
Washington -L’amministrazione Trump alza il volume sul dossier libico. Giovedì, Steve Witkoff, inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, ha dichiarato che Washington “raggiungerà il successo in Libia e ne sentirete parlare presto”. Le sue parole, riportate da The Atlantic, riflettono un rinnovato slancio della Casa Bianca verso una risoluzione attiva della crisi libica.
Witkoff, noto per un approccio più misurato rispetto al presidente Donald Trump ma ugualmente incline a dichiarazioni enfatiche, ha promesso risultati imminenti non solo in Libia ma anche in Siria. “Avremo successo in Siria; ne sentirete parlare molto presto. Avremo successo in Libia; ne sentirete parlare molto presto”, ha affermato nel corso dell’intervista.
Parallelamente, nei giorni scorsi il consigliere di Trump, Massad Boulos, ha presentato una proposta statunitense volta a sbloccare l’impasse libico, sollecitando un processo inclusivo che coinvolga tutte le parti locali senza esclusioni. Boulos ha evidenziato l’impegno degli Stati Uniti nel convincere i principali attori a tornare al tavolo delle trattative e riavviare un processo politico da tempo stagnante.
“Washington non permetterà che lo stallo attuale persista”, ha dichiarato un alto funzionario, aggiungendo che questa iniziativa dimostra la volontà americana di sostenere la stabilità e gli interessi del popolo libico.
Tuttavia, non mancano le polemiche. Il piano annunciato ad inizio maggio dall’amministrazione statunitense, che prevede la deportazione di migranti ad “alto profilo” in Libia, ha provocato un’ondata di critiche a livello internazionale. Entrambi i governi libici – quello di Unità Nazionale a Tripoli e l’esecutivo rivale con base a est – hanno smentito qualsiasi coinvolgimento, mentre un giudice statunitense ha bloccato l’esecuzione delle espulsioni.
La Libia, divisa e frammentata dalla caduta di Gheddafi nel 2011, continua a rappresentare un terreno strategico ma instabile. Il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti, sotto l’egida di Trump, potrebbe segnare una nuova fase diplomatica, benché i contorni concreti della proposta americana restino ancora da definire.
