
(AGENPARL) – Fri 04 April 2025 *COMUNICATO STAMPA DEL 4 APRILE 2025*
*Le imprese pratesi e i dazi USA: gli effetti sul settore moda e sul
meccanotessile*
Il manifatturiero pratese non sfugge agli aggravi daziari imposti dagli
Stati Uniti: la moda e il meccanotessile, settori che caratterizzano
l’industria del territorio, sono investiti come gli altri da dazi che a
regime, a partire dal 9 aprile, aggiungeranno il 20% alle tariffe attuali e
nel frattempo, a partire da domani, saliranno come passaggio intermedio di
un +10%.
Nel caso del tessile, il quadro attuale è differenziato per le diverse
tipologie di prodotti: per citare degli esempi rappresentativi, i filati
cardati o pettinati a maggioranza lana subivano prima degli aumenti un
dazio del 6%, che andrà quindi al 26%; ben più pesante il risultato finale
dei tessuti cardati o pettinati a maggioranza lana, che già avevano un
dazio del 25% e che raggiungeranno quindi il 45%. Confezioni tessili come
le sciarpe arriveranno a seconda delle tipologie a dazi finali dal 22% al
31,7%. Molto differenziata la situazione per i capi di abbigliamento: si va
da tipologie che finora non erano gravate da nessun dazio e quindi
arriveranno “solo” al 20% ad altre che sfioreranno il 35%.
“Siamo preoccupati per il quadro che si va definendo via via che si
approfondiscono entità e modalità di applicazione dei nuovi dazi americani
– dichiara *Francesco Marini*, presidente della sezione Sistema moda di
Confindustria Toscana Nord -. Il quadro si fa anzi più fosco quando si
vanno a considerare i dazi che gli USA stanno imponendo a paesi
dell’estremo oriente che attualmente sono spesso destinatari delle commesse
dei brand americani: paesi quindi dai quali i brand stessi devono poi
importare i capi finiti. La Cina andrà a +34%, il Vietnam a +46%, la
Cambogia a +49%. Viceversa una nazione come la Turchia, forte nel tessile,
viene risparmiata, per motivi economici o politici, limitando i dazi al
10%: le nostre produzioni tessili, già penalizzate dal punto di vista della
competitività dai molti gap nazionali, rischiano di trovarsi in una
difficoltà ancora maggiore rispetto ai nostri concorrenti. Gli effetti
diretti, con il +20% inflitto all’Unione Europea, e indiretti di questa
situazione si faranno sentire: anzi, gli effetti indiretti rischiano di
essere ben più pesanti di quelli che si potrebbero ipotizzare sulla base
della quota di export tessile pratese diretto verso gli USA, che è intorno
al 6% per i tessuti e inferiore al 2% per i filati. Il deprezzamento del
dollaro sta già erodendo i nostri compensi: il rischio è ora che gli ordini
si riducano in conseguenza di una domanda americana verosimilmente
destinata a contrarsi. Gli stessi brand statunitensi sembrano non tutti in
consonanza con le politiche trumpiane: sono di ieri dichiarazioni
preoccupate della United States Fashion Industry Association che vede messi
in discussione flussi commerciali e rapporti di subfornitura consolidati.
Le strategie degli operatori americani della moda subiranno dei
cambiamenti, se non ci saranno passi indietro da parte della loro
amministrazione, e le nostre imprese dovranno rimanere ben attente a
cogliere opportunità e minimizzare i danni. Danni che vanno messi in conto:
uno studio IRPET reso noto in questi giorni calcola per la moda toscana,
dal tessile all’abbigliamento al calzaturiero, una contrazione del valore
aggiunto determinata dai dazi USA a quota -1,2%, corrispondente a quasi 74
milioni. Il compito che attende l’Unione Europea è molto complesso: dovrà
tenere una linea che non sia di acquiescenza ma che nello stesso tempo non
inneschi reazioni eccessive che peggiorino il quadro. Il rischio forse più
grave è infatti, anche per Prato, quello su scala globale, fra dazi USA e
dazi di reciprocità: il ristagno dei flussi commerciali, l’avvitamento
dell’economia internazionale e la contrazione del potere d’acquisto dei
consumatori.”
“Il mercato statunitense è fra i più importanti per il meccanotessile
pratese, con la sua quota del 17% sul totale delle nostre esportazioni –
aggiunge *Massimo Luchetti*, coordinatore del gruppo Meccanotessili della
sezione Metalmeccanica di Confindustria Toscana Nord -. Esportiamo verso
gli USA soprattutto macchinari per la produzione e il finissaggio dei
tessuti non tessuti, che vedono a Prato delle eccellenze riconosciute. I
dazi sulle macchine tessili erano finora a quota zero o al massimo, per
alcune tipologie, di pochi punti percentuali: passare ad almeno il 20%
rappresenterà un salto molto considerevole per un’industria tessile come
quella americana che deve le sue prestazioni anche, in gran parte, alle
nostre tecnologie. I dazi finora pressoché inesistenti avevano
evidentemente per gli USA proprio questo significato: riconoscere
l’importanza strategica dell’importazione di macchine che qualificavano il
tessile americano e anzi ne permettevano la stessa esistenza, data la non
rilevanza del meccanotessile locale. Evidentemente la volontà
dell’amministrazione Trump di promuovere lo sviluppo del manifatturiero
nazionale investe anche la metalmeccanica specializzata: ma le competenze
necessarie non si improvvisano, in nessun settore e in quelli ad alta
tecnologia a maggior ragione. E’ prevedibile che si creerà una frattura
temporale fra il momento in cui, fra pochi giorni, andranno a regime i
nuovi dazi e quello in cui la meccanica USA potrebbe essere in grado di
soddisfare le esigenze del tessile locale. Sempre che, come è auspicabile e
non irrealistico, non si verifichi da parte degli USA un passo indietro
rispetto a decisioni forse non abbastanza meditate. Un segnale potrebbe
essere costituito dall’atteggiamento diverso tenuto per i chip: resasi
evidentemente conto che caricarli di dazi avrebbe minato lo sviluppo
dell’intelligenza artificiale e in generale dell’elettronica nazionale,
l’amministrazione USA li ha tenuti fuori dagli aumenti, mentre nello stesso
tempo sta lavorando per promuovere la produzione locale di chip. Un lavoro
in parallelo che, dal punto di vista delle intenzioni di far crescere il
manifatturiero americano, ha un suo senso. In quel caso quindi è stata
colta la necessità di tenere conto del fattore tempo; per le macchine
tessili no, ma qualcosa potrebbe cambiare quando ci sarà evidenza dei
problemi che si apriranno per il tessile americano.”
*Allegate foto*
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