
A seguito dello storico blackout che ha colpito la penisola iberica lo scorso 28 aprile, la Spagna ha rafforzato la gestione della propria rete elettrica nazionale, facendo affidamento in misura crescente su fonti energetiche più stabili come il nucleare e il gas naturale, in sostituzione delle rinnovabili che dominavano il mix energetico prima dell’interruzione.
Il blackout, originato da una sottostazione a Granada, in Andalusia, ha causato la perdita totale della produzione elettrica in Spagna e Portogallo, con ripercussioni su altri Paesi europei. Tuttavia, le autorità spagnole non hanno ancora chiarito cosa abbia innescato la disconnessione iniziale.
Parlando al Parlamento, la Ministra per la Transizione Ecologica e l’Energia, Sara Aagesen, ha escluso che si sia trattato di un attacco informatico. “Il governo sta lavorando con rigore e senza fare ipotesi, perché questo è ciò che il popolo spagnolo merita: rigore e verità”, ha dichiarato.
Secondo quanto riportato da EnergyNews e Euronews, due oscillazioni nella rete elettrica europea erano state rilevate poco prima del blackout, ma non è ancora chiaro se siano eventi collegati. Il rapporto ufficiale sulle cause potrebbe richiedere ancora mesi.
Nel frattempo, la rete elettrica spagnola è gestita in “modalità rafforzata”, come confermato anche dal giornalista energetico Javier Blas di Bloomberg. I dati pubblici in tempo reale mostrano un aumento significativo dell’uso di energia nucleare e gas: mentre prima del blackout le fonti rinnovabili coprivano oltre il 75% del mix energetico, oggi il nucleare rappresenta tra il 14% e il 23%, e il gas naturale può arrivare fino al 25%.
Potrebbe essere vero che il blackout nella Penisola Iberica – quando il governo spagnolo chiarirà l’accaduto e le sue cause – porterà preziose lezioni su come gestire sistemi complessi che tradizionalmente si basavano sulla pura e semplice inerzia delle turbine in rotazione per superare sfide che avrebbero potuto vanificare tecnologie rinnovabili meno robuste.
Eppure, nonostante l’utilità dimostrata del nucleare per sostenere una rete elettrica senza preavviso e la resilienza necessaria per bilanciarla, la politica ufficiale del governo spagnolo rimane quella di dismettere ogni impianto nucleare entro un decennio, senza prevederne la sostituzione.
Ciò lascerebbe al Paese un’unica fonte fossile – il gas naturale – per supportare la rete rinnovabile a “zero emissioni nette”, dopo che l’ultima centrale a carbone sarà dismessa quest’anno.
Già a marzo, un mese prima del blackout, Iberdrola – gestore di impianti nucleari – aveva lanciato l’allarme. Un portavoce ha dichiarato al Financial Times che porre fine al nucleare, “ripetendo il grave errore commesso dalla Germania”, avrebbe comportato “prezzi molto più alti e un sistema meno affidabile”. Ha aggiunto: “Possiamo noi europei essere in grado di rinunciare a quelle risorse energetiche naturali, solo per ideologia? O dobbiamo essere pragmatici, come gli americani?… Gli spagnoli pagheranno per [la chiusura delle centrali nucleari]”.
Il rapporto evidenziava come i proprietari degli impianti fossero “sotto pressione da parte di un governo guidato dai socialisti”, preoccupato per la sicurezza e la gestione delle scorie, e intenzionato a procedere con la dismissione.
Il blackout, dunque, potrebbe rivelarsi un punto di svolta nel dibattito energetico spagnolo e europeo: tra ideologia, pragmatismo e la realtà di una rete che ha bisogno, più che mai, di equilibrio e stabilità.