosi oggi a Castelnuovo di Garfagnana.
“lL 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. La giornata mondiale è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con l’obiettivo di focalizzare tutta l’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema di grande attualità. Si è scelta la data del 25 novembre per la giornata sulla violenza sulle donne per ricordare 3 sorelle coraggiose, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa), assassinate brutalmente il 25 novembre del 1960 da mandanti del dittatore Trujillo, il dittatore che sottomise la Repubblica Dominicana tenendola nel caos per più di 30 anni in uno dei regimi più sanguinari dell’America Latina. Le sorelle Mirabal avevano tentato di contrastare il regime di Trujillo e, per questo, furono assassinate.
Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3 Le violenze sulle donne e i femminicidi stanno seguendo un trend di risalita, dopo una serie di anni positivi in cui questo tipo di crimini aveva subito una battuta di arresto.
In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner. (dati pubblicati dal Ministero della Salute)
Alle 81 vittime di sesso femminile che erano state registrate da gennaio a settembre 2021 ne vanno aggiunte delle altre: sono 103 allo stato attuale le donne uccise quest’anno, di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo. In particolare, 60 sono state uccise dal partner o dall’ex partner (ultimo report del Servizio Analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale) Secondo un comunicato stampa dell’Istat sull’effetto della Pandemia sulla violenza di genere anni 2020-2021 evidenza che la pandemia Covid-19 e le misure adottate per il contenimento della sua diffusione (ad esempio il confinamento tra le mura domestiche), così come il dispiegarsi delle conseguenze socio-economiche della crisi innescata dall’emergenza sanitaria, possono aver accentuato il rischio di comportamenti violenti. Molti studiosi e stakeholder hanno parlato di una emergenza nella emergenza, mentre UN WOMEN – l’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne – la definisce una emergenza-ombra legata alla pandemia (shadow pandemic) o una crisi nascosta (shadow crisis). Alle difficoltà delle donne che subiscono la violenza vanno affiancate, inoltre, le criticità presentate per i minori che vivono nelle situazioni di violenza e le difficoltà amplificate per i gruppi di popolazione particolarmente vulnerabili, come le donne straniere e con disabilità, o appartenenti a realtà sociali ed economiche svantaggiate.
Sono diversi gli scenari possibili: dall’aumento delle vittime della violenza (i nuovi casi), alla recrudescenza della violenza preesistente alla pandemia (la maggiore gravità), all’aumento delle sole richieste di aiuto per violenze insorte in precedenza. Scenari, questi, che possono essere anche compresenti e diversamente interrelati.
La prima significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale, in Italia, si era avuta con l’approvazione della Legge 15 febbraio 1996, n. 66, che ha iniziato a considerare la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale, innovando la precedente normativa, che la collocava fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume.
Con la Legge 4 aprile 2001, n. 154 vengono introdotte nuove misure volte a contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l’allontanamento del familiare violento. Nello stesso anno vengono approvate anche le Leggi n. 60 e la Legge 29 marzo 2001, n. 134 sul patrocinio a spese dello Stato per le donne, senza mezzi economici, violentate e/o maltrattate, uno strumento fondamentale per difenderle e far valere i loro diritti, in collaborazione con i centri anti violenza e i tribunali.
Con la Legge 23 aprile 2009, n. 38 sono state inasprite le pene per la violenza sessuale e viene introdotto il reato di atti persecutori ovvero lo stalking. Il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la Legge 27 giugno 2013 n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l’11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono infatti il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare questo fenomeno.
Il 15 ottobre 2013 è stata approvata la Legge 119/2013 (in vigore dal 16 ottobre 2013) “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”. Per misurare la violenza contro le donne, soprattutto l’ampia parte sommersa vissuta nel quotidiano delle mura domestiche, nella primavera del 2022 una nuova edizione dell’Indagine sulla “sicurezza delle donne”, prevista dall’Accordo con il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio. Il monitoraggio corrente dell’evoluzione del fenomeno è un obiettivo prioritario dell’Accordo tra i due Enti che prevede la messa a disposizione di un quadro informativo integrato sulla violenza contro le donne in Italia attraverso il Sistema informativo dedicato. Tale Sistema, che deriva dal Piano Nazionale contro la violenza sulle donne, utilizza tutte le fonti disponibili per disegnare un quadro, il più possibile dettagliato e tempestivo, in grado di consentire agli organi di governo e a tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel contrasto alla violenza di genere di monitorare i diversi aspetti del fenomeno e combatterlo con mezzi adeguati al fine di raggiungere gli obiettivi della Convenzione di Istanbul. (comunicato stampa dell’Istat sull’effetto della Pandemia sulla violenza di genere anni 2020-2021)
Le donne, purtroppo, sono più degli uomini, vittime di aggressioni, anche nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, in particolare nelle postazioni di guardie mediche e nei Pronto soccorso. Il 14 agosto 2020 il Parlamento ha approvato la Legge n.113 che dispone misure di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni. Il nostro sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, sociosanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento.
Uno dei luoghi in cui più frequentemente è possibile intercettare la vittima è il Pronto Soccorso.
E’ qui che le vittime di violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento sanitario. In particolare per la tempestiva e adeguata presa in carico delle donne vittime di violenza che si rivolgono al Pronto Soccorso sono state adottate nel 2017 le specifiche Linee Guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza. Nello specifico professionale; l’infermiere affronta questa importante problematica dove i dati forniti dalla FNOPI, sono in crescita e continuamente presente anche in questo periodo di pandemia: La metà circa delle aggressioni al personale sanitario, secondo l’INAIL, è verso gli infermieri: circa 5 mila ogni anno, 13-14 al giorno. E nel 58% dei casi si è trattato di un’aggressione fisica. E il 78% degli infermieri – in tutto oltre 456 mila
– sono donne e si stima che quelle che hanno subito un’aggressione nella loro vita sia finora oltre 180mila e per 100mila di queste si è trattato di un’aggressione fisica. La Presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), Dott.ssa Barbara Mangiacavalli al Convegno sulla ‘prevenzione degli episodi di violenza contro le lavoratrici della sanità’, organizzato dal ministero della salute ha dichiarato:
“La prevenzione degli episodi di violenza sugli operatori sanitari richiede che l’organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e attui le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi, incoraggi il personale a segnalare subito gli episodi e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le Forze dell’ordine o altri oggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie per eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari. Solo l’impegno comune può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro”.
La FNOPI è passata all’azione e dal primo dicembre 2020, grazie al cofinanziamento della Federazione, è stato avviato lo studio nazionale multicentrico sugli episodi di violenza rivolti agli infermieri italiani sul posto di lavoro (ViolenCE AgainSt nursEs In The workplace CEASE-IT), da cui tra le altre informazioni è emerso che l’area maggiormente colpita dagli episodi di violenza è l’area medica e che il 24.8% degli infermieri che ha segnalato di aver subito violenza negli ultimi 12 mesi, riporta un danno fisico o psicologico causato dall’evento, di questi il 96.3% riferisce che il danno era a livello psicologico.
L’impatto negativo che questo fenomeno può avere sulla sicurezza, sull’efficacia dell’assistenza e sulla salute fisica ed emotiva degli operatori merita un approfondimento e monitoraggio continuo per comprendere a fondo tutti i fattori che intervengono: personali, collegati al gruppo di lavoro, alle caratteristiche delle strutture, alle risorse e all’ambiente di lavoro. Secondo L’OMS, in un documento pubblicato nel 2014 afferma che attualmente, esistono pochi interventi la cui efficacia è stata provata attraverso studi ben progettati. Sono necessarie ulteriori risorse per rafforzare la prevenzione della violenza ai danni del partner e della violenza sessuale, inclusa la prevenzione primaria (vale a dire, evitare in primo luogo che tali episodi si verifichino). Per quanto riguarda la prevenzione primaria, alcuni programmi attuati nelle scuole in paesi ad alto reddito per la prevenzione della violenza nell’ambito delle relazioni sentimentali hanno dimostrato una certa efficacia. Tuttavia, l’applicabilità di questi programmi a contesti poveri di risorse deve ancora essere valutata. Diverse altre strategie di prevenzione primaria si sono dimostrate abbastanza promettenti, pur necessitando di ulteriori valutazioni: quelle che combinano i micro finanziamenti con la formazione sull’uguaglianza di genere; quelli che promuovono le capacità comunicative e relazionali nell’ambito delle coppie e delle comunità; quelle che riducono l’accesso all’alcol e il suo consumo dannoso e quelle mirate a modificare le norme culturali relative al genere.
Per ottenere cambiamenti duraturi, è importante promulgare leggi ed elaborare politiche che:
• contrastino le discriminazioni nei confronti delle donne;
• promuovano l’uguaglianza di genere;
• sostengano le donne;
• aiutino a transitare verso norme culturali più pacifiche.
Una risposta adeguata da parte del settore sanitario può avere un ruolo importante nella prevenzione della violenza. Sensibilizzare e formare coloro che forniscono servizi sanitari e di altra natura è quindi un’altra importante strategia. Per far fronte pienamente alle conseguenze della violenza e alle necessità delle vittime e dei sopravvissuti c’è bisogno di una risposta multisettoriale.
Noi infermieri dell’Ordine della Provincia di Lucca contro ogni forma di violenza, a tutela della salute del singolo e della comunità, con interventi preventivi, curativi e di sostegno nei diversi seeting assitenziali ospedale e territorio attraverso la diffusione della cultura della non violenza nelle famiglie, nelle scuole e nella comunità per la costruzione di una società più sana che favorisca il benessere del singolo e della collettività.”