
(AGENPARL) – mar 04 febbraio 2025 Ufficio Stampa / Press Office
Risale a oltre centomila anni fa una delle eruzioni più significative in quest’area. A rivelarlo,
uno studio congiunto Cnr-Igag, Sapienza Università di Roma, Ingv e Università Aldo Moro di
Bari, pubblicato sulla rivista scientifica Communications Earth and Environment di Nature.
La conoscenza approfondita della storia eruttiva di questa regione potrà migliorare la
valutazione dei rischi vulcanici associati alla zona
[Roma, 4 febbraio 2025]
I Campi Flegrei sono un complesso vulcanico attivo, circondato da aree urbane ad
alto rischio. Tra i più studiati al mondo, la loro storia eruttiva è ben documentata
solo per gli ultimi 40.000 anni. Un nuovo studio rivela che 109.000 anni fa si
verificò un’eruzione di magnitudo simile all’Ignimbrite Campana, la più
grande eruzione dell’area mediterranea.
A ricostruire l’entità dell’eruzione, un team italiano di ricercatori dell’Istituto di
Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle
Ricerche (CNR-IGAG), della Sapienza Università di Roma, dell’Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università degli Studi di
Bari Aldo Moro. Lo studio “The Maddaloni/X-6 eruption stands out as one of
the major events during the Late Pleistocene at Campi Flegrei” è stato
pubblicato sulla rivista Communications Earth and Environment di Nature.
“Nell’area dei Campi Flegrei, le testimonianze geologiche dell’attività più antica
sono difficilmente accessibili perché giacciono in profondità nel sottosuolo, sotto
notevoli spessori di rocce vulcaniche più recenti”, spiegano Gianluca Sottili e
Giada Fernandez, della Sapienza Università di Roma. “La ricostruzione dell’intera
storia eruttiva di questo vulcano è tuttavia cruciale per evidenziare alcuni
parametri fondamentali per la definizione della sua pericolosità, quali la frequenza
e la magnitudo degli eventi eruttivi. A tal riguardo, le ceneri prodotte dalle grandi
eruzioni depositate in aree remote rispetto al vulcano, offrono la possibilità di
estendere molto indietro nel tempo lo studio della storia eruttiva di un vulcano,
consentendone una ricostruzione più completa”.
“Come le impronte digitali o il DNA distinguono i singoli individui, alcune proprietà
stratigrafiche, chimiche e cronologiche dei livelli di cenere rinvenuti nei sedimenti
marini o lacustri, anche a migliaia di chilometri dal vulcano, possono consentire agli
scienziati di identificare la sorgente vulcanica e, in alcuni casi, persino il singolo
evento eruttivo che le ha prodotte”, aggiunge Biagio Giaccio, del CNR-IGAG. “Più
precisamente, attraverso la datazione e l’analisi chimica dei micro-frammenti di
pomice, di cui è costituito il materiale vulcanico trasportato dal vento in aree
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CAMPI FLEGREI | Scoperta una delle eruzioni più potenti della loro
storia
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lontane, è possibile ricostruire l’area di dispersione della cenere di uno specifico
evento eruttivo”.
Attraverso questo approccio multidisciplinare, comunemente applicato ad
eruzioni recenti le cui tracce sono chiaramente documentate intorno al vulcano, i
ricercatori hanno ricostruito i principali parametri eruttivi di un’antica eruzione
Flegrea di 109.000 anni fa, denominata ‘Eruzione di Maddaloni’, pressoché
inaccessibile nell’area del vulcano ma ben documentata dalle ceneri depositate in
aree remote, note con la sigla ‘X-6’ e rinvenute in un’ampia area del Mediterraneo,
dall’Italia centrale fino alla Grecia.
“Sorprendentemente”, prosegue Antonio Costa, “i risultati della modellazione
hanno fornito una stima di magnitudo di 7.6, cioè di poco inferiore a quella della
famosa Ignimbrite Campana di circa 40.000 anni fa, definendo l’eruzione di
Maddaloni come il secondo più grande evento della storia eruttiva dei Campi
Flegrei”.
“Il fatto che questo sistema vulcanico abbia prodotto diverse grandi eruzioni nel
corso della sua storia suggerisce che la struttura della caldera, la depressione
vulcano-tettonica che si forma durante grandi eruzioni a seguito del rilascio di un
ingente volume di magma in superficie, potrebbe essere molto più complessa di
quanto ipotizzato finora”, sottolinea Jacopo Natale, dell’Università Aldo Moro di
Bari.
I risultati della ricerca gettano nuova luce sulla ricorrenza degli eventi di grande
magnitudo ai Campi Flegrei ed evidenziano come, anche per un vulcano
intensamente studiato, una dettagliata e completa ricostruzione della sua storia
necessiti di ulteriori indagini per una migliore valutazione della pericolosità
vulcanica.
Link allo studio
Seguono immagini
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“Con i dati già a nostra disposizione e tramite modelli di dispersione delle ceneri
vulcaniche, abbiamo potuto ricostruire la dinamica e la magnitudo dell’eruzione”,
prosegue Antonio Costa, dell’INGV. “Abbiamo così ottenuto le stime di alcuni
parametri fondamentali, come, ad esempio, il volume del magma eruttato e l’altezza
della colonna o nube, di cenere e gas”.
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Figura 1: Storia eruttiva semplificata dei Campi Flegrei (in alto a sinistra), mappa geologica (in
alto a destra), e siti di ritrovamento dei depositi dell’eruzione di Maddaloni/X-6 (in basso)
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Link utili:
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)
Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria (IGAG-CNR)
Sapienza Università di Roma
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Figura 2: Dispersione delle ceneri dell’eruzione flegrea di Maddaloni/X-6 di 109000 anni fa
(in basso) con foto delle sezioni stratigrafiche di alcune località di rinvenimento (in alto)
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