
(AGENPARL) – Roma, 30 aprile 2020 – Cosa succederà ora che siamo nelle vicinanze del 4 maggio, cercando di capire il dibattito negli Stati Uniti d’America
Brian Kemp, governatore repubblicano della Georgia, ha dovuto ribattere alle aspre critiche per aver abolito le restrizioni – legate all’emergenza – nei negozi al dettaglio e includendo anche saloni per tatuaggi tra quelle categorie che possono riaprire.
Ma Kemp non è l’unico governatore a voler riprendere.
Gretchen Whitmer (Michigan) ha autorizzato il gioco del golf, anche se con alcune prescrizioni come ad esempio la distanza sociale tra i golfisti, mentre ha prolungato l’ordine di rimanere nelle proprie abitazioni fino al 15 maggio. Il suo collega democratico, il governatore Andrew Cuomo di New York, si è impegnato a riaprire le parti settentrionali dello Stato ben prima di aprire New York City.
Queste azioni sono la chiara volontà di ritornare a riaprire e rappresentano gli sforzi legati al grande dilemma su come dovranno affrontare la situazione i governatori e i sindaci negli Stati Uniti.
Sappiamo che è in atto un braccio di ferro tra il presidente Donald Trump, che è chiaramente desideroso di revocare le restrizioni, e i consiglieri scientifici che vogliono mantenere il blocco.
Questa sorta di tiro alla fine ha prodotto un elenco di criteri intitolato «Aprire di nuovo l’America», il documento che invita gli Stati ad attendere il conteggio dei nuovi casi o, in alternativa, nella percentuale di test COVID-19 che tornano positivi, prima di allentare e restrizioni.
Inoltre, gli Stati sono invitati a dimostrare la loro capacità di proteggere gli operatori sanitari e a testare anche i pazienti asintomatici.
Ma è improbabile che molti di questi standard possano essere rispettati ad oggi e quindi gli Stati stanno iniziandi a riflettere sulle restrizione da mantenere.
La decisione di Kemp fu affrettata e persino Trump la criticava.
L’ottanta percento del pubblico sostiene ancora il distanziamento sociale, secondo un recente sondaggio e la stessa percentuale ha affermato di poter rimanere a casa per almeno un mese in più. Tuttavia, anche i governatori democratici degli stati duramente colpiti riconoscono che un blocco completo non può rimanere in atto a tempo indeterminato.
Inevitabilmente, le decisioni sulla possibilità di ricominciare una determinata attività non si baseranno solo sulla scienza.
Anche in Italia, la «riapertura» è diventata quasi come il tormentone delle canzoni estive.
La domanda rilevante oggi è come riprendere responsabilmente le attività economiche, visto che a tutt’oggi non esiste alcun sistema di test universale, non è stato identificato alcun trattamento e non è stato sviluppato alcun vaccino.
A naso l’apertura dovrà essere come un libro da colorare nelle scuole materne e nelle prime classe delle elementari. Possiamo usare più colori, ma l’obiettivo è evitare di andare oltre i bordi.
Se il primo passo era quello di impedire in primo luogo al coronavirus di radicarsi nella popolazione il secondo passo era quello di guadagnare tempo attraverso il distanziamento sociale per evitare che i sistemi sanitari venissero sopraffatti, e anche per consentire ai funzionari sanitari di accelerare i test.
In altre parole era un patto. Tu governo emetti i tuoi atti e noi restiamo a casa.
Negli USA il percorso migliore per combattere la pandemia e la riapertura della società prevede ancora un rigoroso programma di test universali che identifichi e isoli coloro che sono stati esposti al coronavirus.
Il terzo passo è quello ancora dell’isolamento per quelli già a rischio e nelle popolazioni più vulnerabili; costruire un sistema di rintracciamento che lavorerà con le comunità mediche per arginare i maggiori focolai; imporre l’uso di maschere in contesti sociali e al dettaglio; continuare ad espandere le forniture di dispositivi di protezione negli ospedali (quelle serie); richiedere politiche del datore di lavoro che proteggano lavoratori e i clienti; preparare ulteriori ondate di focolai; ed infine rafforzare le catene di approvvigionamento, non solo per oggi ma per i mesi a venire.
Questi sono passaggi coerenti con una solida politica di sanità pubblica legata al buon senso.
La buona notizia è che la riapertura implica qualcosa di più che un DPCM, una diretta Facebook o un tweet del primo ministro Giuseppe Conte.
Implica che la vera complessità non sta nel riaprire o meno, ma dal livello di «gradimento» della fiducia del pubblico.
In altre parole puoi ordinare la riapertura dei ristoranti, ma se i clienti per timore non vanno nei locali perché non si sentono al sicuro. A che serve?
Forse sarebbe il caso di informare in maniera chiara gli italiani.