Pavel Durov, fondatore della popolare app di messaggistica Telegram, si è trovato nel mirino di numerosi governi, nonostante alcuni abbiano tentato di corteggiarlo. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Durov è stato recentemente arrestato e detenuto in una cella di sicurezza all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Questo sviluppo è particolarmente sorprendente considerando che, solo sei anni fa, Durov era stato ospite del presidente francese Emmanuel Macron per un pranzo all’Eliseo.
Nel 2018, Macron aveva cercato di convincere Durov a trasferire le operazioni di Telegram a Parigi, discutendo persino la possibilità di concedergli la cittadinanza francese. L’incontro era stato interpretato come parte di una strategia di Macron per attrarre talenti tecnologici in Francia. Tuttavia, l’arresto di Durov ha sollevato domande sui reali motivi dietro questa mossa e sulle più ampie implicazioni per la privacy e la sicurezza nell’era digitale.
Le autorità francesi hanno giustificato la detenzione di Durov citando preoccupazioni per la diffusione di disinformazione, antisemitismo, razzismo e attività illegali su piattaforme come Telegram. Le stesse autorità hanno criticato il rifiuto di Telegram di collaborare con le richieste governative di accesso ai dati degli utenti, sostenendo che la crittografia end-to-end dell’app la rende un rifugio per attività criminali. Tuttavia, queste affermazioni hanno sollevato timori tra i cittadini e i difensori della privacy, che vedono in esse un pretesto per giustificare la censura e la repressione delle opinioni dissenzienti.
Le tensioni tra Durov e i governi non sono una novità. Prima dell’incontro con Macron, nel 2017, il telefono di Durov sarebbe stato hackerato da spie francesi e degli Emirati Arabi Uniti utilizzando Pegasus, un potente software spia sviluppato dalla società israeliana NSO Group, come riportato dal quotidiano francese Le Monde.
Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha definito il caso “potenzialmente politico”, avvertendo che potrebbe trattarsi di un tentativo di limitare la libertà di comunicazione. Peskov ha espresso la speranza che Durov riceva delle scuse e che gli venga permesso di essere liberato. Questo sostegno da parte del Cremlino è significativo, dato il rapporto teso tra Telegram e il governo russo in passato, culminato con il divieto temporaneo dell’app in Russia.
L’arresto di Durov ha riacceso il dibattito sulla crittografia end-to-end, una tecnologia che garantisce la privacy delle conversazioni tra utenti. Mentre i sostenitori della privacy vedono nella crittografia un diritto fondamentale, le forze dell’ordine lamentano la difficoltà di accedere ai messaggi criptati, anche con un mandato, chiedendo l’introduzione di “backdoor” che permettano l’accesso. Tuttavia, i difensori della sicurezza avvertono che tali backdoor potrebbero compromettere la sicurezza di tutti gli utenti.
Telegram ha già affrontato pressioni governative in passato. Nel 2018, Durov si rifiutò di conformarsi a un ordine del tribunale russo di fornire accesso ai messaggi degli utenti, portando al divieto temporaneo dell’app in Russia. Nonostante ciò, molti utenti russi continuarono ad accedere a Telegram tramite VPN, e il divieto fu revocato nel 2020, dopo che Telegram accettò di rimuovere alcuni canali considerati estremisti.
I sostenitori di Durov sostengono che il fondatore di Telegram è ingiustamente preso di mira per il suo impegno nei confronti della privacy e della libertà di parola. Mentre altre app di messaggistica come WhatsApp e Signal utilizzano tecnologie di crittografia simili, nessuna di esse ha affrontato lo stesso livello di scrutinio e repressione da parte dei governi.