(AGENPARL) - Roma, 12 Novembre 2025Il 2 luglio 2003 partii per l’Operazione “Antica Babilonia 1” in Iraq, come già raccontato in un precedente articolo.
Alcuni eventi “collaterali” che coinvolsero me e il Reggimento resero quel periodo per me emblematico, un intreccio di casualità, resilienza e intuizione – tre parole che ancora oggi sintetizzano perfettamente quei mesi intensi.
CASUALITÀ
Avrei dovuto partire con il mio Reggimento nel secondo turno (novembre-febbraio), ma il malessere improvviso del Comandante designato per il primo turno cambiò tutto.
La mia partenza fu anticipata, e il 6° Reggimento di Manovra assunse il comando immediatamente.
Ironia della sorte, il Reggimento Trasporti che ci sostituì successivamente avrebbe poi pagato un prezzo altissimo, con la perdita di tre volontari durante la missione.
Confesso che non fui felice di partire in anticipo: non avrei potuto assistere alla discussione della tesi di laurea di mia figlia, prevista per il 9 luglio, che concludeva gli studi in Pedagogia con una tesi dedicata alla Resilienza nei bambini — un tema che, di lì a poco, avrebbe assunto per me un significato molto più profondo.
Le prime aliquote del Reggimento partirono da Pisa nella seconda decade di giugno, e agli inizi di luglio eravamo completamente rischierati a Tallil, a sud-ovest di An-Nasiriyah.
Lì le condizioni di vita erano proibitive: sabbia ovunque, caldo soffocante e lavoro incessante.
RESILIENZA
Il terzo giorno in Iraq, tre militari – un maresciallo e due volontari – chiesero di rientrare in patria per presunti motivi familiari.
Compresi che le difficoltà ambientali e psicologiche stavano iniziando a pesare su tutti.
La mattina seguente, durante il consueto momento dopo l’alzabandiera, decisi di parlare loro di resilienza.
Raccontai che mia figlia, rimasta in Italia, avrebbe discusso da lì a poco una tesi proprio su quel tema.
Citai ciò che avevo letto nella sua ricerca:
“In fisica, la resilienza è la capacità di un materiale di resistere a un urto, assorbendo energia senza spezzarsi.
In psicologia, indica la capacità di affrontare positivamente eventi traumatici, riorganizzando la propria vita dinanzi alle difficoltà, senza perdere la propria identità.”
Spiegai che tutti avremmo voluto essere a casa, io per primo, ma che il nostro giuramento alla Repubblica Italiana ci imponeva di affrontare il sacrificio con onore, trasformando quell’esperienza durissima in un’occasione di crescita e forza interiore.
Da quel giorno, nessun altro chiese di rientrare.
Mia figlia si laureò qualche giorno dopo la mia partenza, con 30 e lode. Mi telefonò subito dopo la discussione, ma nessuno dei due riuscì a parlare per l’emozione: eravamo entrambi in lacrime.
Otto anni dopo, in un grande magazzino di Livorno, un giovane mi si avvicinò chiedendomi se mi ricordassi di lui. Era stato con me in Iraq.
Alla mia esitazione, presentai mia figlia e lui disse:
“Mi scusi, Comandante, ma è lei la figlia che si doveva laureare in Pedagogia con la tesi sulla Resilienza?
Ricordo ancora il suo discorso… mi ha accompagnato per questi otto anni e mi ha fatto riflettere.”
Mia figlia mi guardò sorpresa: non le avevo mai raccontato che il suo studio era stato parte del mio intervento per incoraggiare i militari.
Se quel richiamo alla resilienza ha fatto bene a lui, mi auguro abbia fatto bene anche ad altri.
INTUIZIONE
I primi arrivati a Tallil, con l’aiuto di una squadra di lavoratori locali, iniziarono la bonifica dell’area: 500.000 metri quadri di deserto disseminato di macerie, rifiuti e sabbia.
Alloggi di fortuna, tende militari, luce fioca, razioni K come unico cibo e acqua fornita dagli alleati: così cominciò la nostra missione.
La polvere era onnipresente.
Per ridurne l’impatto, intuìi di utilizzare pompe d’irrigazione come quelle agricole per nebulizzare acqua e rendere più respirabile l’aria.
Durante un test, venni investito da una nuvola di goccioline: fu un sollievo immediato.
Da lì nacque l’idea di creare un’area ristoro per i militari.
In breve tempo nacque “Schizzo Beach – Lido Polvere d’Acqua”, uno spazio delimitato da container dove una pompa vaporizzava acqua sui soldati in pantaloncini durante le pause.
Un pittore del Reggimento realizzò un cartello con il nome e una simpatica fanciulla con salvagente a paperella.
La notizia si diffuse rapidamente tra i reparti e i giornalisti.
Il 12 agosto 2003, il Televideo RAI dedicò due pagine all’iniziativa: un piccolo simbolo di umanità e ingegno nel deserto iracheno.
EPILOGO
Il Reggimento operò in Iraq fino a fine ottobre, lasciando il campo a chi ci sostituì in una situazione decisamente migliore di quella che avevamo trovato: il nulla.
Il nostro contributo fu riconosciuto con la Medaglia di Bronzo al Valore dell’Esercito, conferita l’8 maggio 2006 alla Bandiera di Guerra del 6° Reggimento di Manovra, la stessa del Battaglione Logistico “Folgore”, già decorata per Somalia e Bosnia.
Ancora una volta, avevamo onorato il nostro motto:
“Diam l’ali alla Vittoria.”


















