
(AGENPARL) – Thu 01 May 2025 Roma, 1 maggio 25′ – In occasione della Festa del Lavoro, la Segreteria generale della Fesica Confsal lancia un messaggio netto e diretto: “Oggi non è il giorno delle celebrazioni, ma della verifica. In un Paese dove si può morire cadendo da un ponteggio per 80 euro al giorno, festeggiare il lavoro senza riflettere sul suo stato reale è un paradosso”.
Nel 2024, oltre 1.077 lavoratori hanno perso la vita sul posto di lavoro. Persone comuni, non eroi né numeri, che hanno lasciato famiglie, affetti e sogni. “Nessuno di loro ha firmato un contratto con scritto: ‘Rischio vita incluso’. Eppure accade, ogni giorno, in silenzio. Non è una fatalità. È una filiera di colpe. Una conseguenza diretta di appalti al massimo ribasso, subappalti opachi, e controlli insufficienti. La sicurezza non è un costo, è un diritto”.
L’Organizzazione sindacale ribadisce con forza che lo Stato ha il dovere di intervenire, con controlli efficaci e sanzioni che siano realmente deterrenti. E sulla patente a punti per le imprese sostiene che “va potenziata ed estesa a tutti i settori, a cominciare dall’agricoltura”.
Sul fronte salariale, il quadro è altrettanto allarmante: oltre 3 milioni di lavoratori guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora. Il lavoro povero non è più un’eccezione, ma sta diventando la regola. “Non può esserci dignità senza un salario dignitoso. Non può esserci futuro se i contratti collettivi vengono aggirati o ignorati – dicono -”.
La Fesica Confsal rivendica il proprio ruolo: negoziare, contrattare, mobilitare. Ma denuncia con altrettanta chiarezza i limiti di un sindacato che da solo non può riscrivere le regole di un mercato del lavoro sempre più frammentato: “Non accetteremo mai di essere il parafulmine di responsabilità altrui. Il sindacato non si tira indietro. Ma serve un’assunzione collettiva di responsabilità: del governo, delle imprese e anche nostra. La Costituzione, con l’articolo 36, è chiara: il lavoratore ha diritto a una retribuzione sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa. È da lì che bisogna ripartire”.
Infine, un appello: “basta con un Primo Maggio simbolico fatto di passerelle e musica. Serve una giornata che pretenda, che disturbi, che pungoli”. Perché il lavoro non è solo un tema da convegno, ma carne, sudore e pensiero. È la misura della libertà di una persona. Non chiediamo applausi. Chiediamo giustizia sociale. Continueremo a farlo finché ogni lavoratore potrà dire: il mio lavoro è sicuro, il mio salario è giusto, la mia dignità è rispettata”, conclude la Fesica Confsal.