
Il presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, ha definito il visto concesso alla presidente serba della Presidenza della Bosnia-Erzegovina, Željka Cvijanović, per recarsi negli Stati Uniti come un “segnale di cambiamento” nella politica internazionale verso la Bosnia-Erzegovina. In un’intervista rilasciata ad ATV, Dodik ha sottolineato come questo gesto suggerisca una volontà, da parte della comunità internazionale, di ascoltare tutte le voci del Paese, e non solo quella musulmana.
“Il mondo vuole ascoltare tutte le voci della Bosnia-Erzegovina, non solo quelle musulmane che hanno cercato di demonizzarmi e imporre sanzioni ai funzionari della Republika Srpska”, ha dichiarato Dodik.
L’offensiva diplomatica di Banja Luka
Dodik ha criticato i rappresentanti musulmani che, a suo dire, si sarebbero recati negli USA cercando di diffondere “bugie” sulla situazione nel Paese, ma che “non l’hanno fatta franca”. Ha quindi sottolineato l’intensificarsi delle attività diplomatiche della Republika Srpska, giudicandole mai così attive come in questo periodo.
Secondo Dodik, la Republika Srpska ha rafforzato i rapporti con diversi Paesi chiave, tra cui Serbia, Russia, Ungheria, Cina, Azerbaigian e Turchia, mentre ha espresso forti riserve sull’Unione Europea: “Dalla palude di Bruxelles non possiamo aspettarci nulla di buono”, ha detto con tono critico.
Verso l’arbitrato internazionale
Il presidente ha inoltre annunciato l’intenzione di rivolgersi alla Corte permanente di arbitrato dell’Aia per contestare il ruolo dell’Alto rappresentante Christian Schmidt, definito ancora una volta “illegale” in base agli Accordi di Dayton.
“Non si tratta di arbitrato politico. Chiunque legga l’accordo di Dayton può vedere che Schmidt è illegale”, ha dichiarato Dodik, aggiungendo che i legali della Republika Srpska stanno valutando concrete vie legali.
Rapporti con la Turchia e critiche interne
Sorprendentemente, Dodik ha espresso parole concilianti nei confronti del ruolo turco nei Balcani, elogiando il presidente Recep Tayyip Erdoğan per la sua politica a favore dell’equilibrio etnico in Bosnia-Erzegovina. “La Republika Srpska non percepisce in modo negativo il ruolo della Turchia”, ha dichiarato.
Al contrario, ha attaccato il ministro della Difesa bosniaco Zukan Helez, definendolo “un perdente”, e ha ironizzato sul fatto che due autobus non siano sufficienti per rappresentare il 49% della popolazione della Bosnia-Erzegovina, rivendicando esplicitamente la quota territoriale della Republika Srpska.
“Quando lasceremo la Bosnia-Erzegovina, prenderemo il 49% del territorio”, ha minacciato Dodik.
Una questione di sopravvivenza politica
Infine, Dodik ha lanciato un avvertimento sui rischi futuri: se la Republika Srpska resterà nella Bosnia-Erzegovina e continueranno a prevalere le politiche di Sarajevo, entro dieci anni i serbi non avranno più una massa critica in grado di garantire rappresentanza e diritti politici, come già accade, secondo lui, alla comunità croata.
“Dobbiamo rafforzare l’unità attorno alla leadership della Republika Srpska. Abbiamo la possibilità di risolvere il nostro status entro l’attuale mandato”, ha concluso.