
REGGIO CALABRIA Al di là dell’entità della condanna, la pronuncia è importante perché finalmente stabilisce che i fatti denunciati sono realmente accaduti e anche la loro estrema gravità: la signora Francesca, infatti, ha dovuto lottare soprattutto contro tanta omertà, in primis quella dell’istituzione scolastica. La vicenda risale all’anno scolastico 2015-16, in cui il bimbo bullizzato frequentava la terza elementare di un istituto comprensivo del Reggino ed era diventato il bersaglio di un gruppo di bulli, compagni di classe, coetanei ma anche ragazzi più grandi, che non perdevano occasione per prenderlo in giro e fargli brutti scherzi. La mamma vedendo che il figlio rincasava spesso in lacrime, e venuta a conoscenza delle vessazioni, si era recata più volte a scuola parlando con gli insegnanti e il preside, ma l’unica risposta ricevuta era stata il ‘consiglio’ di accompagnare l’alunno e di venirlo a prendere dieci minuti dopo il suono della campanella. Così, visto che l’istituto non interveniva, la baby gang si è sentita autorizzata ad alzare il tiro. E le mani. Il 27 gennaio 2016, dopo l’uscita da scuola, nel cortile del plesso, il bambino è stato picchiato da compagni di classe e studenti delle medie e che gli hanno procurato botte e contusioni in tutto il corpo, specie alla schiena, dorso e arti. Ha avuto bisogno di cure mediche al pronto soccorso dell’ospedale più vicino, dove gli hanno riscontrato una prognosi di 15 giorni, ma l’ortopedico, dopo una visita specialistica, gliene avrebbe poi riconosciuti altri venti, prolungando in seguito la prognosi di ulteriori dieci. Le ferite fisiche, però, sono state il meno: il bambino ha subìto un profondo shock, non ha più avuto la forza di tornare in quella scuola, ha avuto bisogno di supporto psicologico per superare il trauma iniziando a soffrire di altri problemi, tra cui la bulimia. (News&Com)