
Ormai è evidente: l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato da parte dell’Arma dei Carabinieri, avvenuto nel 2016, si è rivelato un fallimento sotto ogni punto di vista. Le promesse di risparmio, maggiore efficacia e miglior efficienza sono rimaste sulla carta. Al contrario, ciò che si è verificato è stato un lento ma costante depauperamento della specialità forestale, sia in termini di personale che di autonomia operativa.
Al momento del transito, la forza effettiva del Corpo Forestale contava 7.177 unità. Oggi, a distanza di anni, il contingente operativo all’interno del Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri (CUFA) si è ridotto a poco più di 6.000 unità, includendo anche i Carabinieri del ruolo normale impiegati nei comandi forestali. Una riduzione che ha favorito, in realtà, il rafforzamento organico del ruolo ordinario dell’Arma, a scapito della specializzazione ambientale.
Gli ex Forestali si sono ormai rassegnati all’impossibilità di tornare indietro. Hanno visto con chiarezza come qualunque forza politica, una volta al governo, abbia evitato di affrontare davvero la questione. Le stesse promesse fatte all’opposizione sono rimaste lettera morta. Ciò che si aspettavano, tuttavia, era almeno una maggiore tutela e considerazione per il ruolo e le competenze della specialità forestale.
Invece, la realtà è un continuo arretramento. Le storiche stazioni forestali sono state declassate a semplici nuclei e in molti casi chiuse. I gruppi sono stati ridimensionati nella loro struttura e nella forza organica. I comandi regionali, cuore della struttura forestale sul territorio, danno ora segnali preoccupanti che fanno temere una possibile chiusura o accorpamento. Tutto ciò avviene mentre il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha cercato di riportare il CUFA sotto la dipendenza funzionale del MASAF, tentando almeno in parte di restituirgli una missione coerente con le sue origini e competenze.
A questa mossa è seguita, quasi in risposta, una nota del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri che sta sollevando forti preoccupazioni. Richiamandosi all’articolo 173 del D.Lgs. 66/2010 (Codice dell’Ordinamento Militare), la nota dispone che le articolazioni del CUFA “debbano informare i Comandanti Provinciali della struttura territoriale dell’Arma e recepire le indicazioni che discendano da loro”. Una formulazione che sembra svuotare di fatto l’autonomia della catena di comando forestale e porre la specialità in una condizione subordinata alla territoriale, anche nei compiti specifici di tutela ambientale e agroalimentare.
A fronte di questa disposizione, una domanda sorge spontanea: non si tratta forse di una vera e propria esautorazione della scala gerarchica del CUFA? E, più ancora, di una sconfessione della direzione politica tracciata dal Ministro Lollobrigida, che aveva cercato di ridare dignità e centralità alla specialità forestale all’interno del sistema pubblico di tutela del territorio?
Questa vicenda riaccende il dibattito su un’operazione che, pur essendo ormai irreversibile, continua a produrre effetti negativi e disfunzionali. In un’epoca in cui le sfide ambientali richiedono competenze specialistiche, la perdita di una forza civile specializzata come il Corpo Forestale appare sempre più come una ferita non rimarginata.
Lo rende noto Unforced in un comunicato.
