
(AGENPARL) – Wed 30 April 2025 Pubblicati sulla rivista The Plant Cell, i risultati dello studio “contribuiscono significativamente alla definizione degli obiettivi per il miglioramento genetico del mais, aprendo nuove prospettive in termini di impatto e sostenibilità della sua coltivazione” dichiara il ricercatore Leonardo Caproni
Genomica e sicurezza alimentare, uno studio coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa identifica nuovi fattori genetici alla base della fotosintesi nel mais
A questo link è possibile scaricare le immagini relative allo studio (fonte: ufficio stampa Scuola Superiore Sant’Anna): https://www.swisstransfer.com/d/000e30bc-df0e-45c4-a333-cf30ea659feb
La fotosintesi è il processo grazie al quale le piante usano energia solare per produrre nutrimento per la loro crescita. Aumentare l’efficienza di questo meccanismo significa rendere le piante che coltiviamo più produttive e di conseguenza incrementarne la resa.
Utilizzando approcci di genetica, genomica e biologia molecolare, è stato dimostrato che esiste variabilità genetica nel mais che coltiviamo, e che questa può determinare cambiamenti sostanziali nel modo in cui la coltura può sfruttare l’energia solare. In particolare, la ricerca ha identificato delle varianti genetiche, presenti in alcune tipologie di mais coltivate in regioni temperate, che ne limitano significativamente le prestazioni in termini di fotosintesi.
Lo studio è il risultato di una collaborazione internazionale nell’ambito del progetto europeo CAPITALISE, che ha avanzato in maniera sostanziale la conoscenza dei meccanismi che governano l’efficienza della fotosintesi di mais, orzo e pomodoro e, di conseguenza, la loro produttività e capacità di adattamento.
“L’idea alla base di questo studio è comprendere e ottimizzare i processi che regolano ‘l’accensione e lo spegnimento’ di alcune componenti della macchina fotosintetica – spiega Leonardo Caproni, ricercatore di genetica agraria presso l’Istituto di Scienze delle Piante della Scuola Sant’Anna e autore della ricerca – I risultati contribuiscono significativamente alla definizione degli obiettivi per il miglioramento genetico del mais, aprendo nuove prospettive in termini di impatto e sostenibilità della sua coltivazione. Aumentare l’efficienza fotosintetica equivale a mettere le nostre colture in condizione di poter produrre raccolti più abbondanti. Nel caso del mais, che è una delle principali colture a livello globale, anche minimi incrementi della produttività possono avere grandi impatti sulla sicurezza alimentare su larga scala”.
Uno degli autori dello studio, John Ferguson (School of Life Sciences, Università dell’Essex), ha dichiarato: “È fondamentale iniziare a comprendere la genetica che regola la fotosintesi nelle specie coltivate. Questo ci consentirà di regolarne la fotosintesi e migliorarne la produttività. In questo studio, abbiamo combinato approcci di genomica a protocolli di misurazione ad alto rendimento che ci hanno consentito di studiare i geni che regolano la risposta della fotosintesi alla variazione di luce. Abbiamo scoperto che un particolare gene, CP24, ha un ruolo fondamentale nel regolare la risposta della fotosintesi a questi cambiamenti. I risultati dello studio hanno importanti implicazioni per la coltivazione del mais e offrono un’opportunità per progettare strategie volte a ottimizzare l’efficienza fotosintetica di questa coltura”.
“Fino ad ora si riteneva che la fotosintesi non fosse molto variabile all’interno delle specie coltivate. Questo progetto sta mettendo in discussione questa idea – ha affermato Johannes Kromdijk, responsabile scientifico del gruppo di Environmental Plant Physiology dell’Università di Cambridge e autore corrispondente dell’articolo insieme a Matteo Dell’Acqua, direttore dell’Istituto di Scienze delle Piante della Scuola Superiore Sant’Anna – Stiamo ora scoprendo variazioni naturali nei caratteri fotosintetici di pomodoro, orzo e, in questo caso, di mais. Altri fattori legati alla produttività di queste specie sono già stati ampiamente studiati e difficilmente potranno offrire vantaggi paragonabili a quelli potenzialmente derivanti dall’ottimizzazione della fotosintesi; i tempi sono quindi maturi per esplorare questa direzione”.