
(AGENPARL) – mar 10 dicembre 2024 Generation
Salento
IV Edizione
Next Generation Salento Experience
IV Edizione
1. Premessa
“Next Generation Salento Experience” è il progetto promosso anche quest’anno, per la IV Edizione,
da Confartigianato Imprese Lecce, con il patrocinio ed il contributo della Camera di Commercio,
Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce, pensato per rafforzare il dialogo tra il mondo dei
giovani e le piccole medie imprese salentine.
Quest’anno il questionario di misurazione dell’indagine rivolta alle scuole della Provincia di Lecce è
stato ampliato alle classi III degli Istituti di Istruzione Secondaria Superiore, perché il terzo anno è un
momento di passaggio significativo del percorso scolastico in cui è bene che gli studenti ricevano input
provenienti dal mondo professionale.
Del pari, anche il tessuto imprenditoriale è stato indagato attraverso la somministrazione di questionari.
2. Osservazioni
La ricerca che ci presenta il progetto “Next Generation Salento Experience”, giunto alla sua quarta edizione, è uno stimolante esercizio di comprensione della condizione dei giovani salentini che si trovano
“nel guado” fra due fasi della vita, cioè nella transizione fra l’esperienza scolastica e gli anni della “scoperta del mondo”, esperita talvolta nello studio universitario, altre volte immediatamente nell’attività di
lavoro.
Fra le suggestioni che ne emergono, alcune colpiscono in maniera particolare, non perché siano inattese,
ma perché riportano l’attenzione su questioni che – pur note da tempo – non sono affatto risolte e, forse,
non sono neanche interamente comprese. Provo a individuarne, qui – senza alcuna pretesa di completezza – soltanto tre.
La prima è la perdurante incomprensione che si registra fra futuri datori e futuri prestatori di
lavoro, in particolare quando si tratta delle competenze maturate nel sistema scolastico e in quello universitario. Da un lato, la statistica e le testimonianze di molti lavoratori ci dicono che l’Italia sconta un
problema di sovra-qualificazione della forza lavoro: le mansioni e le funzioni richieste dalle aziende
assai spesso non sono all’altezza delle competenze e delle credenziali formative ottenute dai giovani. In
questo senso, si può affermare che l’Italia «non è un paese per laureati» (Maestripieri e Ranci, 2016) e
che spesso delude anche i diplomati. I dati Ocse mostrano che il tasso di sovra-qualificazione dei lavoratori si aggira intorno al 20%, nonostante il Paese sia fra gli ultimi in Europa per percentuale di laureati
e abbia una quota impressionante di analfabetismo funzionale (28% secondo il Rapporto Ocse-Piaac
2016). Da un lato, dunque, c’è questo panorama che scoraggia molti futuri lavoratori (anche senza dire
dei trattamenti retributivi). Dall’altro lato, ovvero dal mondo delle imprese, proviene invece, sistematicamente, un segnale di insoddisfazione e talvolta di preoccupazione per la difficoltà di reperire manodopera qualificata per le esigenze della produzione, segnale registrato annualmente – forse con qualche
enfasi di troppo – dal Rapporto Excelsior di Unioncamere.
Di questo permanente conflitto di vedute troviamo tracce evidenti nella ricerca Next Generation Salento
Experience, che ci dà conto di una popolazione studentesca largamente persuasa di non avere a portata
di mano – cioè nel contesto locale, in quello regionale o perlomeno in Italia – un mercato del lavoro e
ambienti di lavoro sufficientemente evoluti, e quindi prospettive all’altezza delle aspirazioni. A fronte di
questa percezione quasi sdegnata che gli studenti esprimono rispetto al panorama occupazionale, quasi
il 90% delle imprese intervistate dice di ritenere poco o per niente adeguate alle necessità le competenze offerte dalla scuola e dalla formazione; e 2 su 3 dichiarano serie difficoltà nel reperire manodopera
adeguata.
La seconda grande questione, che in questa ricerca emerge fra le righe, è la crisi di “attrattività” dei
contesti non metropolitani, come il Salento. Il desiderio di cercare altrove la realizzazione delle proprie aspirazioni è largamente testimoniato dagli studenti intervistati, in particolare dai liceali. La motivazione non è sempre strettamente connessa al mercato del lavoro, ma spesso fa riferimento a un più
generale – forse anche vago – quadro di opportunità; e talvolta al desiderio di trovare un’offerta di formazione universitaria che si ritiene migliore di quella reperibile nel territorio. Questa tendenza è per certi
versi un retaggio di un contesto meridionale e peninsulare, appunto quello salentino, nel quale l’emigrazione giovanile è largamente considerata, soprattutto fra i ceti borghesi, parte integrante e necessaria
della crescita personale. Ma per altri versi appare anche frutto di una crescente “metrofilia”, ovvero della
convinzione socialmente strutturata che la storia e il futuro attraversino soltanto i contesti urbani ad alta
agglomerazione, quelli che vengono rappresentati come i luoghi dello “sviluppo competitivo”. Su questi, in effetti, si soffermano soprattutto il discorso sociale e l’attenzione dei mass-media, in una temperie
culturale largamente dominata dal principio della competitività come base della realizzazione personale
e anche dello sviluppo territoriale. Il Salento – benché certamente non sia un contesto metropolitano,
né un territorio capace di emergere in un quadro di accesa competitività globale – non è neanche un
contesto marginale. Piuttosto, è un contesto dell’“Italia di mezzo”, annoverabile cioè in quel vastissimo
e variegato insieme di contesti territoriali “ordinari”, in cui pure «si sono costruite tante e diverse storie
di sviluppo (industriale, agricolo, amministrativo e culturale), quasi sempre colte “in ritardo” dai saperi
forti» (Lanzani 2024, p. 15). Le potenzialità di questi contesti oggi sono meno chiare che mai, anche per
un deficit di conoscenza pubblica. Tuttavia, si può pensare che essi siano, per molti versi, spazi di realizzazione ideali – o almeno migliori di molti altri – per le generazioni giovani, proprio perché sono contesti «né troppo pieni, né troppo vuoti», né saturi di iniziative, né del tutto privi di risorse e di relazioni.
Che cosa manca, dunque, perché la consapevolezza di questa potenzialità emerga e si faccia strada,
illuminando traiettorie di futuro possibili? Su questo interrogativo porta la terza questione che mi pare
emergere dalla ricerca: la questione di quelle che possiamo definire, in senso lato, come le risorse istituzionali per l’azione sociale (ed economica). Una suggestione in questo senso viene dalle risposte
che i giovani studenti danno alla domanda “che cosa ti allontana dall’idea dell’autoimprenditorialità”?
La paura che emerge su tutte, qui, è di non avere risorse economiche sufficienti; la quale suggerisce
una condizione di incertezza economica che – se interpretata ragionevolmente – non segnala soltanto
una scarsa disponibilità economica personale nominale, ma è radicata nella sensazione di poter contare
soltanto sulla propria (debole) disponibilità economica, oggi incapace di sostenere anche soltanto una
prospettiva di dignitosa vivibilità. Anche un progetto autoimprenditoriale – sembrano suggerirci studentesse e studenti delle scuole salentine – non può basarsi sul mito del far tutto da soli, ovvero tutto sulla
base di risorse procurate a mezzo di reddito personale. L’azione economica – come ogni altra forma di
azione sociale – è fatta certamente di agency, cioè di una spinta individuale e di una capacità di aspirare,
magari anche sulla base di risorse economiche personali o familiari; ma è fatta anche, necessariamente,
di risorse istituzionali, ovvero di elementi che l’attore sociale dovrebbe poter trovare nello spazio sociale, a cominciare da quelle infrastrutture della vita quotidiana – servizi di welfare, reti distributive di
risorse essenziali, mobilità, spazi sociali – che offrono una base di benessere condiviso. Viceversa, in un
territorio reso fragile dalla rarefazione delle infrastrutture del benessere diventa più rischioso introdursi
in un percorso di autoimprenditorialità, e persino accettarlo in eredità dai genitori (e volerlo i genitori
tramandare) non è una scelta scontata.
Possiamo oggi immaginare un percorso per cercare risposte (non si dirà soluzioni) a queste grandi questioni? Credo che abbiamo più che mai bisogno di nuovi quadri di conoscenza e di buone politiche su
questi fondate. Sul piano della conoscenza, è urgente riconoscere chiaramente le specificità e le potenzialità dei contesti dell’“Italia di mezzo” (e in particolare di quelli del Mezzogiorno), ai quali abbiamo dedicato, negli ultimi vent’anni, pochi sforzi di comprensione (mal compensati da molti sforzi di
storytelling e patrimonializzazione per finalità di valorizzazione turistica, almeno in contesti come quello salentino). Ma – sul piano delle politiche e dei progetti – è urgente anche rimediare alle loro fragilità,
che si sono troppo aggravate in due decenni di austerità e di impoverimento istituzionale. Abbiamo dunque bisogno di progetti e politiche (non soltanto locali) cuciti sulle esigenze di questi contesti, mettendo
al centro l’obiettivo della vivibilità dei territori, base indispensabile della loro prosperità economica. Nel
novero di questi progetti e di queste politiche, naturalmente, sarà il caso di includere un’offerta di servizi
territoriali per le piccole imprese: innanzitutto per accompagnarle verso la transizione ecologica, che è
una chiave decisiva per interpretare il futuro di un contesto come quello salentino, e anche per aiutarle
a conoscere e ad accogliere le competenze offerte dal sistema scolastico e universitario. Sul piano della
formazione e della ricerca, questo nostro frammento di “Italia di mezzo” merita certamente investimenti
che attraggano una nuova “immigrazione di cervelli” e creino un robusto ecosistema della conoscenza.
Se nei prossimi anni vedremo qualche segnale di uscita dalla policrisi – che è appunto crisi economica,
crisi ambientale, crisi politica – sarà anche grazie a una capacità di irrobustire la vivibilità dei tanti contesti “ordinari” che fanno l’Italia e l’Europa, senza lasciarli scivolare nella spirale dell’impoverimento
e del risentimento.
Angelo Salento, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali – Università del Salento
3. Risultati dell’indagine nelle scuole
Pur avendo inviato la proposta di adesione al progetto a tutti gli istituti superiori del territorio provinciale, gli istituti scolastici che hanno dato la partnership al progetto sono:
• IISS “Amerigo Vespucci” – Gallipoli
• ISS “Don Tonino Bello”/Liceo Artistico “Nino Della Notte” – Tricase
• ISS “Fermi” – Lecce
• IISS “Leonardo Da Vinci” – Maglie
• Liceo “Pietro Colonna” – Galatina
Altri istituti hanno collaborato alla somministrazione dei questionari senza ufficializzare l’adesione al
progetto.
I questionari sono stati compilati da 966 studenti frequentanti le classi III, IV e V degli Istituti Superiori
della Provincia di Lecce.
Gli indirizzi scolastici predominanti degli studenti coinvolti riflettono i percorsi formativi di ciascun
istituto.
Più della metà degli studenti coinvolti intendono proseguire nel percorso formativo iscrivendosi all’università (57,3%), ma risulta alta anche la percentuale di chi ancora è indeciso (16,9%). A seguire, risultano interessanti anche i riscontri di chi intende cercare un lavoro come dipendente e di chi ha in mente di
avviare una propria attività imprenditoriale.
La partecipazione più significativa è stata riscontrata dagli studenti del “Liceo L.Da Vinci” di Maglie (44,8%) e dall’”IISS E.Fermi” di Lecce (37,9%), seguiti dall’”IISS Don Tonino Bello” di Tricase
(10,5%). A seguire gli altri istituti scolastici.
La riproposizione dal dato su quanto gli studenti siano convinti di dover lasciare il proprio territorio
per realizzare il proprio progetto di vita (72,3%) è persino in crescita rispetto alla stessa indagine dello
scorso anno, in cui la percentuale era del 70,6%.
In linea con lo scorso anno i dati che emergono dal quesito sui fattori di successo ritenuti importanti per un’impresa di successo. La sostenibilità ambientale continua ad essere il campo percepito come meno rilevante.
In crescita rispetto allo scorso anno (57,8%) anche il timore di “Non avere abbastanza risorse economiche” per avviare un percorso di impresa, con la percentuale in salita al 60,8%. Interessante anche la
percezione di “Burocrazia e controlli” come ostacolo all’avvio di impresa al 28,3%, in crescita rispetto al
20,7% dello scorso anno. Positivo il dato che emerge dal terzo ostacolo indicato nel quesito come “Non
conoscere il mercato”: l’anno scorso la conoscenza del mercato risultava essere un ostacolo per il 35,2%,
mentre il dato decresce quest’anno fino al 32,6%. In linea con le notizie veicolate dai mass media il dato
che descrive la difficoltà nel reperimento del personale: l’anno scorso risultava un ostacolo per il 16,6%
degli studenti, mentre quest’anno
Al quesito sull’autovalutazione delle competenze maturate a scuola, come nel 2023, gran parte degli
studenti assegnano un valore 3 alle proprie competenze, che risulta essere un giudizio medio in una scala
crescente da 1 a 5 che va da giudizio basso a giudizio alto.
In merito all’alternanza scuola-lavoro e all’orientamento, il dato è ribaltato rispetto allo scorso anno: nel
2023 il 60,1% degli studenti dichiarava di aver condotto esperienze di questo tipo, e invece quest’anno
solo il 40,3% risponde positivamente. Su questo dato potrebbe aver influito il coinvolgimento delle classi III nell’indagine di quest’anno, che invece nel 2023 erano escluse dall’indagine.
Tra le hard skills, lo scorso anno l’informatica e le competenze tecniche erano considerate ugualmente
importanti ed erano state scelte entrambe dal 43% circa. Quest’anno l’informatica raggiunge punteggi più elevati, con il 49,6%, distaccandosi di circa dieci punti percentuali dalle competenze tecniche.
Cresce anche la consapevolezza dell’importanza delle lingue, che passa dal 35% del 2023 al 46,2% del
2024. Importante il ruolo assegnato all’economia circolare: l’anno scorso era importante per il 10% degli
studenti, invece quest’anno lo è per il 17,8%.
Sulle soft skills preziose per affrontare il mondo del lavoro, il dato più significativo è, come lo scorso
anno, la necessità di lavorare sulla pianificazione e sull’organizzazione (64,7%). A seguire la capacità
di lavorare in team (52,5%), e il problem solving (52,8%). La fiducia in se stessi è rilevante solo per il
48,1% degli studenti, mentre lo scorso anno lo era per il 58,4%. Quest’anno la capacità di leadership è
rilevante per il 37,7% degli intervistati, mentre nel 2023 lo era solo per il 29% degli studenti. I risultati
delle altre soft skills sono in linea con lo scorso anno.
Sono in linea con il 2023 i dati sull’urgenza della transizione ecologica. L’anno scorso il 70,6% faceva
propria la seguente affermazione: “La Transizione Ecologica è un dovere, siamo già in ritardo sugli impegni necessari a rallentare il cambiamento climatico”. Quest’anno il dato ha una flessione in risalita, e
la transizione risulta un dovere per il 75,4%.
Nel 2023, il 30% circa degli studenti riteneva che “Non siamo pronti a un cambiamento così drastico,
bisogna riflettere meglio sugli impegni assunti per non danneggiare la nostra economia”. Quest’anno il
dato è in flessione al ribasso con il 23,1%.
Una minoranza di studenti che ha compilato l’opzione “Altro” ha spiegato che la transizione è un processo che devono portare avanti tutti i Paesi del mondo in modo sinergico, o rischia di essere uno sforzo
vano solo per alcuni.
Ancora sull’urgenza climatica, gli studenti, in una scala di valori crescente da 1 a 5, risultavano mediamente preoccupati. Il dato si ripropone quest’anno senza variazioni significative.
4. Risultati dell’indagine nelle imprese
Le risposte al questionario di “Next Generation Salento Experience” sono state compilate da 24 imprese, afferenti al mondo dell’Artigianato Artistico (33,3%), a quello dei Servizi e del Benessere alla
Persona (25%), seguite dal mondo della Manifattura, dell’Alimentare e altro.
Sul proprio ruolo in merito ai temi ambientali, gli studenti l’anno scorso hanno scelto per il 53% circa
“Cerco di fare la mia piccola parte in famiglia e a scuola”, che quest’anno registra una flessione positiva fino al 61%. Nel 2023 il 35% degli studenti dichiarava che “Bisogna attivarsi per il cambiamento,
coinvolgendo tutte le persone intorno a noi”, mentre quest’anno è questo il pensiero solo per il 30,1%
degli studenti. Invariato il riscontro sull’affermazione “È tutto inutile, le cose possono cambiare solo
dall’alto”, che si attesta intorno al 6%. Tutte le altre risposte aperte riflettono il timore degli studenti che
i singoli siano per lo più impotenti.
Più del 60% delle risposte proviene da aziende che contano tra 1 e 5 dipendenti, a seguire da circa il
17% di aziende con un numero compreso tra 6 e 10 dipendenti. Solo l’8,3% ha un numero di dipendenti
superiori, e invece il 12,5% non ha nessun dipendente.
Il 50% delle imprese non ha alcun collaboratore, e gli altri dati riflettono i numeri del personale dipendente.
Più della metà delle imprese coinvolte registra un fatturato compreso tra i 100.000 e i 500.000 euro.
Ugualmente coinvolte aziende con fatturati inferiori compresi tra 0 e 30.000 euro, e aziende più strutturate con fatturati oltre i 500.000 euro.
I dati sulle mansioni del personale assunto non registrano grandi variazioni rispetto all’indagine dello
scorso anno.
Sui mercati di riferimento in cui è presente l’impresa, è significativo un dato diverso rispetto allo scorso anno, cioè il mercato regionale: l’anno scorso ci lavorava solo il 28% circa delle imprese, mentre
quest’anno il dato registra una flessione al rialzo fino al 50%. Il mercato internazionale nel 2023 era
target di circa 8% delle imprese coinvolte, mentre quest’anno il dato cresce fino al 16,7%.
Nel 2023 le esportazioni incidevano meno del 10% sul fatturato del 75% delle imprese intervistate.
Quest’anno la percentuale scende al 75%. Di contro, l’anno scorso per nessuna tra le aziende coinvolte
le esportazioni incidevano oltre il 50% sul fatturato, e invece quest’anno è la situazione di più dell’8%
delle imprese.
Sull’autovalutazione delle proprie competenze in ambito digitale, rispetto allo scorso anno, si evidenzia