(AGENPARL) – gio 03 agosto 2023 *AL PARCO DELLA GRANCIA SABATO VALENTINO ROMANO, AUTORE DEL LIBRO
“PROCESSO A CROCCO, GENERALE DEI BRIGANTI”*
Nuovo appuntamento con la cultura al Parco della Grancia a Brindisi
Montagna. Sabato alle 17.30, ospite sarà Valentino Romano, celebre storico
del brigantaggio postunitario, con il suo libro “Processo a Crocco,
generale dei briganti” . Nicola Manfredelli, presidente del consorzio
Eccellenze Turistiche Italiane, dialogherà con l’autore. Nel saggio, edito
da Capone di Lecce, Romano ha indagato le carte processuali, depositate
presso l’Archivio di Stato di Potenza, e le ha confrontate con le cronache
del «Risorgimento lucano», una gazzetta che nell’epoca in cui non c’erano
radio, televisioni e social diffondeva le cronache di vita nazionale e non
mancò di pubblicare giornalmente la cronaca del processo al generale dei
briganti, celebratosi a Potenza nel tribunale, il cui palazzo s’affaccia
sulla centralissima piazza Pagano. Dove Carmine Crocco arrivò in carrozza,
scortato da carabinieri e guardie regie, come si conviene ad un generale
ancorchè prigioniero. Un riguardo che aveva il suo perché e Valentino
Romano ne svela le motivazioni. Pagine godibili, quelle di Romano, anche
perché la scrittura dell’autore è fluida e non si perde in arzigogolii di
maniera. Carmine Crocco Donatelli, pecoraio di Rionero in Vulture,
compaesano di Giustino Fortunato e della sua fortunatissima famiglia, una
di quelle famiglie che non hanno mai naufragato nei marosi della nostra
storia, è descritto nella sua carica di intelligentissimo uomo di campo, di
lesto uomo di mano, di furbo combattente più per se stesso e per i suoi
interessi che per cause di legittimismo dinastico o di costruzione di
nazioni. Crocco non era uno stinco di santo. Nemmeno un eroe. Fu un uomo,
che seppe galleggiare nel fango di anni convulsi della storia d’Europa. Se
tenne in scacco la metà dell’esercito italiano e per quattro lunghi anni,
vuol dire che non era un uomo da poco. Se non concluse la sua vita davanti
ad un plotone d’esecuzione o penzolando da una corda, o lasciando la testa
sul ceppo e poi infilzata su una picca e mostrata come trofeo da
soldataglie comandate da ufficiali, che furono i padri di una tradizione
disonorevole delle armi italiane, che non disdegnarono mai di fare del
saccheggio, della rappresaglia, della strage i simboli connotativi del loro
passaggio in due dei cinque continenti del globo, vuol dire che aveva
un’intelligenza, trasformata nella sua migliore delle corazze. Fu un uomo
dal concetto di lealtà molto elastico. Combattè col Borbone, combattè con
Garibaldi, combattè con Borjes, l’unico comandante che credeva di battersi
per la causa di Casa di Borbone, poi abbandonato ad un plotone d’esecuzione
di bersaglieri, rubò a chi era ricco ma non distribuiva ai poveri.
Valentino Romano documenta il tutto, spogliando, come s’è detto, d’ogni
retorica un uomo enigmatico. Il cui più grande enigma fu espresso dalla sua
capacità di sottrarsi alla pena capitale, prescritta dalla Legge Pica,
sicuramente la più vergognosa delle leggi emesse da chi faceva retorica di
una fratellanza italiana. Valentino Romano spiega, e documenta, perché
migliaia di meridionali furono assassinati in virtù della Legge Pica e il
capo dei capi del brigantaggio meridionale la fece franca. Lo documenta,
con precisione storica e onestà intellettuale, servendosi di quelle carte
d’archivio, troppo spesso maliziosamente ignorate da chi ha la mania di
coltivare ancora uno sciocco nostalgismo dinastico. Un bel libro, questo di
Valentino Romano. Un efficace documento storico, utile a spiegare ciò che
non si vuol capire.
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