
101 ‘ndranghetisti organici alle maggiori cosche della provincia, con ruoli gerarchici
diversificati al loro interno, pur nella comune consapevolezza della necessità che le
limitate risorse pubbliche a sostegno delle fasce deboli della popolazione giungano
effettivamente a chi più ne ha bisogno, hanno comunque indebitamente richiesto ed
ottenuto il reddito di cittadinanza.
Tra di loro, esponenti anche di spicco delle più note famiglie di ‘ndrangheta operanti
nella piana di Gioia Tauro o delle potenti ‘ndrine reggine dei TEGANO e dei
SERRAINO. Altri invece, sono capibastone delle maggiori cosche della Locride, tra
le quali la ‘ndrina COMMISSO-RUMBO-FIGLIOMENI di Siderno, la ‘ndrina CORDI’
di Locri, la ‘ndrina MANNO-MAIOLO di Caulonia e la ‘ndrina D’AGOSTINO di
Canolo.
Anche i figli del “Pablo Escobar italiano”, noto ai “compari” della ‘ndrangheta come
“Bebè”, al secolo Roberto Pannunzi, unanimemente considerato dagli investigatori
italiani e statunitensi come uno dei più grandi broker mondiali di cocaina e che si
faceva vanto di pesare i soldi anziché contarli, figurano tra gli indebiti percettori della
misura; e pensare che uno di essi, il figlio maggiore Alessandro, oltre ad essere
sposato con la figlia di uno dei maggiori produttori mondiali colombiani di cocaina,
è stato anche condannato in via definitiva per l’importazione di svariati quintali di
stupefacente in Italia.
Le indagini svolte dai finanzieri hanno inizialmente interessato una platea di oltre
500 soggetti gravati da pesanti condanne passate in giudicato, per reati riferibili ad
associazione di stampo mafioso e si sono concluse con il deferimento all’Autorità
Giudiziaria di Reggio Calabria, Locri, Palmi, Vibo Valentia e Verbania di 101 soggetti
richiedenti la percezione delle pubbliche provvidenze e di ulteriori 15 sottoscrittori
delle richieste irregolari.
Sono stati tutti inoltre segnalati all’INPS per l’avvio del procedimento di revoca dei
benefici ottenuti, con il conseguente recupero delle somme già elargite che
ammontano a circa € 516.000,00; nel contempo, sarà conseguentemente interrotta
l’erogazione del sussidio che avrebbe altrimenti comportato, fino al termine del
periodo di erogazione della misura, un’ulteriore perdita di risorse pubbliche di oltre
470.000,00 di euro.
Il risultato conseguito, caratterizzato in questo periodo da una diffusa richiesta di
sussidi pubblici per sopperire alle difficoltà connesse alla pandemia da Covid19 in
atto, testimonia l’approccio multidisciplinare e trasversale dell’azione sviluppata
nelle attività di servizio dalla Guardia di Finanza, che opera costantemente allo
scopo di assicurare che le misure di sussidio apprestate dallo Stato siano
effettivamente destinate alle fasce più deboli e bisognose della popolazione e non
siano invece preda di individui disonesti ed irrispettosi delle leggi. (News&Com)