
(AGENPARL) – ven 15 settembre 2023 Prot. n.______ Federico Marini
IMPRESE DELLA CULTURA – In Sardegna sono 5mila le realtà
culturali e creative: 15mila gli occupati diretti ma l’Isola è all’ultimo posto
nella graduatoria nazionale come numero di attività. Bassa anche l’incidenza
sull’economia regionale. Maria Amelia Lai (Presidente Confartigianato
Sardegna): “Valorizzare il settore per dare valore a quel sistema di imprese che
investono, crescono e producono reddito”.
Associazioni Sono 5mila le imprese culturali e creative che operano in Sardegna, e che
Territoriali offrono lavoro, in maniera diretta, a più di 15mila persone. Si occupano di
Sud Sardegna
architettura e design, comunicazione, audiovisivo e musica, creazione di videogiochi e
Cagliari software, editoria e stampa, performing arts e arti visive e tutela e valorizzazione del
Via Riva Villasanta 241
Sono questi i numeri che emergono dall’analisi realizzata dall’Ufficio Studi di
Oristano
Via Campanelli, 41 Confartigianato Imprese Sardegna, su dati UnionCamere-Tagliacarne 2022, sulle
Nuoro L’Isola, secondo la graduatoria, occupa il quint’ultimo posto nazionale come
Via Brig.Sassari, 37 numero assoluto di attività: al primo posto la Lombardia con 58mila mentre all’ultimo
la Valle d’Aosta con 548, per un totale di 275mila in tutta Italia. Per quanto riguarda
Sassari l’incidenza sull’economia, le realtà sarde occupano l’ultimo posto con il 2,9% sul
Via Alghero, 30
6,6%, per una media nazionale del 4,5%.
Gallura Olbia
Via Sangallo 67 “In un momento in cui il Sardegna, come tutto il resto del Mondo, affronta sfide
creatività – commenta Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Imprese
Sardegna – per questo abbiamo il dovere di sostenere e promuovere la loro crescita,
riconoscendo il loro ruolo essenziale nella costruzione di società più prosperose, creative
e inclusive. Di certo non ci fa onore essere all’ultimo posto come numero totale di
attività e nelle retrovie nazionali come incidenza nell’economia regionale per questo
dobbiamo sostenere questo settore”. “Le imprese della cultura e della creatività –
prosegue Maria Amelia Lai – abbracciano una vasta gamma di settori, tra cui le arti, il
design, la musica, il cinema, la letteratura, l’architettura e molto altro ancora. Queste
imprese sono le guardiane delle nostre tradizioni culturali, ma anche i motori
dell’innovazione, poiché mescolano il passato con il presente per creare il futuro. Sono
fucine di idee e soluzioni creative che sfidano il pensiero convenzionale e ci spingono a
vedere il mondo sotto una luce diversa. Ricordiamo che questo settore ha dimostrato di
essere attrattivo soprattutto per i giovani e per le donne”.
Dall’analisi emerge come in Sardegna siano le donne e i giovani a puntare
maggiormente sulla cultura per fare business: sul totale delle imprese culturali esistenti
nell’Isola 1 su 4 (il 24,5%) è femminile mentre 1 su 10 (10,2%) è guidata da giovani di
Confartigianato Imprese Sardegna
meno di 35 anni di età. In entrambi i casi il “peso” percentuale di donne e giovani è
maggiore rispetto al totale delle aziende, in cui le imprese femminili sono il 22,2% e
quelle giovanili l’8,7%. Hanno invece un’incidenza minore, ma comunque non
trascurabile, le imprese condotte da stranieri, che costituiscono il 5,6% del totale delle
imprese culturali e creative (a fronte del 10,8% complessivo).
A livello nazionale, è buono il ritmo di crescita delle imprese culturali nel 2022:
+1,85% rispetto al 2021. Interessante anche quello delle imprese giovanili: +2,84% con
quasi 600 imprese in più. Cresce anche la partecipazione degli stranieri (+2,04) mentre
inferiore alla media è l’aumento delle imprese femminili (+1,19%).
“Solo riaffermando il valore, anche economico, della cultura e della creatività
quali risorse preziose di società ricche e dinamiche – conclude la Presidente – possiamo
sostenere un sistema di imprese che investono, crescono e producono reddito. Per questo,
con sostegni mirati è necessario far sì che queste realtà, con la loro attività, possano
avere una ricaduta importante sull’economia della Sardegna”.
La crescita dell’industria culturale italiana
Considerando il totale delle 275mila aziende del settore culturale censite a fine
2022, le imprese di architettura e design e le attività di valorizzazione del patrimonio
storico e artistico hanno consolidato la dinamica di crescita facendo registrare gli
incrementi più significativi (rispettivamente +5,8% e +4,3% rispetto al 2021); crescono
anche i comparti videogiochi e software (+2,5%) e comunicazione (+2,0%). Minore è la
crescita delle performing arts e arti visive (+0,6%), mentre rimane stabile la numerosità
delle imprese che operano nel sotto-settore dell’audiovisivo e musica. L’unico comparto
ad aver perso smalto è quello dell’editoria che registra un -2,7% nel 2022 rispetto al 2021
(-7,6% rispetto al 2019).
Tra le imprese culturali, comunque, la parte da leone è giocata dall’architettura e
dal design (87.836 integrando anche i liberi professionisti, il 31,9% del totale) e
dall’editoria e stampa (62.786, il 22,8%). Anche il segmento della comunicazione
racchiude un numero non trascurabile di imprese (42.611, il 15,5%). Il comparto
videogiochi e software, invece, conta circa 34mila imprese (il 12,4% del totale), poco più
delle performing art e arti visive (circa 31 mila, l’11,2%). Seguono le 15.853 attività
dell’audiovisivo e musica (il 5,8%) e, molto ben distanziate, le circa 1.200 imprese che si
occupano della gestione del patrimonio storico-artistico, pari allo 0,4% delle imprese
culturali italiane.
La maggior parte delle imprese culturali e creative ha sede del Nord-Ovest (il
31,5%) e nel Mezzogiorno (il 25,5%); meno numerose sono, invece, le imprese con sede
nelle regioni del Centro (il 23,2%) e in quelle del Nord-Est (il 19,8%). Di fatto, oltre un
terzo delle imprese culturali e creative si trova all’interno della Lombardia (dove è
localizzato il 21,3% delle imprese totali) e del Lazio (il 12,4% del totale). Questa
concentrazione è chiaramente legata alla presenza di grandi agglomerati urbani come
Milano e Roma, con le loro numerose attività legate ai servizi avanzati, al patrimonio
storico e artistico, agli spettacoli culturali, al turismo. Discorso analogo vale anche per
regioni come il Veneto (che segue in terza posizione con l’8,4% delle imprese totali), la
Campania (l’8,0%), l’Emilia-Romagna (il 7,6%) e il Piemonte (7,5%) che “sfruttano” il
Confartigianato Imprese Sardegna
richiamo della cultura e dell’arte esercitato da città come Venezia, Napoli, Bologna e
Torino.
All’interno dei comuni con più di 500mila abitanti si registrano 7,2 imprese
culturali ogni 100 imprese registrate; tale incidenza risulta essere pari a 7,3 nei comuni
con un numero di abitanti compreso tra i 250-499 mila e a 5,6 all’interno dei comuni con
un numero di abitanti compresi tra 100-299 mila. Ma quando le città di medie dimensioni
diventano il centro delle produzioni del Made in Italy, la concentrazione di attività
culturali e creative diventa consistente. L’incidenza delle attività culturali nelle città con
un numero di abitanti compreso tra 20-59.999 abitanti è del 4,3%, nei comuni con un
numero di abitanti compreso tra 60-99.999 è del 4,8%. L’incidenza delle imprese
culturali diminuisce gradualmente al ridursi della dimensione dei comuni e raggiunge un
peso pari all’1,9% nel caso dei comuni con meno di mille abitanti (dove predominano le
attività di architettura e design e quelle legate alla gestione del patrimonio storico
artistico) e 2,7% nel caso dei comuni con un numero di abitanti compreso tra i mille e
5mila.
Ad ogni dimensione la propria caratterizzazione.
I comuni con meno di mille abitanti, ad esempio, mostrano una forte
concentrazione di professioni legate all’architettura, con una percentuale del 29,1%, che
supera di 5 punti percentuali l’incidenza media nazionale. I comuni con un numero di
abitanti tra 1.000-4.999 primeggiano invece nei comparti dell’editoria e stampa, con il
25,5% delle imprese del settore (a fronte di un dato medio del 22,8%), e nelle performing
arts e arti visive, con il 12,2% (11,2% la media nazionale). Più diffuse nei grandi centri
sono, invece, le attività di comunicazione (19,7% vs il 15,5% medio nazionale),
videogiochi e software (14,4% vs 12,4% medio nazionale) e audiovisivo e musica (8,7 vs
5,8% medio nazionale).
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