
(AGENPARL) – ven 27 gennaio 2023 MAFIA, SCARPINATO (M5S): DA RIFORMISTA CAMPAGNA DIFFAMATORIA CONTRO DI ME CON GRAVI FALSIFICAZIONI
ROMA, 27 gennaio – “Il Riformista prosegue la campagna diffamatoria nei miei confronti, attraverso articoli basati su gravi falsificazioni. Due loro pezzi di ieri e di oggi, fondati su presunte informazioni fornite da anonimi esponenti dei servizi segreti, sostengono che io e Giuseppe Pignatone nel 2006 avremmo fatto fallire un’operazione che avrebbe portato alla cattura di Matteo Messina Denaro. La nostra responsabilità sarebbe quella di aver reso nota senza validi motivi l’identità di un infiltrato del Sisde, Antonio Vaccarino, che era riuscito a entrare in contatto epistolare con il latitante Messina Denaro. Per conoscere i reali termini della vicenda e comprendere la falsificazione fatta dal Riformista, è sufficiente leggere gli atti ufficiali del tribunale e della procura di Palermo”.
Lo afferma il senatore del Movimento 5 Stelle Roberto Scarpinato.
“L’11 aprile del 2006 – prosegue l’ex PG di Palermo – venne arrestato Bernardo Provenzano, nel suo casolare furono sequestrati numerosi ‘pizzini’ scambiati tra il boss ed alcuni tra i maggiori esponenti di Cosa nostra. Poiché l’identità dei destinatari dei messaggi e dei tramiti era nascosta dietro codici numerici e nomi di copertura, iniziammo una lunga e complessa ricerca delle reali identità. Messina Denaro risultò essere l’autore di alcuni messaggi, firmati ‘suo nipote Alessio’ in cui, informando Provenzano, faceva riferimento ad un soggetto, indicato come ‘VAC’ o ‘VC’, che stava gestendo lucrosi affari per conto di Cosa Nostra. La Polizia Giudiziaria scoprì che si trattava di Antonio Vaccarino: pregiudicato per reati di mafia, già assessore e sindaco di Castelvetrano, membro della massoneria di Castelvetrano, aderente al Grande Oriente d’Italia. Vaccarino venne ovviamente iscritto nel registro degli indagati, sottoposto a intercettazioni e interrogato. Dalle intercettazioni emersero contatti con utenze del Sisde. Facendo i dovuti accertamenti, scoprimmo che Vaccarino aveva intrapreso su istruzioni dello stesso Sisde una corrispondenza epistolare con Messina Denaro e che questi, dopo la scoperta del covo di Provenzano e il rinvenimento dei messaggi da lui inviati con il nome ‘Alessio’, aveva deciso di interrompere ogni comunicazione con Vaccarino. A quel punto, io e i colleghi Pignatone e Lari chiedemmo per lui l’archiviazione. La ricostruzione fondata su documenti ufficiali dimostra dunque che la responsabilità del disvelamento del ruolo svolto da Vaccarino va attribuita esclusivamente al Sisde, che non informò la Procura di Palermo dell’operazione in corso, persino dopo che era stato scoperto il covo di Provenzano ed era in pieno svolgimento l’indagine per identificare i soggetti menzionati nei pizzini sequestrati. Con quella omissione – conclude Scarpinato – i Servizi lasciarono che, come era inevitabile, Vaccarino finisse sotto indagine giudiziaria ed emergesse l’attenzione della magistratura nei suoi confronti”.