
(AGENPARL) – mer 12 giugno 2024 Gestione dei rifiuti tessili urbani: futuro a rischio
L?allarme è stato lanciato dalle Associazioni UNIRAU e ARIU nel corso del
Green Med Expo & Symposium. Chiesto un incontro urgente con il MASE.
Roma, 12 giugno 2024 ? Il sistema di gestione dei rifiuti tessili urbani
rischia di bloccarsi mettendo a rischio cooperative della raccolta, aziende
della selezione e posti di lavoro, con un peggioramento delle prestazioni
ambientali nella gestione di questi scarti proprio nel momento in cui a
livello europeo e nazionale si compiono sforzi importanti per migliorarle.
L?allarme è stato lanciato dalle Associazioni UNIRAU (l?Associazione delle
aziende e delle cooperative che svolgono le attività di raccolta, selezione
e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani) e ARIU
(Associazione Recuperatori Indumenti Usati) nel corso del Green Med Expo &
Symposium, l?evento dedicato ai temi green e alla circular economy in
programma a Napoli, insieme alla richiesta di un incontro urgente con la
Direzione Economia circolare del MASE per illustrare la preoccupante
situazione.
La filiera della raccolta, selezione e valorizzazione della frazione tessile
dei rifiuti urbani, abbigliamento, accessori e prodotti tessili per la casa,
si è strutturata ed è cresciuta negli scorsi decenni in modo autonomo, in
assenza di obbligo, almeno fino al 1° gennaio 2022 ed in assenza di risorse
che arriveranno solo con la prossima istituzione di un regime di
Responsabilità Estesa dei produttori (EPR).
In pratica i Comuni affidano tramite gara la raccolta a Cooperative e
soggetti dell?economia sociale che posizionano i cassonetti e svolgono il
servizio a loro spese, venendo remunerati con la proprietà dei rifiuti
raccolti e spesso pagando anche una royalty al Comune stesso.
I raccoglitori si finanziano quindi vendendo i rifiuti alle aziende della
selezione che (dopo le procedure necessarie a far cessare la qualifica di
rifiuto) a loro volta ottengono i loro ricavi dalla vendita in Italia ed
all?estero dei prodotti di ?second hand? e di vintage nei vari livelli
qualitativi e dalla trasformazione di quanto non riusabile a lavorazioni di
?downcycling? quali imbottiture, pezzame industriale, materiali
fonoassorbenti.
Questo delicato equilibrio rischia a breve di rompersi per due cause
concomitanti. La prima è determinata dalle crisi economiche causate dalle
guerre che funestano mercati che da decenni acquistano abbigliamento usato
come l?Ucraina e l?Est in generale, il Nord Africa, il Libano e l?Africa sub
Sahariana. La seconda è la crescente tendenza delle norme europee e di
conseguenza delle dogane a frenare le esportazioni di rifiuti e di prodotti
usati di fascia bassa, purtroppo sempre più presenti nelle raccolte a causa
del dilagante fast fashion. In più, gli impianti di selezione oggi
dispongono di magazzini che si stanno rapidamente riempiendo a causa del
rallentamento dei mercati.
Se il legislatore europeo decide di bloccare le esportazioni della frazione
riusabile meno qualitativa verso mercati nei quali andrebbe comunque in
competizione con fast fashion scadente, in assenza di impianti per il
riciclo o per la trasformazione energetica di queste frazioni l?equilibrio
salta e la raccolta rischia di fermarsi.
Grossi quantitativi di raccolte differenziate di rifiuti tessili non più
avviabili a riuso finirebbero in discarica o termovalorizzatore con forti
aumenti dei costi di gestione delle aziende della selezione che non
potrebbero più pagare le raccolte alle cooperative, che a questo punto non
avrebbero più le risorse per pagare i costi del servizio e tantomeno le
royalties ai Comuni.