[lid] È il 27 giugno, una serata tiepida e ventosa, siamo a Kramatorsk e questa sera il Ria Pizza, un ristorante popolare in centro, è particolarmente affollato . La gente ride e parla, alcuni volti sono conosciuti: giornalisti, militari e operatori sanitari. Ci sono degli stranieri e anche dei ragazzi.
È sempre il 27 giugno, sono passate poche ore, e la gente non ride più e non parla più, la gente urla, piange, corre, fugge e c’è chi invece non respira. Un attacco terroristico: due missili russi hanno colpito il tetto del ristorante.
È il 28 giugno, è passato un giorno. Oggi i morti ammontano a 13 e i feriti oltre 60. Non sono numeri che fanno scalpore in un periodo di guerra, è vero. Ma quei ragazzi non ridono più, quei giornalisti colombiani non abbracceranno i loro famigliari e un ragazzo di 12 anni non avrà più nessuno da chiamare mamma perché tra quei corpi c’era quello della scrittrice Victoria Amelina, considerata una delle voci più significative della giovane letteratura ucraina.
È il 4 luglio, è il funerale di Victoria a Kiev. Sulla foto il viso giovane e i capelli biondi, sorride ancora e posso dire che ha un motivo per farlo. Dopo l’inizio del conflitto si è dedicata con sacrificio e coraggio alla documentazione dei crimini di guerra russi, i morti non erano solo un numero ma persone con una storia da raccontare e quelle macerie un tempo rendevano l’Ucraina un bel paese. Cercava di dare voce e forma ad un movimento della storia più grande di lei. Era consapevole di quanto potere avessero le parole se scelte con cura, di quanto un volto facesse la differenza, di quanta gente morisse tutti i giorni sul fronte e sopratutto dei rischi che corresse. Adesso sorride perché sa che le sue parole non sono state indifferenti. Aveva diritto di pensiero e di parola, aveva diritto alla libertà e non ha permesso ha nessuno di togliergliela.
È il 13 settembre Ursula von Der Leuyen, presidente della commissione dell’Ue, le ha reso omaggio, dandole se si può dire il ruolo di martire non solo della sua Ucraina ma della nostra Europa unita. Questa Europa che forse si capisce molto meglio da lì, guardandola con gli occhi sfiniti e un animo sofferente di chi ne difende il confine invece che con i nostri, spesso velati di insoddisfazione ed egoismo. Nessuno sceglierebbe di morire per diventare un simbolo. Victoria Amelina chiamava l’Europa casa sostenendo che senza il sostegno emotivo non ci sarebbe stata la speranza e una diversa possibilità di scelta. Nonostante ciò ha preso comunque la decisone di tornare in Ucraina. È la stessa decisione che compiono quotidianamente migliaia di donne come lei, restando, migliaia di ragazzi e uomini che vanno sul fronte sapendo che non c’è una via di ritorno, con la consapevolezza che un sorriso ti cambia la giornata e che forse potrebbe essere l’ultima.
E allora mi chiedo perché è morta Victoria? Ha solo dato voce e lasciato impresso su carta numeri ed eventi che da un anno e mezzo sono noti a tutti, solamente accendendo il telefono o sfogliando il giornale, eppure basta qualche chilometro di distanza per chiudere un occhio e dire che è una guerra che non ci riguarda, che è una morte che non ci riguarda e anche questa è una giornata come le altre.
Victoria invece non ha avuto paura di puntare il dito verso il nemico, non ha avuto paura di fare nomi e probabilmente non ha avuto paura di morire. Ha solo fatto ricorso al diritto di parola.
Il diritto di parola riveste un’importanza fondamentale durante un conflitto storico- sociale. La gente spesso trovano difficile esprimere liberamente le proprie opinioni o critiche nei confronti delle autorità o delle ideologie dominanti. Il diritto di parola permette alle voci dissenzienti di farsi sentire, questo favorisce il dibattito pubblico, la pluralità di opinioni e la possibilità di trovare soluzioni pacifiche a problemi già esistenti. Inoltre, il diritto di parola è essenziale per parlare di ingiustizie, abusi e violazioni dei diritti umani durante una guerra. Attraverso la libera espressione delle proprie esperienze, le persone possono attirare l’attenzione nazionale e internazionale spingendo all’azione e alla giustizia, o semplicemente chiedendo aiuto, proprio come ha fatto Victoria, dando in cambio la vita soltanto perché il 24 febbraio del 2022 la Russia ha dichiarato guerra all’Ucraina, un paese libero e indipendente.
Iuliia Vetukhova, alunna del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma