
(AGENPARL) – ven 26 maggio 2023 *COMUNICATO STAMPA DEL 26 MAGGIO 2023*
*"Riuso vs riciclo? No grazie!": da Lucca l'appello a non mettere in
concorrenza pratiche che devono rimanere complementari*
La presa di posizione è chiara fin dal titolo: un "no" a contrapposizioni
aprioristiche fra riuso e riciclo degli imballaggi, a beneficio del primo,
come avviene invece nella proposta di Regolamento del Parlamento europeo
pubblicata a novembre 2022.
Ad affermarlo, oltre a *Confindustria Toscana Nord* che ha organizzato e
ospitato nella sua sede di Lucca il convegno "*Riuso vs riciclo? No grazie!*",
importanti associazioni confindustriali di settore come *Assocarta*,
*Assografici*, *Assovetro *e *Unionplast*. Del resto la stessa
Confindustria nazionale ha manifestato con chiarezza una posizione
contraria a parti fondamentali della proposta di Regolamento fin dalla
pubblicazione di quest'ultimo, esponendo poi le proprie motivazioni
nell'audizione parlamentare dello scorso 18 maggio. Lo strumento stesso del
Regolamento, che a differenza della Direttiva è cogente per gli Stati
membri, è ritenuto dal sistema confindustriale inappropriato: i principi di
sussidiarietà, proporzionalità e neutralità tecnologica vorrebbero che,
stabilito a livello europeo un obiettivo valido per tutti gli Stati, questi
fossero poi liberi di perseguirlo con le modalità più in linea con le
proprie esigenze e caratteristiche. Nel caso del riciclo degli imballaggi
l'Italia è la nazione di gran lunga più virtuosa: l'obiettivo imposto
dall'Unione europea del 65% del riciclo totale entro il 2025 è già stato
ampiamente superato anche per la sola componente imballaggi, che nel 2021
(dati CONAI) è arrivata al 73,3%; il recupero totale supera invece l'82%.
"Crediamo fermamente nell'economia circolare e concordiamo sull'obiettivo
generale della proposta di Regolamento, che a questa si ispira –
commenta *Fabia
Romagnoli*, vicepresidente di Confindustria Toscana Nord con delega alla
sostenibilità -. Ciò che non approviamo è l'assunto alla base della
proposta, secondo cui il riuso sarebbe intrinsecamente da preferire al
riciclo. Non è così, come non lo è il contrario. Certo, intuitivamente
viene da pensare che riutilizzare un bene così come si presenta abbia un
impatto ambientale inferiore rispetto a riciclarne la materia, ma su questi
argomenti non si deve fare affidamento su impressioni superficiali.
Talvolta le prestazioni migliori sono quelle controintuitive. Lo scopo del
nostro convegno di oggi è quello di dimostrare, con il supporto di uno
studioso autorevole come il professor Fabio Iraldo della Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa, che riuso e riciclo possono essere di volta in volta
preferibili l’uno all’altro solo sulla base di valutazioni scientifiche
rigorose, basate su calcoli e misurazioni. I temi ambientali si prestano
particolarmente a prese di posizione aprioristiche, magari animate dalle
migliori intenzioni ma di fatto infondate e sganciate da valutazioni
oggettive. Rientrano in questa categoria la demonizzazione del monouso –
che pure, accanto a controindicazioni, ha molti pro per esempio dal punto
di vista igienico e che contribuisce alla conservazione dei cibi
limitandone gli sprechi – o di determinati materiali rispetto ad altri –
quando invece ogni materiale ha, dal punto di vista ambientale non meno che
sotto il profilo funzionale, punti di forza e di debolezza per ogni singola
finalità per la quale viene impiegato. E’ su questo che invitiamo a
riflettere ed è per questa ragione che abbiamo invitato l’onorevole Andrea
Barabotti, membro della X Commissione Attività produttive, commercio e
turismo della Camera dei deputati e in tale veste relatore sulla Proposta
di regolamento europea sugli imballaggi. E’ importante che le istituzioni
italiane, così come le organizzazioni industriali europee attivate da
Confindustria, facciano pressione per far modificare una proposta che
farebbe fare un salto indietro, anziché in avanti, alla cultura della
sostenibilità. Una cultura che deve essere basata sulla scienza e non su
presupposti arbitrari e aprioristici.”
"Alcuni considerano il riuso una minaccia potenzialmente esiziale per il
riciclo, altri lo vedono come l'assoluta panacea per la prevenzione dei
rifiuti – osserva il professor *Fabio Iraldo* dell'Istituto di Management
della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa -. La contrapposizione è emersa in
modo netto anche dalle recenti audizioni delle commissioni parlamentari. Ma
quanti conoscono in profondità i requisiti della proposta di Regolamento
europeo? Sarebbe opportuno da un lato provare a partire dall'esame e dalla
comprensione del testo della proposta, dall'altro ricorrere al metodo
scientifico come supporto essenziale alla definizione delle politiche nel
campo dell'economia circolare. In questo modo forse scopriremmo che ci sono
vie percorribili per una maggiore efficacia ed efficienza del sistema,
basate sull'integrazione tra riuso e riciclo, in ossequio alla piramide
delle priorità. Strumenti come l'LCA-Life Cycle Assessment e l'LCC-Life
Cycle Costing, che prendono in esame i prodotti in tutto il loro ciclo,
dalla progettazione al fine vita, sono indispensabili per capire quali
impatti effettivi si abbiano nel gestire quest'ultima fase come riuso, come
riciclo di materia, come valorizzazione energetica o come smaltimento. Le
sorprese non mancano, quando si effettuano analisi di questo genere.
Intanto c'è una differenza fondamentale fra riuso 'as is', vale a dire
riuso del prodotto esattamente com'è, sicuramente vantaggioso sotto il
profilo ambientale, e riuso che comporta dei trattamenti ad esempio di
lavaggio, dei trasferimenti con tutto ciò che questi comportano, dei
sistemi di riuso: questi interventi finalizzati a rendere il prodotto
effettivamente riutilizzabile possono erodere il vantaggio ambientale del
riuso fino, talvolta, ad azzerarlo e a rendere più vantaggioso – sempre
sotto il profilo ambientale – il riciclo della materia. Nel convegno di
oggi abbiamo visto alcuni esempi di queste diverse situazioni. In alcuni
casi il calcolo è particolarmente complesso ma comunque necessario per non
incorrere in abbagli."
*Le dichiarazioni dei rappresentanti dei settori*
"Se spetta all’Europa indicare gli obiettivi ambientali, essa non può
tuttavia giungere a imporre le uniche modalità per raggiungere gli stessi –
dichiara *Massimo Basta*, membro del Consiglio direttivo di Assocarta -. La
proposta di revisione della normativa imballaggi non è corretta sotto il
profilo dello strumento e dei contenuti. Infatti, la proposta di revisione
sarà un Regolamento, immediatamente applicabile e che non tiene conto delle
differenze tra i vari Paesi, anche in termini di raggiungimento degli
obiettivi di riciclaggio. Ciò rischia di mettere in crisi l'economia
italiana del riciclo, che genera occupazione e ricchezza. La Commissione ha
l’obiettivo di ridurre gli imballaggi. Spinge quindi sul riuso degli
imballaggi e impone restrizioni ai prodotti monouso a prescindere dalla
loro funzione d’uso e dalle motivazioni economiche e sociali. Va a questo
proposito considerato che il riuso, così come le restrizioni sui prodotti
monouso, non sono supportati da analisi LCA-Life Cycle Assessment che
dimostrino che tali azioni porterebbero ad un miglioramento ambientale. Non
sono assolutamente considerati la lotta allo spreco alimentare, la tutela
della sicurezza e della salute dei consumatori e l’integrità dei prodotti.
Gli imballaggi a base cellulosica (materiale rinnovabile e biodegradabile)
non dovrebbero avere obiettivi di riuso ma obiettivi di riciclo più
ambiziosi, così come i prodotti monouso in carta non dovrebbero essere
sottoposti a restrizioni, in quanto riciclabili ed effettivamente
riciclati. Servono norme e obiettivi differenziati a seconda dei diversi
materiali, così come ad oggi la carta ha obiettivi di riciclo diversi e
molto più alti degli altri materiali. Secondo un recente studio
commissionato dalla filiera cartaria a livello europeo la sostituzione di
imballaggi monouso nella ristorazione con quelli riutilizzabili, entro il
2030 in Belgio, comporterà fino a +160% di emissioni di CO2 e fino +130% in
aumento di costi. Nel caso, invece, di riutilizzo nel campo del commercio
elettronico le emissioni, nello stesso periodo in Germania, le emissioni di
CO2 aumenterebbero fino al 40% e i costi fino al + 200%. Infine, ma non
meno importante, la spinta verso il riuso che la Commissione vuole
imprimere rischia di introdurre un modello di produzione disaccoppiato dal
modello di distribuzione, che ne risulterebbe “frammentato”, inefficiente e
dall’elevato impatto ambientale ed economico. Frammentazione, significa in
pratica re-introdurre delle barriere commerciali. Basti pensare che il
riciclaggio avviene in prossimità del consumatore finale, mentre il riuso
avviene presso il produttore."
"La nostra principale preoccupazione riguarda l’assenza di approfonditi
studi scientifici alla base di questa proposta di Regolamento, che
sarebbero indispensabili vista la portata e gli effetti che la sua
applicazione avrà sugli Stati membri e le relative economie – aggiunge
*Gianluca
Castellini*, Membro del Consiglio di Presidenza GIFCO (Gruppo Italiano
Fabbricanti Cartone Ondulato), in rappresentanza di Assografici -. Noi
siamo assolutamente d’accordo con l’obiettivo di ridurre i rifiuti, ma
contestiamo il modo in cui si vuole arrivare al risultato penalizzando il
riciclo di carta e cartone, materiali naturalmente biodegradabili e
sostenibili per eccellenza. A nostro parere, il risultato si può invece
raggiungere adottando in modo complementare sia riuso che riciclo, a
seconda delle diverse situazioni, dei canali e dei prodotti trasportati,
non penalizzando il secondo a vantaggio del primo. E per farlo serve
un’attenta analisi delle diverse supply chain che eviti provvedimenti
generalizzati. Siamo infatti sicuri che il riutilizzo degli imballi sia
sempre la scelta più amica dell’ambiente? Siamo sicuri che così facendo si
ridurranno le emissioni di CO2? E’ stato correttamente valutato l’impatto
ambientale dello smaltimento degli imballaggi riutilizzabili? Inoltre è
paradossale che si metta a rischio un’eccellenza quale il sistema di
riciclo italiano, che non ha eguali nel mondo. Oramai da anni l’Italia
raggiunge un tasso di riciclo dei materiali cartacei superiore all’80%, un
primato che rischia di venire meno se non verranno accolti alcuni
emendamenti da noi proposti. E questo, ad onor del vero, vale anche per
tutti gli altri materiali di imballaggi. Secondo gli ultimi dati comunicati
da Conai l’anno iniziato da poco dovrebbe vedere avviato a riciclo più
dell’85% degli imballaggi in carta e cartone, oltre il 77% degli imballaggi
in acciaio, il 67% degli imballaggi in alluminio, circa il 63% degli
imballaggi in legno, quasi il 59% degli imballaggi in plastica e
bioplastica, e l’80% circa degli imballaggi in vetro. Con la proposta di
Regolamento in discussione, tutto questo verrebbe messo a rischio e
verrebbe vanificato il ritorno degli investimenti milionari fatti in Italia
negli ultimi vent’anni. Ne vale davvero la pena? L’Italia è disposta ad
accettare una tale imposizione dalla Commissione Europea, che andrà a
vantaggio di altri Paesi in Europa che sono stati molto meno virtuosi in
tema di riciclo?"
"L’industria italiana del riciclo, prima in Europa, e di cui il vetro è
protagonista, rappresenta un comparto rilevante e strategico del sistema
produttivo nazionale: conta ben 4.800 imprese, 236.365 occupati, genera un
valore aggiunto di 10,5 miliardi (aumentato del 31% dal 2010) –
commenta *Walter
Da Riz*, direttore generale di Assovetro -. Il vetro, che da solo produce
per ogni euro investito 2,5 euro di valore aggiunto, ha raggiunto un tasso
di riciclo proveniente dal packaging tra i più alti in Europa, con circa il
77%, in anticipo sul target europeo al 2030. Oggi oltre il 61% del vetro
prodotto in Italia proviene da riciclo, consentendo così notevoli risparmi
dal punto di vista energetico ed ambientale, tanto che il sistema,
perfettamente funzionante ed efficace, è alla base dell’economia circolare
e uno dei pilastri della decarbonizzazione. Il riutilizzo dei contenitori
in vetro, inserito nella bozza del nuovo regolamento europeo sugli
imballaggi, è un sistema che solleva dei dubbi, soprattutto se inteso come
strumento 'principe' per la realizzazione dell’economia circolare: tra gli
altri, genera un vantaggio ambientale principalmente su distanze limitate,
non più di 100-200 chilometri, e si adatta poco alla personalizzazione
commerciale che, soprattutto per le bottiglie del vino e degli spirits,
riveste un ruolo importantissimo per il marketing del prodotto. Se le
scelte della Commissione europea impongono una riflessione anche sul
riutilizzo, non bisogna dimenticare che i risultati del riciclo, almeno in
Italia e soprattutto per un settore come quello del vetro, hanno dato
risultati più che positivi sia in termini di costi che di salvaguardia
dell’ambiente."
"La proposta di Regolamento europeo ci pone davanti a una sfida che abbiamo
il dovere di affrontare facendo comprendere l’importanza della funzione
degli imballaggi sotto i tre irrinunciabili profili della sostenibilità:
ambientale, sociale ed economica – conclude il presidente di Unionplast *Marco
Bergaglio* -. Rinunciarvi significa abdicare alla sostenibilità a favore
del greenwashing. Condividiamo la finalità del Regolamento, ma riaffermiamo
la necessità di riconoscere la funzione dell’imballaggio e la nostra
contrarietà a norme che vanificano i risultati ottenuti dall’Italia
nell’organizzazione di raccolta e riciclo degli imballaggi in plastica: il
nostro Paese ha registrato i tassi più alti dell’intera Ue nell’attività di
recupero e di riciclo, con un tasso del 55,2% superando con anni di
anticipo il target UE per il 2030 del 55%. Quello che occorre e su cui si è
investito è la creazione di un mercato funzionante di materie prime
seconde, di soluzioni innovative che combinino elevata efficienza dei
materiali con alta riciclabilità e uso di materiali riciclati. Del resto il
nostro Paese è un grande riciclatore, ma non solo: i dati elaborati da
IPPR-Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo dimostrano che
in Italia si utilizzano oltre 1,2 milioni di tonnellate di materie prime
seconde per realizzare nuovi prodotti. Quantitativo che costituisce in
media circa il 20% del totale delle plastiche trasformate in Italia contro
una media europea del 6%. Sono stati certificati col marchio Plastica
Seconda Vita ben 8000 prodotti incorporanti plastiche riciclate nelle più
svariate merceologie. Estrema contrarietà alla discriminazione degli
imballaggi in plastica poiché sono previste misure restrittive
esclusivamente per la plastica rispetto e non agli imballaggi realizzati
con altri materiali, il tutto senza giustificazione. Le quote di riutilizzo
(art. 26, comma 7) e divieti (art. 22 e allegato V) sono presi in
considerazione solo per alcuni tipi di imballaggi in plastica, perpetrando
una dannosa forma di 'depistaggio ambientale'. L’Italia è il secondo
produttore europeo di imballaggi dopo la Germania: 50mila addetti in quasi
3mila aziende, con un fatturato di 12.279 mln di euro, di cui circa il 45%
derivante dall’export."
*Allegate foto*