
Egregio Direttore di Agenparl,
un aspetto critico riguarda la totalità del quadro regolamentare interno della Fondazione Grande Oriente d’Italia ETS: non risultano disponibili pubblicamente regolamenti che disciplinino l’erogazione delle risorse, la gestione delle donazioni oppure il trattamento dei conflitti di interesse.
Regolamenti interni assenti e questioni aperte su donazioni e conflitti
Un ulteriore aspetto critico riguarda la cornice regolamentare interna (o la mancanza di essa). Dall’analisi delle fonti disponibili emerge che la Fondazione Grande Oriente d’Italia ETS non ha reso pubblici regolamenti specifici sull’erogazione delle risorse, sulla gestione delle donazioni o sul trattamento dei potenziali conflitti di interesse. Il suo statuto – almeno nella versione ONLUS originale – enuncia le finalità generali e definisce i poteri degli organi (ad esempio, al Presidente spetta la rappresentanza legale e la vigilanza sullo statuto), ma non contiene dettagli operativi su come vengano selezionati i beneficiari di borse di studio o contributi, né su eventuali incompatibilità. Allo stesso modo, non risultano pubblicate sul sito ufficiale policy o linee guida etiche che disciplinino, ad esempio, le donazioni da parte di iscritti al GOI o di terzi: chi può donare alla Fondazione? con quali limitazioni? come vengono gestite eventuali donazioni vincolate? – Domande che restano senza risposta trasparente.
Anche sul fronte delle erogazioni liberali effettuate dalla Fondazione manca chiarezza: se la Fondazione decide di destinare fondi a un progetto o a una persona (si pensi a una borsa di studio a un parente di un dirigente GOI, oppure a un contributo per un evento organizzato da logge massoniche locali), esistono procedure per dichiarare e gestire potenziali conflitti di interesse? Ad oggi non è noto alcun regolamento interno in tal senso, né lo statuto pare prevedere obblighi stringenti di astensione per i consiglieri in caso di decisioni che li riguardino indirettamente. Questa carenza di norme rappresenta un vulnus potenziale, perché lascia alla mera fiducia nel buon senso dei gestori la garanzia che i fondi vengano utilizzati senza favoritismi. Nel mondo non profit moderno, molte fondazioni adottano codici interni di comportamento e pubblicano criteri di assegnazione dei contributi per assicurare accountability: nel caso della Fondazione GOI, un simile livello di trasparenza non è ancora ravvisabile.
Va detto che, fino al 2023, la Fondazione ha erogato così poco all’esterno che forse non si è posta l’urgenza pratica di disciplinare questi aspetti. Ma con il cambio di status in ETS (che comporta obblighi di trasparenza maggiori, tra cui la redazione di un bilancio sociale annuale se superati €1 milione di entrate) e con le tensioni interne al GOI, la questione diventa attuale. Chi controlla i controllori? verrebbe da chiedersi: nel caso specifico, il controllo è tutto “in famiglia” – il GOI controlla la Fondazione, e la Fondazione finanzia (anche) attività del GOI – in un circuito chiuso dove è difficile distinguere il confine tra donatore e beneficiario. Senza regole chiare e pubbliche, rimane il dubbio che la trasparenza sulle erogazioni sia più formale che sostanziale.
Firmato,
Basilio Valentino
In conclusione, da un lato, un ente con solide basi economiche – proprietà di pregio e flussi milionari garantiti dall’organizzazione massonica più grande d’Italia – che solo recentemente ha completato l’iter di regolarizzazione nel Terzo Settore e dall’altro, un utilizzo delle risorse finora limitato, focalizzato più sulla conservazione del patrimonio che sull’immediata realizzazione di progetti di utilità sociale tangibile. La governance chiusa e la mancanza di rendicontazione dettagliata sulle attività benefiche sollevano legittime perplessità: la Fondazione opera realmente come strumento filantropico aperto alla società, oppure funge da cassaforte e strumento di gestione interna del GOI?
Nei prossimi mesi, con l’avvio della piena operatività come ETS, la Fondazione sarà chiamata a rispondere a queste domande attraverso i fatti. L’auspicio è che vengano adottati criteri più inclusivi e trasparenti – sia nella composizione degli organi, sia nelle procedure di erogazione – così da allineare la gestione alle migliori pratiche del non profit. Il patrimonio e le potenzialità economiche non mancano: la vera sfida sarà trasformare quei milioni accantonati in reali iniziative di solidarietà, sotto lo sguardo attento ma anche la fiducia della collettività. Solo allora la Fondazione Grande Oriente d’Italia potrà scrollarsi di dosso le ombre e dimostrare di essere, nei fatti oltre che nelle enunciazioni statutarie, “un ente del Terzo Settore al servizio del bene comune”.
Sintesi conclusiva
- Nessun regolamento interno pubblico sul funzionamento delle erogazioni, donazioni o conflitti;
- Mancanza di politiche trasparenti per l’assegnazione di benefici o progetti;
- Controlli “interna corporis”: i dirigenti del GOI decidono finanziamenti e usi, senza filtri esterni;
- Sfida attuale: tradurre il patrimonio economico in azioni sociali effettive, con procedure chiare e consultabili.
Nei prossimi mesi, con l’operatività piena come ETS, sarà fondamentale verificare se la Fondazione adotterà criteri inclusivi e pubblici nei processi di nomina, di selezione dei progetti e di comunicazione verso gli affiliati e il pubblico generale. Solo così potrà legittimamente dimostrare di essere davvero “al servizio del bene comune” e non uno strumento di gestione interna del GOI.