James Manyika, vicepresidente senior di Google per la ricerca, la tecnologia e la società, ha recentemente sollevato dubbi sull’automatica traduzione delle innovazioni dell’intelligenza artificiale (IA) in guadagni di produttività economica. In un’intervista con il Financial Times, Manyika ha spiegato che, sebbene i progressi tecnologici dell’IA stiano arrivando rapidamente, il loro impatto positivo sull’economia richiederà un impegno significativo in termini di lavoro, innovazione e investimenti. Le aspettative che grandi aziende tecnologiche hanno riposto nell’IA, come strumento per rivoluzionare il mondo del lavoro, non sono garantite senza un adeguato sviluppo.
Manyika ha sottolineato che nonostante i rapidi progressi, in particolare con i trasformatori e i grandi modelli linguistici (LLM) che alimentano prodotti come Google Translate e il chatbot Gemini, l’IA non viene ancora vista come un vero strumento produttivo in molti ambiti. La sua adozione è perlopiù confinata ad applicazioni divertenti e consumer, piuttosto che come una tecnologia capace di trasformare radicalmente settori fondamentali come l’assistenza sanitaria o la vendita al dettaglio.
Secondo Manyika, il solo uso dell’IA nella scrittura di codice software non porterà a guadagni di produttività significativi. “Il settore tecnologico rappresenta solo circa il 4% della forza lavoro degli Stati Uniti”, ha osservato, suggerendo che l’IA dovrà essere adottata in modo più ampio e profondo nei settori più grandi, dove può assistere, e non necessariamente sostituire, professionisti come infermieri, medici e insegnanti.
Le previsioni di crescita economica legate all’IA, quantificate da enti come McKinsey e Goldman Sachs in potenziali trilioni di dollari, non si materializzeranno automaticamente, ha avvertito Manyika. “Ci vorranno molte azioni, innovazioni, investimenti, persino politiche abilitanti”, ha affermato, aggiungendo che il semplice progresso tecnologico non sarà sufficiente. Questi guadagni richiederanno un impegno collettivo, da parte delle aziende e dei governi, per creare un contesto favorevole all’adozione su larga scala dell’IA.
In particolare, Manyika ha evidenziato un rischio rilevante: il possibile incentivo per i dirigenti a usare l’IA come strumento per ridurre i costi, piuttosto che per aumentare la produttività complessiva. “Non si vince tagliando i costi”, ha detto, facendo un esempio con gli studi legali, “si vince creando output più preziosi”. Questo, secondo Manyika, sarà il criterio che distinguerà le aziende e i settori che sapranno realmente sfruttare il potenziale dell’IA per innovare e crescere.
Oltre alle opportunità, Manyika ha riconosciuto i rischi associati all’introduzione accelerata di prodotti basati sull’IA. Google ha a lungo discusso internamente su quali tecnologie rilasciare e quali trattenere, specialmente considerando le potenziali implicazioni etiche e sociali. “Metà delle volte, le persone pensano che non dovremmo rilasciare nulla. Metà delle volte, le persone pensano che siamo troppo lenti”, ha affermato, sottolineando che Google cerca di trovare un equilibrio tra innovazione e prudenza.
Un esempio chiave citato da Manyika è la decisione di Google di non rilasciare la tecnologia di riconoscimento facciale. “Quando sono entrato in azienda, aveva già scelto di non rilasciare questa tecnologia”, ha spiegato, segno che l’azienda è consapevole delle responsabilità legate all’uso di tecnologie che possono avere conseguenze sociali e politiche significative.
L’intelligenza artificiale è senza dubbio una delle tecnologie più promettenti degli ultimi decenni, ma secondo James Manyika i guadagni di produttività che tutti si aspettano non arriveranno automaticamente. Sarà necessaria una combinazione di innovazione tecnologica, adattamento settoriale e investimenti strategici, con un occhio attento alle sfide etiche e ai rischi di una sostituzione indiscriminata dei lavoratori.