
In Bosnia-Erzegovina si riaccende la tensione politica, questa volta nel settore della cultura. Durante l’ultima sessione del Consiglio dei Ministri, i ministri serbi hanno respinto la proposta di includere sette istituzioni culturali con sede a Sarajevo tra i beneficiari del bilancio statale.
Le istituzioni coinvolte sono:
- il Museo nazionale della Bosnia-Erzegovina
- il Museo storico della Bosnia-Erzegovina
- la Biblioteca nazionale e universitaria della Bosnia-Erzegovina
- il Museo della letteratura e delle arti teatrali
- la Biblioteca per ciechi e ipovedenti
- l’Archivio cinematografico
- la Galleria d’arte della Bosnia-Erzegovina
La questione ha assunto una forte connotazione politica. La cultura, infatti, secondo gli Accordi di Dayton, rientra nella competenza delle entità, non dello Stato centrale. Nonostante ciò, l’Alto Rappresentante Christian Schmidt — figura che la Republika Srpska non riconosce — ha deciso alla fine del 2024 di stanziare fondi comuni per queste istituzioni, decisione ben accolta da Sarajevo ma rigettata da Banja Luka.
La vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Staša Košarac, ha ribadito con fermezza:
“Non esiste una base giuridica per finanziare queste istituzioni con il bilancio dello Stato. Non saranno mai considerate parte del sistema culturale comune.”
Dal canto suo, il ministro degli Esteri Elmedin Konaković ha denunciato il blocco da parte di una parte del governo, parlando della necessità di trovare soluzioni alternative per sostenere istituzioni che definisce “chiave” per l’identità culturale della Bosnia-Erzegovina.
La direttrice della Biblioteca nazionale della Republika Srpska, Ljilja Petrović Zečević, ha dichiarato:
“Si tenta di centralizzare la cultura, privilegiando le istituzioni della Federazione come se fossero rappresentative di tutta la Bosnia-Erzegovina. Ma noi abbiamo la nostra eredità culturale, i nostri musei e biblioteche.”
Petrović Zečević ricorda inoltre che anche in altri Stati europei coesistono più istituzioni culturali con riconoscimento statale e che lo stesso modello potrebbe essere applicato in Bosnia-Erzegovina per rispettare l’identità e la diversità dei tre popoli costitutivi.
Adisa Žero, direttrice della Biblioteca nazionale e universitaria di Sarajevo, ha replicato:
“Abbiamo ricevuto fondi solo grazie all’intervento di Schmidt, ma senza volontà politica non possiamo sopravvivere. La Presidenza ha già riaperto il bilancio proprio per includere le sette istituzioni culturali.”
In un contesto sempre più polarizzato, la disputa sulle istituzioni culturali si inserisce in un quadro più ampio di conflitto tra visioni opposte: da una parte chi spinge per una Bosnia-Erzegovina più centralizzata e unitaria, dall’altra chi rivendica autonomia e pluralismo su base etnico-territoriale.