
(AGENPARL) – Tue 17 June 2025 DIGITAL NEWS REPORT ITALIA 2025
EXECUTIVE SUMMARY
di Alessio Cornia (Dublin City University)
Il quadro che emerge dall’indagine di quest’anno evidenza nodi critici e opportunità
su cui riflettere per affrontare sfide come la sfiducia nell’informazione, la
frammentazione dell’audience, la disinformazione e le potenzialità dell’intelligenza
artificiale.
Nonostante il drastico calo dell’interesse per le notizie, sceso da oltre il 70% a meno
del 40% in un decennio, gli italiani e le italiane restano sorprendentemente legati al
flusso informativo, interrogando costantemente i propri dispositivi e consultando le
notizie con grande frequenza. Questo “paradosso italiano” mette in luce uno
sfasamento tra le motivazioni profonde che ci spingono a informarci – curiosità,
orientamento e voglia di partecipare al dibattito pubblico – e il modo in cui fruiamo le
news: frammentario, rapido e spesso guidato dall’algoritmo più che dalla sostanza. Il
dato invita a ripensare non tanto il “che cosa” raccontiamo, quanto il “come” e il “dove”
lo presentiamo, per trasformare una fruizione distratta e superficiale in un impegno
consapevole e duraturo.
In questo scenario si delinea un ecosistema duale: la televisione mantiene una solida
leadership – oltre la metà del pubblico la considera fonte primaria, nonostante un lento
declino – mentre l’online fatica a trovare slancio, fermandosi a livelli inferiori rispetto
ai principali paesi di riferimento. Non si tratta di rifiuto tecnologico, ma di abitudini
radicate nella centralità storica del mezzo televisivo. Eppure emergono eccezioni
virtuose: alcune testate native digitali hanno conquistato un pubblico significativo
grazie a formati agili, community profilate e strategie mirate sulle piattaforme,
dimostrando che l’innovazione può ancora prosperare in un mercato maturo. Ci sono
inoltre esempi di testate storiche che, rinnovandosi, continuano a soddisfare i loro
lettori tradizionali e a conquistarne di nuovi.
La fiducia nell’informazione risale lievemente al 36%, restando però su livelli
preoccupanti e premiando soprattutto le testate percepite come meno schierate e più
obiettive. Allo stesso tempo, cresce l’allarme verso influencer e figure politiche come
vettori di disinformazione, un segnale che evidenzia come la sfiducia non sia diretta
solo contro il giornalismo tradizionale, ma investa l’intero ecosistema informativo. In
questo contesto è urgente un piano integrato di news literacy e moderazione dei
contenuti, incentrato su trasparenza delle fonti e verifica dei fatti: non bastano algoritmi
o politiche di rimozione più severe, servono anche percorsi formativi accessibili e
capillari. I nostri dati confermano che solo una quota marginale di italiani ha
partecipato a iniziative di alfabetizzazione mediatica, un gap che ci colloca indietro
rispetto ad altri paesi europei e rende più difficile spezzare il circolo vizioso tra sfiducia
e disinformazione.
Con l’81% degli italiani interessati all’informazione di prossimità e la cronaca nera in
testa con il 58%, le testate locali dispongono di una leva strategica per riconquistare il
pubblico. In ambiti dove le grandi piattaforme digitali faticano a garantire coperture
capillari, il giornalismo di prossimità può valorizzare il rapporto diretto con le fonti,
raccontare storie concrete e restituire un senso di comunità. Questa presenza “sul
campo” diventa un laboratorio ideale per sperimentare nuovi formati e modelli di
engagement, fondati sulla fiducia reciproca tra lettori e giornalisti.
I risultati principali dell’indagine di quest’anno sono riassunti nei seguenti punti:
Interesse e frequenza di fruizione delle notizie CAPITOLO 1
L’interesse degli italiani per le notizie è diminuito anche quest’anno,
attestandosi al 39% di chi si dichiara molto o estremamente interessato: un calo
costante dal 74% registrato nel 2016, pari a 35 punti in nove anni.
Il confronto con cinque paesi benchmark evidenzia in Italia il calo più drastico
e un livello di interesse tra i più bassi: solo Regno Unito e Francia registrano
percentuali comparabili, ma con diminuzioni più moderate.
Uomini, anziani e persone con livelli di reddito e istruzione elevati mostrano
maggiore interesse per le notizie. Anche chi si colloca a sinistra registra un
interesse particolarmente marcato.
Nonostante l’interesse in calo, gli italiani consultano spesso le notizie: il 59% lo
fa più volte al giorno, delineando un “paradosso italiano”: siamo ultimi per
interesse ma secondi per frequenza di fruizione, dietro la Finlandia.
Fonti di informazione CAPITOLO 1
La TV rimane un importante punto di riferimento per gli italiani: il 66% la usa
settimanalmente e il 51% la considera la propria fonte principale. Tra i media
online, i social guidano al 17%, seguiti da testate native digitali e giornalisti
indipendenti al 9%, mentre i siti di quotidiani e di testate radiotelevisive si
fermano all’8% e al 5%. La carta stampata è fonte principale solo per il 2%.
L’Italia è l’unico tra i sei paesi in cui la TV è la fonte principale. Ultimo nell’uso
dei media cartacei, il nostro Paese si distingue per il ricorso a testate native
digitali e giornalisti alternativi. L’uso di fonti online, tuttavia, è inferiore a tutti gli
altri mercati tranne la Francia.
Podcast e chatbot di intelligenza artificiale si affermano come fonti aggiuntive
(usati settimanalmente dal 6% e dal 4%), ma restano fonte principale per una
quota trascurabile di italiani (1%).
L’uso settimanale delle fonti informative mostra un calo in tutti i media: la TV
scende al 65% (era all’85% nel 2017) e le fonti online al 66% (dall’81%), mentre
radio e stampa cartacea registrano riduzioni ancora più marcate.
Tra le fonti online, l’impiego di social media diminuisce, l’accesso tramite siti e
app di emittenti radiotelevisive si riduce di un terzo rispetto al 2017 e quello dei
quotidiani web quasi si dimezza, mentre le testate native digitali e giornalisti
indipendenti resistono con solo un lieve calo.
Modalità d’accesso e interazione con le notizie CAPITOLO 1
L’accesso diretto ai siti e app delle testate è calato dal 27% del 2017 al 16%
del 2025, sebbene mostri una lieve ripresa rispetto all’anno scorso.
Sempre più rilevante è invece l’accesso alle notizie tramite l’intermediazione di
piattaforme terze: motori di ricerca (che passano dal 17% al 20%), social media
(dal 20% al 22%) e aggregatori (dal 3% al 9%), mentre newsletter ed e-mail
scendono al 4%.
Solo il 13% degli italiani riceve notifiche di notizie sui propri dispositivi. Quasi la
metà di chi non le riceve le ha disattivate, soprattutto perché erano troppe o
poco utili, evidenziando l’importanza di migliorare la qualità delle notifiche
stesse.
L’interazione con le notizie è diminuita: il 71% compie oggi una qualche forma
di interazione (era il 77% nel 2024), con un calo marcato di commenti e
condivisioni sui social e un declino anche nelle conversazioni di persona.
Restano più coinvolti i giovani e chi si colloca a sinistra.
Fiducia nelle notizie CAPITOLO 2
La fiducia nelle notizie in Italia risale lievemente al 36% nel 2025, due punti in
più rispetto all’anno scorso, ma resta su livelli complessivamente bassi.
Le donne (38%) mostrano maggiore fiducia nelle notizie rispetto agli uomini
(33%). Politicamente, la fiducia è più elevata tra chi si colloca nel centrosinistra
e nel centrodestra, mentre registra un calo tra chi si definisce centrista.
Chi usa TV (43%) e siti di testate radiotelevisive (40%) mostra maggiore fiducia
nelle notizie, mentre chi si affida a fonti non tradizionali (32%) e ai social media
(27%) registra valori più bassi.
I brand meno schierati godono di maggiore fiducia, mentre le testate con
connotazione politica forte incontrano più diffidenza da parte di utenti
politicamente orientati all’opposto. I giornali locali e regionali, invece, si
distinguono positivamente, confermando la vitalità dell’informazione di
prossimità.
Disinformazione CAPITOLO 2
La preoccupazione per la disinformazione online in Italia resta sostanzialmente
stabile, con un lieve aumento al 54% (+2 punti), e si attesta su livelli simili alla
Francia ma più bassi rispetto ad altri paesi, soprattutto rispetto agli Stati Uniti,
dove il timore è particolarmente elevato.
La preoccupazione aumenta con reddito e istruzione e risulta particolarmente
alta tra chi si colloca a sinistra (61%) o al centro (58%), mentre chi si dice di
destra mostra un livello di allarme decisamente più contenuto (47%).
Gli italiani considerano gli influencer (42%) e i politici nostrani (37%) le principali
fonti di disinformazione online; governi stranieri e attivisti raggiungono il 32%.
Preoccupa che il 28% ritenga i giornalisti potenziali veicoli di disinformazione,
più della gente comune (21%).
TikTok e Facebook sono ritenuti i canali più a rischio di disinformazione, e i più
giovani vedono Instagram e persino le conversazioni di persona come vettori
più pericolosi rispetto agli over 35.
Fact-checking, alfabetizzazione mediatica e moderazione online CAPITOLO
Per verificare notizie sospette, gli italiani si rivolgono soprattutto a fonti ufficiali,
motori di ricerca e testate di fiducia. Sorprende il limitato uso di siti di factchecking (appena superiore ai chatbot di IA) e il terzo posto delle testate
giornalistiche, mentre a livello globale sono al primo.
Solo il 17% degli italiani ha partecipato a iniziative di news literacy, ricevendo
formazione su come usare le notizie, un valore inferiore alla media globale e
sintomo di una carenza nel nostro sistema culturale e formativo.
In Italia il 40% ritiene che i social moderino troppo poco i contenuti dannosi o
offensivi, mentre il 22% giudica i controlli adeguati e il 13% li reputa eccessivi.
Over 35 e orientati a sinistra chiedono controlli più severi e maggiore rimozione.
News avoidance CAPITOLO 3
In Italia la tendenza a evitare deliberatamente le notizie scende al 33% (-3 punti
rispetto all’anno scorso), dopo oscillazioni tra il 28% e il 36% negli anni
precedenti; resta comunque al di sotto della media globale del 40%.
La news avoidance riguarda soprattutto chi ha reddito e istruzione più bassi,
mentre i giovani la praticano meno; politicamente, è meno frequente tra
centrodestra (25%) e centrosinistra (28%), più pronunciata tra chi ha posizioni
poloarizzate o centriste (34-35%) e raggiunge il 37% tra chi non si identifica.
I news avoiders optano per la disconnessione principalmente a causa di
sovraesposizione a guerre/conflitti (34%), impatto negativo sull’umore ed
eccesso di politica (31% ciascuno), esaurimento da flusso continuo di notizie
(29%) e crescente percezione di inaffidabilità delle fonti (27%). Motivazioni
secondarie includono la percezione di inutilità delle notizie, l’impossibilità di
influire sugli eventi e difficoltà di comprensione, mostrando come l’avoidance
sia una scelta consapevole contro stress emotivo e sovraccarico informativo.
Le donne evitano le notizie soprattutto per tutelare il benessere emotivo, mentre
gli uomini lo fanno per dubbi sulla loro credibilità e utilità. I giovani sono più
vulnerabili all’intensità emotiva, al sovraccarico informativo e alle difficoltà di
comprensione, mentre gli over 55 evitano soprattutto notizie su politica e
conflitti.
Performance delle testate CAPITOLO 4
Le testate televisive restano le più popolari offline, seppur con un calo
significativo del reach settimanale, mentre i quotidiani hanno subito una
contrazione più marcata, con il reach più o meno dimezzato tra il 2017 e il 2025
per tutte le testate rilevate.
Il ranking online, a differenza di quello offline, è meno dominato dalle testate
televisive e vede in primo piano anche testate native digitali e i siti di agenzie e
quotidiani. Fanpage, Tgcom24 (Mediaset) e Ansa sono le più consultate dal
pubblico digitale.
Anche l’audience online è calata per tutti tra il 2017 e il 2025: i siti di quotidiani
e riviste passano dal 74% al 51% e quelli delle televisioni commerciali dal 58%
al 39%. Più contenute le perdite per la Rai (dal 16% al 12%), e sorprende la
contrazione delle testate native digitali (dal 59% al 40%). Questo trend è
probabilmente dovuto al crescente disinteresse verso le notizie e alla
frammentazione verso media di nicchia.
Le testate native digitali e dei quotidiani online attirano soprattutto i più giovani,
mentre quelle televisive raggiungono prevalentemente gli over 35.
Politicamente, Ansa e Corriere della Sera risultano trasversali. La sinistra
predilige la Repubblica, il Fatto Quotidiano, Fanpage e il Post, mentre la destra
punta su Libero Quotidiano, il Giornale e Tgcom24 (Mediaset).
Pagamenti per le notizie CAPITOLO 4
Solo il 9% degli italiani ha pagato per accedere alle notizie online (−1 punto
rispetto al 2024), il livello più basso di sempre e fanalino di coda tra i paesi di
riferimento.
Chi paga per le notizie online è soprattutto un giovane uomo con reddito e
istruzione elevati, politicamente centrista o di centrosinistra, con alto interesse
per la politica e abituato a informarsi tramite testate tradizionali online.
Il 69% di chi non paga afferma che nessuna proposta lo convincerebbe a
cambiare idea, sottolineando barriere culturali legate a scarso interesse e
fiducia. Tra le opzioni che incoraggerebbero ad abbonarsi, solo il “bundle” che
permette l’accesso a più siti di news a un prezzo ragionevole ottiene consensi
(14%), mentre servizi extra e formule flessibili restano marginali.
Social media CAPITOLO 5
Facebook resta la piattaforma più usata per le notizie, ma il suo ruolo
informativo è in netta flessione: se nel 2020 il 56% degli utenti lo impiegava per
le news, oggi è il 36%, con un calo ancora più marcato tra gli under 35 (da 62%
a 21%).
Guadagnano invece terreno le piattaforme “visual”, usate ora dal 40% degli
italiani per informarsi: Instagram (22%) e YouTube (20%) mantengono il
primato, mentre TikTok cresce rapidamente (dal 2% al 10% in cinque anni),
spinto soprattutto dagli under 35.
Solo il 5% degli italiani usa X (Twitter) per informarsi (era il 10% fino al 2018)
e, a differenza degli Stati Uniti, non è particolarmente popolare tra il pubblico di
destra.
Pur essendo usate dall’85% degli italiani, le app di messaggistica servono per
informarsi solo al 26%. Il loro impiego per le news è in calo, con WhatsApp che
scende dal 27% al 21% e Telegram dal 9% al 6% tra 2023 e 2025.
Anche sui social il 52% degli utenti presta principalmente attenzione alle fonti
professionali (testate e giornalisti tradizionali e nativi digitali), il 37% si affida a
creator e personalità online e il 28% a contributi di persone comuni.