
Ha scatenato un vivace dibattito l’editoriale pubblicato da Agenparl, “Azzerare i vertici dell’AISE: Il caso Almastri come campanello d’allarme per il Governo”.
Decine di messaggi su WhatsApp e numerose telefonate di lettori ci hanno espresso apprezzamento per il contenuto. Un riscontro che fa piacere, certo… ma che porta anche a qualche riflessione pungente.
La prima? Che articoli del genere potrebbero stimolare qualche “manina” a mettere le orecchie – e magari pure qualche microfono – sui telefoni dei giornalisti di Agenparl, giusto per “capire” e “monitorare” ciò che scriviamo. Come si suol dire, conosco i miei polli, e so bene come certe dinamiche possano germogliare e prosperare nei corridoi giusti… o, per meglio dire, storti. Soprattutto quando certi uffici di via XX Settembre — sì, proprio quelli che un tempo confezionavano report caldi caldi per il politico di turno — non sembrano aver ancora abbassato la serranda.
Chiariamo subito: care “barbe finte”, potete rilassarvi. Qui non ci sono fonti segrete, misteri internazionali o complotti alla James Bond. Un buon giornalista, quando sa usare la testa, non ha bisogno di “soffiatori” di alto bordo.
La libertà dei giornalisti è un pilastro della libertà di stampa e del diritto all’informazione. In Italia, come altrove, chi fa informazione garantisce trasparenza, responsabilità e notizie verificate. Peccato che, di tanto in tanto, qualcuno pensi che sia più utile mettere sotto controllo i telefoni che colmare le proprie lacune professionali.
Sorvegliare chi scrive invece di dimettersi per manifesta incompetenza è come tentare di riparare una falla in barca aprendo un altro buco: geniale… ma letalmente inefficace.
E attenzione: il caso Almastri non è il primo e, purtroppo, non sarà l’ultimo. Ci sono state altre invasioni di campo, e il tempo delle mezze misure è finito. Ora spetta al Sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano — Segretario del Consiglio dei Ministri e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica — svegliarsi dal letargo e iniziare una seria opera di riorganizzazione dell’intero settore. Magari, già che c’è, epurare gli agenti che lavorano non per la sicurezza del Paese, ma per quella del politico di turno, come Agenparl ha già raccontato.
Mantovano, quindi, prenda nota: non è una crociata, ma un richiamo a un principio elementare. La libertà di stampa non è un optional da manovrare a piacere. E soprattutto, quando il campanello d’allarme suona… meglio correre ai ripari che tappare le orecchie.