
I prezzi del petrolio si sono stabilizzati nella giornata di mercoledì, chiudendo con lievi variazioni, mentre gli operatori del mercato valutano i segnali contrastanti provenienti dagli Stati Uniti e dal contesto geopolitico globale.
Il Brent con consegna a settembre ha registrato un incremento marginale di 4 centesimi, attestandosi a 70,19 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate (WTI) ha mantenuto un trend positivo per il terzo giorno consecutivo, superando la soglia dei 68 dollari al barile.
A influenzare i mercati sono stati i dati pubblicati dalla US Energy Information Administration, che hanno mostrato il più forte aumento settimanale delle scorte di greggio statunitensi da gennaio. L’incremento è stato causato da un calo delle importazioni, una debolezza delle esportazioni e una diminuzione dell’attività di raffinazione.
“Questi fattori combinati hanno esercitato una pressione significativa sull’equilibrio tra domanda e offerta negli Stati Uniti”, ha dichiarato Matt Smith, analista senior presso Kpler.
Tuttavia, a compensare parzialmente l’effetto ribassista è stato l’annuncio di nuove sanzioni statunitensi contro le esportazioni di petrolio iraniano, un tentativo da parte di Washington di stringere la presa dopo i recenti segnali ambigui lanciati dall’amministrazione Trump, che avevano lasciato intendere una possibile apertura verso le vendite di Teheran alla Cina.
Nonostante ciò, alcuni analisti restano scettici sull’efficacia delle misure.
Joe DeLaura, analista di Rabobank, ha sottolineato che “le aziende eluderanno le restrizioni e il petrolio iraniano continuerà a fluire sotto altre forme”.
Sul fronte geopolitico, gli attacchi dei ribelli Houthi nel Mar Rosso – che hanno causato la morte di tre marinai e l’affondamento di due navi – non sono riusciti finora a spingere i prezzi verso l’alto. Questo segnala un atteggiamento prudente dei mercati, che al momento valutano tali eventi come contenuti nei loro effetti a breve termine.
In passato, durante il picco della tensione tra Iran e Israele, i prezzi del greggio avevano superato gli 80 dollari al barile, salvo poi scendere a causa dell’attenuarsi dell’escalation e di un ritorno dell’attenzione ai fondamentali economici.
Ora gli investitori restano in attesa delle prossime decisioni dell’OPEC+, che potrebbero incidere sulla produzione globale nei mesi a venire. Allo stesso tempo, crescono i timori per possibili interruzioni delle forniture nel Medio Oriente e per l’instabilità crescente nel Mar Rosso e nel Golfo Persico.
Con l’arrivo dell’estate e il picco stagionale della domanda, le prossime settimane si annunciano decisive per capire la direzione futura dei mercati petroliferi, tra rischi geopolitici, decisioni strategiche e l’incognita delle politiche statunitensi.