
Alcuni vertici degli apparati di sicurezza, invece di comportarsi lealmente nei confronti delle istituzioni, sembrano parteggiare per una parte politica, seguendo indicazioni di chi li ha collocati. Il caso Almastri è emblematico e deve far riflettere il Governo, spingendolo a correre ai ripari.
Ad oggi nessuno evidenzia la responsabilità dell’AISE, che avrebbe dovuto suggerire la linea d’azione, innanzitutto facendo apporre il segreto di Stato e poi indicando il modus operandi adeguato. Per esempio, non era necessario rimpatriarlo con un aereo di Stato, ma si sarebbe potuto utilizzare un aereo privato, riducendo l’esposizione mediatica e i rischi connessi. Si è trattato di una semplice mancanza o, peggio, di una “trappola” nei confronti del Governo? Come recita un vecchio adagio, “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.
I tempi dell’ammiraglio Fulvio Martini – figura leggendaria dell’intelligence italiana – sono ormai lontani. Martini aveva costruito un apparato temuto e rispettato a livello internazionale, fondato sul merito e sulla neutralità politica. Oggi, invece, il Servizio viene spesso manovrato come una pedina, strumento di campagne mediatiche e di intrighi, rispondendo più alle esigenze del referente politico che a quelle della sicurezza nazionale.
Sotto una guida ispirata al metodo Martini, l’operazione Almastri avrebbe probabilmente raggiunto standard internazionali di eccellenza. Invece, oggi si assiste a un sistema che rincorre gli eventi anziché anticiparli, sacrificando capacità di prevenzione per una politica di facciata.
A complicare il quadro, ex agenti in pensione che oggi insegnano tecniche coperte dal segreto in corsi pubblici, riducendo un tempo preziosa riservatezza a un optional da manuale. Un paradosso che alimenta il disorientamento e mina la credibilità del settore.
La conclusione amara è che i vertici dell’AISE dovrebbero essere azzerati e il servizio riformato, liberandolo da un’eccessiva sudditanza verso il politico di riferimento e restituendogli indipendenza e autorevolezza.