
(AGENPARL) – Fri 11 April 2025 Ministero della Giustizia
DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
UFFICIO DEL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Il Capo del Dipartimento ff
Prot..n. . O J~4 1
Data,(j – 0~ – lo !(t)
Ai Sigg. Direttori Generali
Al Sig. Vice Direttore Generale del Personale
Ai Sigg. Provveditori Regionali
LORO SEDE
Ai Sigg. Direttori degli Istituti penitenziari
LORO SEDE
Ai Sigg. Comandanti di Reparto
LORO SEDE
Prime linee guida per i Signori Provveditori, i Direttori e i Comandanti di Reparto.
§ l. Premessa
La Corte Costituzionale, con sentenza 6 dicembre 2023- 26 gennaio 2024, n. 10
(in G.U. P s.s. 31/01/2024, n. 5), ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art.
18 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede
che la persona detenuta possa essere ammessa, nei termini di cui in motivazione, a
svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei
stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto
conto del comportamento della persona detenuta in carcere, non ostino ragioni di
sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo
all’imputato, ragioni giudiziarie”. Viene censurata dalla Corte la previsione di
carattere assoluto ed inderogabile del controllo a vista sullo svolgimento dei
colloqui dei detenuti con gli aventi diritto, risolvendosi la stessa in “una
compressione sproporzionata ed in un sacrificio irragionevole della dignità della persona
e quindi in una violazione dell’art.3 della Costituzione”. Dalla sentenza de qua
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emergono ulteriori profili di illegittimità costituzionale dell’attuale formulazione
dell’articolo 18 della Legge 354/1975 scaturenti dalla indiscriminata previsione
del controllo a vista anche sui colloqui tra il detenuto e le persone a questi legate
da stabile relazione affettiva (con riferimento all’articolo 27 c. 3 Costituzione ed
all’articolo 117 c.l Cost. in relazione all’art.8 CEDU Diritto al rispetto della vita
privata e familiare).
La Corte Costituzionale qualifica i “colloqui intimi” come un vero e proprio diritto
soggettivo riconosciuto al detenuto, pertanto l’Amministrazione è chiamata oggi
a misurarsi sul piano organizzativo con una nuova modalità di fruizione del
colloquio da parte del detenuto con il coniuge, la parte dell’unione civile o la
persona con lui stabilmente convivente, caratterizzata – al netto delle eccezioni
derivanti da ragioni ostative puntualmente indicate dal Giudice delle Leggi e
sulle quali ci si soffermerà più avanti – dalla assenza di qualsivoglia controllo
visivo sullo svolgimento del suddetto colloquio intimo.
La Suprema Corte, con sentenza nr. 8/2025, nel confermare l’ammissibilità di un
reclamo presentato al magistrato di sorveglianza avverso un provvedimento di
rigetto di istanza di colloquio intimo, ha affermato che “non può ritenersi che la
richiesta di poter svolgere colloqui COJl. la propria moglie in condizioni di intimità,
costituisca una mera aspettativa, essendo stato affermato che tali colloqui costituiscono
una legittima espressione del diritto all’affettività e alla coltivazione dei rapporti familia ri,
e possono essere negati, secondo l’esplicito dettato della sentenza citata, solo per ragioni
di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della sicurezza, ovvero per il
comportamento non corretto dello stesso detenuto, o per ragioni giudiziarie, in caso di
soggetto ancora imputato”.
La Corte costituzionale, consapevole dell’impatto che la decisione “è destinata a
produrre sulla gestione degli Istituti penitenziari, come anche dello sforzo organizzativo
che sarà necessario”, ha indicato, in modo chiaro, che, in attesa di un intervento
legislativo, la preminente necessità di garantire anche alle persone detenute di
poter esprimere una normale affettività in ambito familiare rende necessario un
intervento dell’amministrazione della giustizia, in tutte le sue articolazioni,
centrali e periferiche, al fine di dare un’ordinata attuazione alla decisione,
incluse, dunque, le Direzioni degli Istituti, auspicando “l’azione combinata” della
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magistratura di sorveglianza e dell’amministrazione penitenziaria. Per tale
motivo, è stato istituito (con ordine di servizio n. 36 del 28 marzo 2024 del Capo
del Dipartimento pro tempore) presso il Dipartimento dell’Amministrazione
penitenziaria il gruppo di studio multidisciplinare con lo scopo di definire le
connotazioni giuridiche e le modalità con le quali garantire l’esecuzione della
sentenza della Corte costituzionale: l’obiettivo, in sostanza, è stato quello di
elaborare una proposta coerente con il sistema vigente – anche in considerazione
delle diversità strutturali che connotano gli istituti penitenziari sul territorio
nazionale – con il coinvolgimento di esperti di diversa preparazione e formazione
professionale. Lo “sforzo organizzativo” compiuto è stato quello di individuare
una disciplina volta a stabilire termini e modalità di esplicazione del diritto
all’affettività. In primo luogo, individuare i destinatari, interni ed esterni, per la
concessione di colloqui intimi, fissare il loro numero, la loro durata, la loro
frequenza, con la conseguente determinazione delle misure organizzative
interne, scelta che, come già evidenziato dalla Consulta nella sentenza n. 301 del
2012, avendo natura discrezionale, è di esclusiva spettanza del legislatore.
L’ordinamento penitenziario nulla dice nelle sue disposizioni circa il diritto alla
sessualità intramuraria del detenuto, anzi, opera concretamente come se ne
prevedesse il divieto. È sufficiente rammentare come l’obbligatorio controllo a
vista dei colloqui da parte della Polizia penitenziaria, previsto appunto
dall’articolo 18 O.P., funzionale a garantire la sicurezza, l’ordine pubblico e la
prevenzione dei reati, precluda radicalmente la condizione di intimità
all’incontro.
Tutto ciò premesso, appare evidente come si impongano ormai concrete azioni
attuative, tramite linee guida, e che, a seconda delle caratteristiche strutturali di
ciascun istituto penitenziario, si ipotizzino soluzioni modulate per individuare
spazi anche temporanei idonei da adattare all’interno delle strutture
penitenziarie, con “garanzie minime di riservatezza”, e dunque senza il controllo
del personale di Polizia penitenziaria (se non all’esterno dei locali stessi).
Nasce da qui l’esigenza per questa amministrazione di impartire le prime linee
guida, non potendo introdurre il diritto tramite una fonte regolamentare o con
circolare, per l’avvio del riconoscimento, all’interno degli Istituti penitenziari,
dell’esercizio del diritto all’affettività.
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§ 2. Natura giuridica dei colloqui intimi.
Si ritiene che sia senza dubbio quello dei colloqui intramurari l’alveo nel quale va
ricondotta giuridicamente la fattispecie dei colloqui intimi. In questo senso,
possono trovare applicazione le disposizioni operative contenute nell’articolo 37
del Regolamento di esecuzione di cui al D.P.R. 230/2000, con ovvia esclusione di
quelle incompatibili con l’assenza di controllo visivo sul colloquio. In particolare,
sono applicabili il comma 8, concernente il numero di colloqui dei quali i detenuti
ed internati fruiscono mensilmente (nei quali dovranno essere normalmente
computati i colloqui in argomento), ed il comma 10 relativo alla durata del
colloquio che è quantificato nella misura massima consentita di due ore.
Invero, la vigente normativa in materia di colloqui, desumibile dal combinato
disposto degli articoli 18 O.P. e 37 R.E., fornisce anche alcune coordinate per le
particolari modalità di svolgimento dei colloqui che rendono possibile
l’affettività intramuraria, e che d’altro canto possono indirizzare
l’amministrazione nell’individuazione degli ambienti nei quali far svolgere i
suddetti colloqui senza controllo visivo. Si fa riferimento alla previsione di cui
all’art. 18, comma 3, secondo periodo, O.P.: “I locali destinati ai colloqui con i
familiari favoriscono, ave possibile, una dimensione riservata del colloquio e sono collocati
preferibilmente in prossimità dell’ingresso dell’istituto” nonché all’art. 37, comma 5,
terzo periodo, del D.P.R. 230/2000: “La direzione può consentire, che, per speciali
motivi, il colloquio si svolga in locale distinto”.
§ 3. I numeri dei potenziali fruitori dei colloqui intimi e l’individuazione delle
persone ammesse ai colloqui riservati.
La Corte nel dispositivo individua i soggetti potenzialmente fruitori dei colloqui
intimi con le persone detenute, ossia “il coniuge, la parte dell’unione civile o la
persona stabilmente convivente”.
Da una ricognizione effettuata al fine di quantificare i possibili fruitori del diritto
e potere, di conseguenza, fare una stima rispetto alle necessità organizzative e
strutturali, è emerso che nel corso del2024 sono stati 22.547 i detenuti che hanno
effettuato colloqui in presenza con coniugi e conviventi more uxorio. Di questi, m.
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1.659 hanno usufruito almeno di un permesso ex articolo 30-ter O.P. nell’anno di
riferimento, e, nr. 3.976 hanno commesso almeno una infrazione disciplinare che
è stata sanzionata dal consiglio di disciplina. Si può dunque ipotizzare che, a fine
dicembre 2024, fossero almeno 16.912 i potenziali beneficiari del diritto ai
colloqui riservati.
§ 4. I criteri di priorità.
La mancanza di spazi sufficienti a soddisfare tutte le domande non può costituire
ragione di rigetto della richiesta; è del tutto presumibile, tuttavia, che le richieste
siano in numero superiore alla disponibilità dei locali dove poter effettuare i
colloqui intimi. Per tale ragione, si ritiene opportuno individuare dei criteri di
priorità, laddove si renda necessario operare una scelta. In tal caso la precedenza
verrà accordata:
– ai detenuti che non beneficiano di permessi premio, né di altri benefici
penitenziari che consentano di coltivare i rapporti affettivi all’esterno;
– ai detenuti, compresi gli imputati, che a parità di condizioni con altri devono
espiare pene più lunghe e che sono in stato di privazione della libertà da più
tempo.
I sigg. Provveditori avranno cura di individuare le strutture penitenziarie dotate
dei locali idonei all’esercizio del diritto, comunicandole alle Direzioni del
Distretto di rispettiva competenza nonché adotteranno le necessarie misure
organizzative finalizzate a garantire l’esercizio del diritto anche in istituti
penitenziari diversi da quelli di assegnazione del ristretto, secondo i succitati
criteri di priorità.
§ 5. Le persone ammissibili ai colloqui intimi; verifica dell’effettività della
pregressa convivenza, che deve essere compiuta dal Direttore (o dall’Autorità
giudiziaria nei casi di competenza) e la sottoscrizione di un consenso
informato.
L’accertamento potrà essere semplificato per il coniuge o la parte dell’unione
civile o ve risulti dai registri anagrafici (ovvero documentata anche tramite
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autocertificazione come previsto dalla legislazione vigente, soggetta a controllo
di veridicità). Tale accertamento potrà dirsi esaurito nell’ipotesi in cui
l’interessato sia stato già ammesso a colloqui visivi o telefonici o comunque già
emerga da documentazione in atti.
Per le persone stabilmente conviventi con il detenuto, che abbiano con lo stesso
un rapporto affettivo, se la circostanza non risulti altrimenti nota, la Direzione
chiederà all’interessato di integrare opportunamente la documentazione.
Nel caso di detenuti in misura cautelare o con posizione giuridica mista, la
Direzione dell’Istituto provvederà a chiedere il nullaosta all’Autorità giudiziaria
che procede.
La persona ammessa al colloquio intimo con il detenuto, prima dello svolgimento
dello stesso, sottoscriverà un consenso informato inerente alla tipologia
dell’incontro da cui risulti in specie che lo stesso avverrà in assenza di controlli
diretti da parte della Polizia penitenziaria.
§ 6. Le cause di esclusione soggettive dai colloqui senza controllo visivo.
La sentenza della Corte costituzionale esclude dalla sua applicabilità i detenuti
sottoposti a regimi detentivi speciali di cui agli artt. 41-bis O.P. e 14-bis O.P.,
chiarendo che “la rimozione del controllo a vista del personale, funzionale a consentire
lo svolgimento del colloquio nell’intimità necessaria all’espressione dell’affettività, può
essere negata quando, tenuto conto del comportamento del detenuto in carcere, ostino
ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, ovvero
anche, riguardo all’imputato, motivi di carattere giudiziario”.
L’indicazione della Corte impone, all’evidenza, un accertamento da parte della
Direzione di eventuali motivi ostativi per “ragioni di sicurezza” e/o di
“mantenimento dell’ordine e della disciplina”. Dette circostanze devono essere
desunte in primo luogo dalla condotta intrarnuraria del detenuto che presuppone
un congruo periodo di osservazione funzionale al previo parere del G.O.T. o del
G.O.T.A. (gruppo di osservazione e trattamento allargato che può prevedere
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anche la partecipazione di enti del terzo settore o comunque. di soggetti terzi
rispetto l’amministrazione che partecipano al trattamento del detenuto) o tramite
lo staff multidisciplinare, riservando la consultazione dell’équipe solo nei casi in
cui verrà ritenuta necessaria (ad esempio nei casi di condannati per reati di cui
alla Legge 69/19 o in quelli per reati di cui all’articolo 4-bis O.P. o nei casi di
condannati con problematiche personologiche o disciplinari rilevanti). Appare
auspicabile che l’autorizzazione che adotterà il Direttore sia preceduta da un
parere di uno dei precitati organi collegiali di agevole convocazione, con
l’obiettivo di arricchire gli elementi di valutazione.
Nel caso di redazione di un documento di sintesi dell’osservazione redatto nel
termine di sei mesi dalla richiesta del colloquio intimo o all’esito
dell’osservazione compiuta in altro istituto o dell’eventuale trasferimento per
motivi di sicurezza, la Direzione, a titolo di aggiornamento delle informazioni,
potrà altresì acquisire ulteriori notizie anche tramite consultazione di personale
dell’amministrazione penitenziaria.
Per i condannati per i reati di cui all’art. 4-bis, comma l, O.P. è assolutamente
necessario che l’istruttoria riguardi altresì le opportune informazioni sulle
persone con le quali il detenuto chieda di svolgere il colloquio intimo.
Ferma restando la possibilità di acquisire informazioni socio-familiari tramite il
competente U.E.P.E., la Direzione potrà richiedere informazioni anche alle Forze
di Polizia. In ogni caso, per i detenuti ascritti al circuito Alta sicurezza,
collaboratori di giustizia e congiunti collaboratori di giustizia appare necessario
che la Direzione richieda apposito parere alla competente DDA e alla DNA.
L’istruttoria potrà essere omessa se risultino indicazioni negative da parte del
GOT/GOTA/équipe/staff multidisciplinare e nel caso di significativi rapporti
disciplinari recenti.
Rammentato che il titolo di reato, per ciò solo, non preclude l’accesso all’esercizio
del diritto, ciò nondimeno per il novero dei reati di cui all’articolo 362, comma 1ter, c.p.p., nonché in tutte le ipotesi in cui la persona da ammettere al colloquio
intimo sia anche la persona offesa dal reato, e fermi i dovuti obblighi di
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informazione ex lege all’A. G., particolare attenzione dovrà essere riservata
all’istruttoria preliminare e all’acquisizione del consenso informato da parte della
persona offesa.
§ 7. Le valutazioni dell’irregolarità della condotta indicative di pericolosità
penitenziaria.
Nel caso di condotta irregolare oggetto di pregressi rilievi disciplinari, la
Direzione dovrà valutare se la stessa sia indicativa di un pericolo per la sicurezza
e l’ordine pubblico. Nel caso di detenuti nei cui confronti siano stati redatti
rapporti disciplinari indicativi di rischi per lo svolgimento dei colloqui riservati
elevati negli ultimi sei mesi o nel caso di detenuti trasferiti per motivi di
sicurezza, l’autorizzazione al colloquio potrà avvenire decorso un periodo di
osservazione non inferiore a sei mesi, in ragione della gravità della condotta.
In ogni caso, l’autorizzazione al colloquio intimo potrà essere negata nell’ipotesi
di detenzione di sostanze stupefacenti e/o rinvenimento, ascritto al detenuto
richiedente, di cellulari, di oggetti atti ad offendere o il cui possesso non è
consentito, ovvero nell’ipotesi di partecipazione a disordini o condotte connotate
da atti di violenza fisica nonché di condotte in grado di incidere potenzialmente
sui rischi connessi ad un colloquio privo di controllo visivo.
Nel caso di autorizzazioni di competenza dell’Autorità giudiziaria dovranno
essere rappresentati alla stessa tutti gli elementi in possesso dell’amministrazione
funzionali alla valutazione della condotta intramuraria.
Infine, si raccomanda la particolare cura nella parte motivazionale dell’eventuale
provvedimento di diniego dell’istanza.
§ 8. Evidenze sanitarie del soggetto ammesso alla fruizione dei colloqui intimi
È in ogni caso esclusa la possibilità di effettuare colloqui intimi nelle ipotesi in
cui sia stato disposto l’isolamento sanitario ex articolo 11 O .P., limitatamente alla
durata dello stesso.
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§ 9. Tipologia di locali da destinare ai colloqui
Come riportato in premessa, la Corte costituzionale ha ben evidenziato altresì le
difficoltà organizzative e strutturali incidenti sull’esercizio del diritto. Sotto
quest’ultimo aspetto, per garantire un corretto svolgimento dei colloqui intimi, i
locali individuati dai Sigg. Provveditori, secondo le indicazioni di cui al § 4,
dovranno essere dotati di una camera arredata con un letto e con annessi servizi
igienici.
§ 10. Misure organizzative e gestione della sicurezza.
Sul fronte organizzativo è innegabile lo straordinario impegno che le SS.LL.
dovranno porre nell’individuare soluzioni in linea con quanto statuito dalla
Consulta. In particolare, posto che i colloqui intimi rientrano nell’alveo giuridico
dei colloqui ordinari ex artt. 18 O.P. e 37 R. E., e che pertanto essi dovranno avere
la durata massima di due ore, per la loro concreta attuazione si confermano le
consuete disposizioni, evidenziando, tuttavia, l’esigenza di video sorvegliare le
zone antistanti i locali destinati ai colloqui intimi ed i percorsi per raggiungere i
predetti locali. Di regola, si renderà necessario l’accompagnamento sia dei
familiari che dei detenuti.
Non potrà mai essere consentita la chiusura dall’interno della porta di accesso, di
guisa che i locali dovranno sempre ed inderogabilmente risultare accessibili al
personale di Polizia penitenziaria.
Il personale dovrà essere dotato di equipaggiamento tecnico per il controllo dei
detenuti e delle persone ammesse ai colloqui riservati, in modo da scongiurare
pericoli per l’incolumità dei detenuti e dei familiari, oltre che dell’ordine e della
sicurezza interni. Ove possibile si raccomanda di installare in ogni locale
destinato alla fruizione di colloqui un sistema di allarme sonoro che possa essere
azionato dagli occupanti, in caso di pericolo e consentire l’immediato intervento
della Polizia penitenziaria.
Fermo restando quanto previsto in tema di perquisizioni personali secondo il
combinato disposto di cui agli artt. 34 della legge 354/75 e 74 d.P.R. 230/00,
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qualora vi sia il fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona oggetti
non consentiti e potenzialmente lesivi per l’ordine e la sicurezza interni e per
l’incolumità del soggetto, si procederà a perquisizione personale ai sensi e nei
limiti di cui all’art. 274 c.p.p. Si procederà in ogni caso all’ispezione degli ambienti
prima e dopo l’incontro intimo.
§ 10.1 Ulteriori modalità organizzative.
La biancheria necessaria (asciugamani, lenzuola o altro) sarà portata al colloquio
direttamente dalle persone autorizzate al colloquio intimo e sottoposta a
controllo. Le pulizie, da effettuarsi al termine di ogni colloquio, e la sanificazione
ove necessaria, saranno svolte da un detenuto lavorante ammesso al regime ex
art. 21 O .P. interno, che non abbia quindi contatti con la restante popolazione
detenuta.
§ 11. Conclusioni.
Alla luce delle linee guida impartite, le SS.LL., nell’adottare gli opportuni
provvedimenti attuativi avranno cura di coinvolgere la competente Magistratura
di Sorveglianza, anch’essa chiamata dalla Corte ad “accompagnare una tappa
importante del percorso di inveramento del volto costituzionale della pena.”.
Consapevole dell’enorme compito che si è chiamati ad affrontare, ma anche delle
elevate professionalità di cui le SS. LL. sono portatrici, colgo l’occasione per