La recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. I, 29 maggio 2024, n. 15010) si inserisce in un consolidato orientamento giurisprudenziale volto a chiarire i requisiti necessari per la legittimazione processuale di una cessionaria di crediti. In particolare, la pronuncia ribadisce la distinzione tra la notificazione della cessione tramite avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale e la prova effettiva dell’avvenuta cessione del credito e della sua inclusione nel blocco ceduto.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il soggetto che proponga impugnazione oppure vi resista in qualità di successore, sia a titolo universale sia particolare, di una delle parti nel precedente grado o fase di giudizio, deve non solo allegare la propria legittimazione ad causam, ma anche fornire la prova delle circostanze che legittimano la sua successione nel processo ai sensi degli articoli 110 e 111 c.p.c. . La mancanza di tale prova, infatti, è rilevabile d’ufficio in quanto incide sulla regolare instaurazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione.
Nella fattispecie esaminata, la cessionaria aveva dichiarato di essere subentrata nella titolarità del credito di cui si discuteva e, per giustificare la propria legittimazione ad intervenire, aveva depositato l’avviso di cessione di crediti pro soluto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, considerandolo idoneo a dimostrare l’avvenuta cessione ai sensi degli articoli 1 e 4 della legge n. 130/1999 e dell’articolo 58 TUB.
Tuttavia, la Corte ha evidenziato come tale documentazione si limitasse a dimostrare la “notificazione” della cessione al debitore ceduto, necessaria ai fini dell’efficacia della cessione stessa nei confronti di quest’ultimo. Questo tipo di notificazione serve a escludere il carattere liberatorio di eventuali pagamenti effettuati dal debitore in favore del cedente, ma non costituisce prova dell’effettiva stipulazione del contratto di cessione né del concreto trasferimento della titolarità del credito.
La cessionaria avrebbe dovuto fornire adeguata dimostrazione del contratto di cessione dei crediti, prova che non è stata fornita. La documentazione prodotta, infatti, era inidonea a dimostrare il trasferimento della titolarità del credito e, pertanto, la legittimazione sostanziale ad esigerlo. Questa mancanza è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità e non è stata colmata da condotte processuali dei ricorrenti che potessero implicare un riconoscimento della legittimazione della cessionaria. Al contrario, i ricorrenti avevano contestato espressamente tale legittimazione, sottolineando l’assenza di prova del contratto di cessione.
La Corte di Cassazione ha pertanto dichiarato inammissibile l’intervento della cessionaria, mancando la concreta dimostrazione della cessione del credito e della titolarità del rapporto controverso in capo alla stessa. Neppure il controricorso della cessionaria ha offerto elementi utili per verificare l’esistenza di una prova presuntiva della cessione e dell’inclusione del credito specifico nel blocco ceduto.
Questa pronuncia sottolinea l’importanza per la cessionaria di fornire una prova completa e adeguata della cessione del credito, non limitandosi alla sola notificazione tramite pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La distinzione tra notificazione e prova della cessione effettiva è cruciale per assicurare la regolare instaurazione del contraddittorio e la legittimazione processuale delle parti subentranti nel processo.