
Il Club dei parlamentari dell’SNSD alla Camera dei rappresentanti dell’Assemblea parlamentare della Bosnia-Erzegovina ha espresso forte preoccupazione per l’attività politica definita “distruttiva ed esclusiva” del gruppo politico noto come “troika”. Secondo quanto riportato in una dichiarazione ufficiale, queste azioni starebbero minando direttamente il dialogo politico, la stabilità e la sovranità delle istituzioni della BiH.
Il Club si è chiesto chi sia legittimato a determinare il funzionamento delle istituzioni giudiziarie del Paese e ha accusato la “troika” di esercitare pressioni politiche che impediscono un’azione indipendente della magistratura. “Secondo la loro visione della giustizia, alcuni sono colpevoli per ordine politico, mentre altri sono protetti per affiliazione politica”, si legge nella nota.
Il comunicato ha anche criticato le dichiarazioni della “troika” riguardo al passato bellico degli anni ’90, sostenendo che la verità storica appartiene a tutti i popoli della Bosnia-Erzegovina e non può essere monopolizzata da alcun partito politico.
I parlamentari dell’SNSD hanno poi condannato il silenzio della “troika” su crimini commessi contro i serbi e chiesto spiegazioni per l’aggressione subita da bambini serbi a Sarajevo, denunciando l’assenza di condanne ufficiali. “È questa la BiH europea che stanno costruendo?”, si domandano.
A sostegno del presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, il Club ha ribadito che egli è tra i pochi leader che difende l’accordo di Dayton e la rappresentanza legittima dei popoli costituenti, contrariamente alle azioni “unilaterali e illegittime” della “troika” e dell’Alto Rappresentante Christian Schmidt.
Infine, il Club accusa la “troika” di rifiutare il dialogo interno, preferendo affidarsi a direttive e pressioni straniere. “È tempo di porre fine al falso moralismo e all’agire politico, perché la gente vede e ricorda”, conclude il comunicato.
Nel frattempo, i partiti della “troika” hanno ribadito la loro posizione, dichiarando che non siederanno più al tavolo con chi “blocca le istituzioni, abusa dei fondi pubblici e minaccia il ritorno agli anni Novanta”, sottolineando di non riconoscere Milorad Dodik come interlocutore politico.