
(AGENPARL) – Tue 08 April 2025 **Capogreco: “Difendiamo la storia e il suo insegnamento a scuola”
**L’incontro con lo storico dei campi del Duce e dei campi di Salò durante
il viaggio della memoria toscano**
/Scritto da Walter Fortini, martedì 8 aprile 2025 alle 08:04/
“Nella scuola italiana stanno diminuendo le ore di storia”. Un problema,
“il problema”, annota lo storico Carlo Spartaco Capogreco, che
studentesse e studenti, professoresse e professori del viaggio della
memoria toscano incontrano nella sede della Cgil a Modena al termine del
primo giorno di viaggio, luendì 7 aprile, dopo aver visitato il campo di
concentramento di Fossoli e il Museo Monumento al Deportato di Carpi. Le
memoria ha bisogno infatti di conoscenza e la storia aiuta a conoscere il
passato per leggere con le giuste lenti anche il presente. Senza storia
tutto si fa più complicato. IL rischio è di sbagliare le coordinate,
confondersi o leggere in maniera distorta o parziale i frammenti di un
mosaico più ampio, anche doloroso, senza collegare tra loro le varie
tessere.
Lo storico, docente all’Università della Calabria, è l’autore, tra i
tanti suoi scritti, de “I campi del Duce” (2004), quelli realizzati tra
il 1940 e 1943 per internare civili italiani o gli slavi della provincia di
Lubiana
, e de “I campi di Salò” (2025). Due lavori che provano a raccontare
le deportazioni e persecuzioni, non solo contro gli ebrei, di cui fu
responsabile il fascismo in Italia. E di questo si parla nell’incontro con
le scuole toscane.
Di quei campi per stranieri, per antifascisti o per soggetti ritenuti
pericolosi in quanto diversi ne sorsero anche in Toscana: a Bagno a Ripoli
alle porte di Firenze ad esempio, a Villa La Selva, o a Civitella della
Chiana. Erano veri campi di concentramento, “parola – avverte lo storico
– che andrebbe decontaminata e dove si toglieva la vita senza ancora
uccidere le persone” (se non raramente): evoluzione del confino di
polizia o confino politico che vide la luce nel 1926 con le leggi
fascistissime e di cui fino al 1943 oltre dodicimila donne e uomini e donne
furono oggetto. Campi di concentramento, prosegue, “non diversi da tanti
centri che popolano il nostro presente”. Luoghi di autentica deportazione
e non certo villeggiatura: come Ventotene, come Ponza, come Ustica. Al
confino furono mandati italiani, ma anche albanesi e etiopi. Dopo il 1943,
con la Repubblica di Salò, tutto cambia e lo strumento si fa ancora più
aspro: i campi di concentramento diventano campi di sterminio o campi di
transito verso la morte, anche fisica.
Di tutto questo l’Italia e gli italiani si sono a lungo dimenticati. Come
si sono dimenticati delle stragi e ritorsioni sui civili commesse dai
soldati italiani sui vari fronti della guerra: come in Grecia ad esempio a
Domenikon, che con i suoi centocinquanta morti civili uccisi in
rappresaglia, si disse, di nove soldati italiani uccisi dai partigiani
greci è in fondo una Marzabotto dell’Egeo, una delle tante.
Pagine rimosse a lungo dalla Memoria, in maniera retroattiva, persistente e
trasvertsale. Anche durante il processo Eichmann del 1961, che divenne un
evento mediatico che ebbe il merito di far conoscere al mondo i tanti
contorni della Soluzione finale, uscì un’immagine appiattita del ruolo
svolto dall’Italia in quegli eventi, il “Paese che aveva salvato gli
ebrei”, mentre rimanevano sotto silenzio le responsabilità del fascismo
monarchico e di quello di Salò. Di questa amnesia furono sicuramente
complici il mondo diviso in due blocchi dalla guerra fredda e le ragioni
della realpolitik (fino almeno al 1989 e 1991, con la caduta del muro di
Berlino e la dissoluzione dell’Unione sovietica). Ma lo studio della
storia, dal salvare per l’appunto, può aiutare a riannodare i tanti fili
strappati.