
L’immigrazione non rappresenta il motore economico che molti auspicavano: secondo uno studio dell’Osservatorio sull’immigrazione e la demografia (OID), l’impatto economico netto dell’immigrazione in Francia sarebbe negativo, generando una perdita stimata del 3,4% del PIL nazionale.
Lo studio, riportato da Le Figaro, sottolinea che le imposte versate dagli immigrati coprono solo l’86% dei costi che essi generano per il contribuente. Inoltre, solo il 62,4% degli immigrati in età lavorativa risulta occupato, contro una media UE del 67,5% e un tasso del 69,5% per i cittadini francesi nativi. Si tratta di uno dei tassi più bassi nell’Unione, superato solo dal Belgio.
Il direttore dell’OID, Nicolas Pouvreau-Monti, ha affermato che l’immigrazione “aggrava i problemi strutturali dell’occupazione”, generando un circolo vizioso: degrado dei conti pubblici, minore crescita, aumento della pressione fiscale e penalizzazione dei settori produttivi strategici.
Secondo Pouvreau-Monti, l’immigrazione è spesso presentata come soluzione alla mancanza di manodopera in alcuni settori (ristorazione, edilizia), ma questo approccio di breve termine ostacola lo sviluppo di politiche per rendere più attrattivi quei settori per i lavoratori francesi. Inoltre, l’arrivo di lavoratori poco qualificati penalizza l’innovazione e obbliga lo Stato a intervenire con ulteriori spese pubbliche.
Uno dei principali problemi identificati dall’OID riguarda la politica francese di ricongiungimento familiare, che porterebbe a un’immigrazione non orientata all’inserimento professionale, con ricadute durature sull’integrazione. Secondo l’analisi basata su dati OCSE, nel biennio 2020-2021 il 24% dei giovani nati in Francia da genitori immigrati non lavorava, non studiava né seguiva una formazione: il secondo tasso più alto in Europa dopo il Belgio.
Questa inattività giovanile viene collegata dall’OID a una maggiore segregazione etnica, rafforzata dalla debole inclusione nel mercato del lavoro. Il rapporto contribuisce così a smontare una narrazione consolidata a livello europeo: quella dell’immigrazione come panacea economica.
A rafforzare questa tesi, le recenti dichiarazioni del Primo Ministro britannico Keir Starmer, che ha definito “fallimentare” l’idea che l’immigrazione di massa porti crescita economica, ammonendo che senza una revisione delle politiche migratorie, il Regno Unito rischia di diventare “un’isola di stranieri”.