A ben vedere dalla elezione di Donald Trump si possono trarre principalmente due considerazioni.
La prima è che il compianto Silvio Berlusconi, trent’anni fa, aveva fatto della vera scuola politica.
E la seconda che ha finito per vincere chi ha saputo meglio cogliere e pure interpretare la “pancia” degli elettori USA.
Per quanto riguarda il primo aspetto il neo Presidente ha colpito i veri bisogni di un Paese che ancora soffre per una ripresa economica mancata più volte dal 2020 in poi.
Vuoi per la recessione perdurante, vuoi per il COVID, vuoi per l’invadente modello cinese, vuoi per la crisi energetica, vuoi per la scarsa identità del dollaro, vuoi…, fatto sta che gli USA di oggi non sono più quel “dominus” per il mondo intero che erano fino a due lustri fa. Anzi, stentano assai a mantenere la posizione che avevano.
Donald Trump è stato concepito quale speranza su di un futuro migliore.
Ci riuscirà?
Aspettiamo che si metta al lavoro prima di trarre un giudizio, ché sennò sarebbe un illiberale pre-giudizio.
In secondo luogo va detto chiaramente che gli USA veri non sono rappresentati tanto dalle due fasce costiere (East & West) -ci sono anche queste, è vero-, ma sono soprattutto le genti che vivono nel resto del Paese: quella del tutto impressionante fascia rossa che abbiamo notato dalle TV e dai giornali.
Ecco, Kamala Harris si è concentrata più su tutti coloro che hanno già il pranzo e la cena serviti e si occupano di “diritti”.
Invece Trump si è dedicato più nel voler dare nuove prospettive e speranze occupazionali a coloro che stentano ancora a ripartire.
In più, non è stata una competizione tra vecchi partiti democratico e repubblicano: ma tra un uomo che parla di “pancia” e di prospettive future (con Elon Musk) e una donna concentrata principalmente sul tema dei “diritti”.
Il fatto che abbia vinto il primo non ci deve affatto stupire.