
[lid] Come è noto il nuovo Codice dei contratti pubblici, Dlgs 36/2023, conserva alcune disposizioni relative alla causa di esclusione, in origine facoltativa, disposta nel caso in cui un operatore sia incorso in gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi di pagamento relativi a imposte e tasse o contributi previdenziali.
Le violazioni fiscali non definitive rilevano come cause di esclusione dalle gare pubbliche solo se di ammontare almeno pari al 10% del valore dell’appalto (e comunque mai sotto i 35.000 euro) e solo se, decorsi i termini per il pagamento, l’atto d’accertamento sia stato impugnato.
In definitiva, dal 1° luglio 2023, stante il regime transitorio, occorrerà interpretare le cause di esclusione, e a maggior ragione quelle di tipo facoltativo, alla luce del principio cardine del risultato, codificato all’art. 1 del nuovo Codice, secondo il quale esso “costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”.
Tuttavia, pensando alla fase dell’esecuzione del contratto, il risultato è assicurato solo qualora lo stesso venga portato a termine, mentre un operatore economico gravato da molteplici debiti tributari, potrebbe portare ad una risoluzione anticipata del contratto per inadempimento. Ciò potrebbe condurre la Stazione appaltante ad applicare una lettura più ampia delle cause di esclusione anche alla luce del principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice.
Questa categoria di violazioni è stata inizialmente introdotta, nell’impianto codicistico di cui al D. Lgs. n. 50/2016, dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76, che aveva inserito nel corpo dell’art. 80, comma 4, la possibilità, per le stazioni appaltanti, di escludere un operatore da una gara nel caso in cui questi non avesse “ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione”.
Successivamente è intervenuto l’art. 10, L. 23 dicembre 2021, n. 238 che ha modificato tale previsione, precisando che le “gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale”, rilevanti ai fini dell’eventuale esclusione, sarebbero state individuate da un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (7) il quale avrebbe indicato i limiti e le condizioni per l’operatività della causa di esclusione precisando che “la rilevanza delle violazioni predette avrebbe dovuto essere correlata al valore dell’appalto concernendo, comunque, violazioni di importo non inferiore a 35.000 euro. Il decreto del MEF è stato emanato il 28 settembre scorso.
Tuttavia nel frattempo, il nuovo Codice ne prevede formalmente l’abrogazione, pur recependone i contenuti.
L’articolo 3 reca l’indicazione di una soglia di gravità dell’importo di imposte o tasse notificato, al netto di interessi e sanzioni, fissata in termini proporzionali al 10% del valore dell’appalto. Al di sotto di tale misura, la violazione non si considera grave e, quindi, rilevante al fine di determinare l’esclusione dell’operatore.
In ogni caso, non sono rilevanti violazioni inferiori a 35.000 euro.
Quanti aziende italiane saranno escluse e non potranno partecipare alle gare del PNRR a vantaggio di altre società europee e non?
Forse sarebbe il caso che il Governo determini una nuova soglia di esclusione commisurata al valore dell’appalto, con un limite minimo che superi quello fissato a 35.000 euro.
Urge un provvedimento in modo tale che si tutelino le aziende nostrane dalla concorrenza esterna che è molto più agguerrita e che soprattutto non paga le tasse in Italia.
Chiedo per un amico….