
A Kristianstad, nella Svezia meridionale, un sermone dell’Imam Saleh Abouelenen ha scatenato un’ondata di critiche e reazioni politiche. Durante la predica, Abouelenen ha spiegato ai fedeli come trattare le “donne ribelli”, sostenendo che esse dovrebbero essere avvertite, evitate a letto e, se necessario, picchiate per dimostrare il superamento dei limiti imposti dal marito. L’imam ha precisato che queste indicazioni riguardano solo le donne musulmane e che la violenza dovrebbe essere moderata e giustificata secondo i dettami religiosi.
Le affermazioni dell’imam, risalenti a luglio ma rese pubbliche solo recentemente dal quotidiano Expressen, hanno provocato indignazione immediata. L’Imam Shaaban Abou Zur, predicatore nella stessa moschea, ha preso le distanze dalle dichiarazioni, sottolineando che il Profeta non ha mai picchiato donne, nemmeno la propria moglie.
Le autorità svedesi hanno reagito con fermezza. Jakob Forsmed, ministro del Welfare sociale, ha definito il sermone “orribile e del tutto inaccettabile” e ha chiesto un’indagine sull’eventuale finanziamento pubblico della moschea. Il ministro dell’Immigrazione Johan Forsell ha parlato di “disgustosa cultura dell’onore” e ha proposto un inasprimento dei requisiti per ottenere la cittadinanza svedese. Anche il ministro degli Esteri Maria Malmer Stenergard e il ministro dell’Integrazione Simona Mohamson hanno condannato le parole dell’imam, invitandolo a lasciare il Paese se non rispetta i principi di tolleranza zero contro la violenza domestica in Svezia.
Il caso ha sollevato un acceso dibattito sulla libertà religiosa e sul rispetto delle leggi svedesi in materia di diritti delle donne e violenza domestica, mettendo in luce le tensioni tra interpretazioni religiose tradizionali e norme civili contemporanee.
