
(AGENPARL) – Wed 07 May 2025 Ramelli. FdI: Evitare che ancora oggi a certi slogan seguano i fatti
“La vicenda della morte di Sergio Ramelli è terribile, non solo per la brutalità dell’omicidio, ma per i mesi in cui fu sottoposto a ogni sorta di angherie e intimidazioni senza che chi ne aveva l’autorità intervenisse a sua tutela”. Così Lucio Malan, presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, nel corso della presentazione del libro “Uccidere un fascista. Sergio Ramelli, una vita spezzata dall’odio”, che si è tenuta in Senato. “Tutto partì da un tema in cui Ramelli ebbe la ‘colpa’ di esprimere una condanna nei confronti delle Brigate Rosse – ha proseguito -. All’epoca era molto facile farsi dare del fascista, bastava non essere d’accordo con le idee dominanti. È così anche oggi, quando in piazza si ascolta lo slogan ‘uccidere un fascista non è reato’, detto da qualcuno che si sente anche in diritto di stabilire chi è fascista e chi no. Bisogna dunque essere attenti – ha osservato – per evitare che alle parole seguano fatti come quelli accaduti cinquant’anni fa. L’unica forza che va usata nel confronto politico è quella delle idee”, ha concluso Malan.
Riccardo De Corato, deputato di Fratelli d’Italia, ha detto che “se lo Stato in quel momento avesse davvero voluto difendere l’Msi, non ci sarebbero stati forse alcuni di quei morti. La cosa più drammatica furono i quarantasette giorni di agonia di Sergio, vedere il suo volto al termine di quel periodo all’ospedale Fatebenefratelli. A maneggiare le chiavi inglesi che lo uccisero – ha proseguito – non erano dei ragazzini, erano studenti di medicina al quarto anno: sapevano dove colpire per ammazzare. Fa davvero male constatare che dopo cinquant’anni, quell’odio e quella violenza si stanno ripresentando a Milano e provincia”, ha concluso De Corato.
Il senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni ha sottolineato che “ci hanno costretto per decenni a coltivare la memoria di Sergio Ramelli come memoria di parte, quando sarebbe stato giusto fosse nazionale. E ancora oggi c’è chi non accetta, in nome dell’odio, dell’ideologia e della contrapposizione, che Sergio venga consegnato a un patrimonio di memoria che appartiene a tutta Italia”. Il parlamentare di FdI ha ricordato che “se Sergio ha avuto un po’ di giustizia, con condanne fin troppo tenui verso i suoi assassini, è stato grazie alla caparbietà dell’avvocato La Russa e grazie a un giudice come Salvini, che ha fatto indagini come andavano fatte, perché – come ha detto lui stesso – a Milano tutti sapevano, ma la borghesia di sinistra taceva e copriva”, ha concluso Balboni.
Per Alessandro Amorese, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile nel partito del dipartimento Iniziative editoriali, “Ramelli la sua partita l’ha vinta. Culicchia, che non è un autore che viene dalla nostra tradizione politica, col suo libro fa un bellissimo servizio a Ramelli. Perché – ha continuato – riesce a parlare a tutta l’Italia e al nostro intimo, all’intimo della destra italiana. Questo libro è fondamentale perché evidenzia anche come la sinistra italiana negli anni abbia perso la volontà di conoscere e comprendere l’avversario. E dalla conoscenza nasce il rispetto. Sono contento – ha infine concluso – che sia stato riaperto il caso di Fausto e Iaio, vorrei fosse riaperto anche quello di Paolo Di Nella”.
“Quella di Sergio – la riflessione di Fabio Roscani, deputato di Fratelli d’Italia e presidente di Gioventù Nazionale – è una storia che racconta tanto di quegli anni, di un odio e una violenza che davvero vorremmo seppelliti alle nostre spalle. Sergio è figlio non solo di una comunità politica, ma è un figlio d’Italia insieme a tutti coloro che hanno perso la vita negli anni 70, a destra come a sinistra. Bisogna raccontare alle nuove generazioni – ha concluso – che un’idea è sempre più forte di un pugno”.
“Siamo impegnati a raggiungere una pacificazione che ancora non si è compiuta fino in fondo – ha osservato Grazia Di Maggio, deputata di Fratelli d’Italia -. Oggi possiamo scendere in piazza, professare le nostre idee, manifestare il nostro credo. E lo facciamo rendendo omaggio a tutti quei ragazzi che hanno pagato la libertà con il prezzo più alto, la propria vita. Sia chiaro – ha aggiunto – anche oggi, se è vero che non si viene più uccisi per un tema, è pur vero che essere di destra e professare le proprie idee all’interno delle scuole o dell’università porta a conseguenze come la delegittimazione e l’isolamento. Per questo, anche se non si rischia più la vita, è necessario continuare a vigilare consegnando la memoria di Sergio alle generazioni future”, ha concluso la Di Maggio.
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