
(AGENPARL) – gio 11 maggio 2023 [Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano]
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano
Comunicato del 11/05/2023, ore 18:21
Consiglio
Lavori Consiglio: modifiche alla legge urbanistica – 1
Presentata dall’ass. Hochgruber Kuenzer la legge di modifica della norma Territorio e paesaggio. Le relazioni di minoranza dei conss. Dello Sbarba e Repetto.
È stata avviata questo pomeriggio la trattazione del disegno di legge provinciale n. [135/23](https://egjaabf.r.bh.d.sendibt3.com/tr/cl/SIEQCIuwBPNcN2TD5y-7E4zVWSD0JHp3ZBQ2ZvgeCNEHN7eiG5DVvEH45m1myXPxyecZaBjt-UyulRCAzEOecaFMIf5tRS2N0OJwUh0AO17BOZ-Yx8BJ1tV3n8isbqtKc5ta2Wc0XfhXqp4mv0spfZjh8EViPjS42kUcoez9k7Ld_3VzIQ-wBUVC1OijBd6trBMZlkader-bQL4ECBJ9wcT2OtSlZoFgdNfvRHbpW_T70sZ7JQJ2YAECqpOQDn4fGmEm6PHsV47g_B6ChSGAjnbGaB8wYsTBSHOVyo0kRKKt2t3Z15-ma1rVAvF1CsGucN02PyD3fGp55dhyUbOumuGzK1nCI92gJuLRrf27jAUOlRPudaSj1ogL7HcNnbL6qbvy5nIzCKjyWPh6LWDe2DqQFhcQ): Modifiche alla legge provinciale 10 luglio 2018, n. 9, “Territorio e paesaggio. La proponente, l’assessora provinciale all’urbanistica, alla tutela del paesaggio e ai beni culturali Maria Hochgruber Kuenzer ha riferito che fino al 2020 tutti i responsabili tecnici avevano lavorato con la vecchia legge, e nel frattempo erano stati elaborati i regolamenti d’attuazione, occupandosi in breve tempo di moltissimi regolamenti grazie al buon lavoro degli uffici. C’erano state poi difficoltà di applicazione perché alcuni punti non erano chiari. La legge prevedeva il piano di sviluppo comunale, ma non disciplinava i finanziamenti della Provincia, le collaborazioni tra Comuni, gli stipendi per i progettisti eccetera: tutto ciò era stato elaborato in quest’anno e mezzo, e ora era prevista una possibilità di collaborazione in 34 aree funzionali; i Comuni avevano deciso per una pianificazione congiunta e ora tutti si attivavano, il che era un ottimo risultato. Le modifiche non erano introdotte a caso: finora non c’erano i prerequisiti per mettere in atto la novità degli alloggi a prezzo calmierato, ora si interveniva in questo senso; con una superficie oltre ai 1.000 m2 si poteva puntare o su alloggi convenzionati o su abitazioni a prezzo calmierato, il che era un tentativo di rispondere alle nuove esigenze della società. L’edilizia agevolata riguardava spesso le cooperative, mentre le abitazioni a prezzo calmierato comportavano una convenzione tra Comune, che mette a disposizione una certa superficie, e proprietari. In caso invece di superfici più piccole, si garantiva maggiore flessibilità, anche per manifestazioni d’interesse in anni successivi. Il modello di affitto/acquisto permetteva di prendere in affitto un’abitazione a prezzo calmierato e in un secondo momento di acquistarla, nella consapevolezza che attualmente i giovani si dovevano indebitare a lungo per permettersi l’acquisto di una casa, anche per 20-25 anni, ma non tutti erano certi di dove stabilirsi per sempre; l’articolo 40 rispondeva a queste esigenze, spettava ai Comuni utilizzare o meno questa possibilità. Con il piano di sviluppo comunale, i Comuni avrebbero rilevato gli alloggi sfitti e poi deciso che uso farne. Dopo l’applicazione dell’articolo 40 sarebbero stati comunque probabilmente necessari adeguamenti. Era stato previsto di non procedere con espropri, ma con convenzione obbligatoria col Comune, il che era un vantaggio economico. Il plusvalore pianificatori veniva compensato con importi finanziari. In caso di creazioni di alloggi in abitazioni esistenti andava valutato il ricorso all’edilizia abitativa agevolata; per i relativi terreni il Comune poteva prevedere un ribasso del 50%. Importanti erano i piani per le aree di tutela paesaggistica; veniva abrogata la scadenza per la predisposizione del piano di sviluppo comunale, che era troppo breve, anche perché dovevano ancora essere creati i presupposti, compreso un decreto del presidente della Provincia: per avere tutti i presupposti si era arrivati al dicembre 2022. Già nel 2018 era previsto che il Piano di sviluppo sorgesse con processi partecipativi, e molti Comuni prendevano questa possibilità molto sul serio, aiutati da tanti soggetti sorti a questo scopo. Dal momento della domanda alla presentazione del piano c’erano tre anni di tempo, altrimenti il finanziamento non veniva erogato. Molti erano i Comuni che non volevano partire in ritardo, per non rischiare di non trovare altri Comuni con cui collaborare. Molti cittadini si interessavano del tema, il che era positivo: si sarebbero anche attivati a livello comunale.
Riccardo Dello Sbarba (Gruppo verde) ha quindi presentato la propria[relazione di minoranza](https://egjaabf.r.bh.d.sendibt3.com/tr/cl/BcZACz4QAb0xMx62PmL3c9swW9viKl3uxmLze85CC3feyWGRDAESrA94_uT89hPcO67qm1fzL6c9sCVfTCWcgeejzCdd-4V8t4EPtMVSuTDXt0GVLo0BuUlZbVRgEBlJKYRHg4llOSPYClV5lhsPB_BsuYLPJHUPJkn_69m_Vbyqv5Xj-eTDjon6KzEO2cqNNt6LbCYSzZmVRqIonj6UO662ryaCn1aZJc9SNxZAZaUKUIcOgM28UQx5Zr7V0019c3fxtCVkhyVrewg), con la quale definiva la legge una dichiarazione di bancarotta, cancellando essa ogni termine per la presentazione dei piani di sviluppo comunale, già più volte rinviato e rispettato solo da 2 Comuni su 116: l’obiettivo principale di avviare una nuova fase di pianificazione comunale non era stato rispettato, per una diffusa disobbedienza civile. Il Sudtirolo aveva pianificato per la prima volta agli inizi degli anni ’70, con l’epoca dei grandi piani urbanistici comunali, una seconda negli anni ’80, con la completa rielaborazione di quei primi “PUC”, poi più nulla, finché l’asfalto non aveva occupato un terzo del poco suolo disponibile: la nuova legge “Territorio e paesaggio” era nata nel 2018 dall’esigenza di mettere fine all’epoca delle “varianti” e aprire una terza fase della pianificazione territoriale fissando come obiettivi la tutela del paesaggio, il contenimento del consumo di suolo nonché il governo del territorio, ma, a causa della mancanza di sostegno alle amministrazioni, delle necessarie norme di attuazione, della difficoltà di fissare i confini dell’area insediabile, della mancanza di soldi e personale, nonché della forte resistenza degli interessi costituiti, era prevalso l’immobilismo. Invece di introdurre norme per disincentivare l’immobilismo, la Giunta provinciale preferiva eliminare ogni termine e scadenza. In quanto al capitolo sulle abitazioni a prezzo calmierato, cuore della riforma, l’articolo 40 era rimasto finora un semplice segnaposto, senza che venissero chiariti i criteri, né chi dovesse realizzare questi alloggi, né chi li potesse occupare, né quale fosse il rapporto tra la nuova fattispecie e la politica dell’edilizia agevolata seguita finora. Da una parte c’era chi voleva mantenere un forte intervento pubblico volto a garantire il diritto alla casa, aggiornando però le relative politiche ai cambiamenti del mercato e della popolazione; dall’altra, chi riteneva che, con oltre 13.000 alloggi Ipes e il 75% delle famiglie proprietarie di casa, l’intervento pubblico avesse dato quello che doveva e che ora bisognasse dare spazio al privato: su questo era però mancato un aperto confronto, e nel frattempo il diritto alla casa rappresentava la più grande emergenza sociale: in molte aree della provincia – soprattutto nei centri maggiori, i residenti non riuscivano più a trovare una casa a prezzi abbordabili e ovunque la speculazione ingrassava; di fronte a questa emergenza, il disegno di legge era un tentativo debole e confuso. I Verdi suggerivano di mantenere in mano pubblica la regia sulla destinazione e l’assegnazione terreni, e lasciando il tempo necessario affinché si sviluppasse un nuovo privato sociale orientato alla realizzazione di alloggi a prezzo calmierato, anche per realizzare alloggi destinati all’affitto e non esclusivamente alla vendita. Dello Sbarba ha aggiunto che diverse facilitazioni previste dalla norma costituivano regali a interessi privati, con l’introduzione di una specie di “Flat Tax” al posto delle sanzioni proporzionali alla gravità e alla durata della violazione previste dall’articolo 97 della legge “Territorio e paesaggio” e l’eliminazione degli aggravi per le violazioni del vincolo per residenti che avvengono nelle zone turistiche o a “scopo turistico e lucrativo”; ha poi concluso contestando le continue modifiche alla normativa urbanistica, che non permettevano di garantire certezza del diritto in una delle materie più delicate e più controverse della nostra legislazione.
Anche Sandro Repetto (Partito Democratico – Liste civiche) ha presentato una [relazione di minoranza](https://egjaabf.r.bh.d.sendibt3.com/tr/cl/5cPhlZK0PSCrLrUe6St_4EtR362QEYUpaezEjdHe_FlBJBcks7zWmzW8zjcUGMJIC-YhkMpBYUIynPRoHZsgoU4vqsk7qo__oprbAPmgl15-uXskDNnBvWVnqGlqPV-8jMdlHxzsWGio4_qMjqwNL8EYEqYXQ6f64WEfiXeivDREZUYvDen3Kg2SHgKP7ZmPop76YSttIIEEkk9WZmjJw9KmhvMlRo2I6uTohZAwhsoN4jBNlasWL5Q0H47fzDRG4FBGNq2h4VW7e-c), nella quale evidenziava che il disegno di legge era un’ulteriore modifica oltre decine introdotte nel corso del quinquennio passato, in assenza di una strategia che potesse riorientare le politiche pubbliche rispetto ai sistemi derivanti dagli anni ’70 e ’80 basati sul sostegno alle famiglie per accedere alla casa in proprietà, un’offerta residenziale pubblica e il sostegno all’affitto privato attraverso il sussidio “casa”. La situazione odierna era caratterizzata da crisi abitativa dovuta alla limitata offerta di alloggi in affitto e al loro elevato canone, oltre che al proibitivo prezzo dell’acquisto, riconducibile alla continua ascesa del prezzo del suolo nel fondovalle con riverbero nelle altre zone della Provincia. Come emerso da convegno Restart BZ 39100, la nuova domanda abitativa era legata alla crescita del numero delle famiglie, anche mononucleari, e alla crescita dell’immigrazione, con domanda sociale espressa da soggetti che risultavano “deboli” nei confronti del mercato abitativo; gli interventi pubblici di sostegno all’offerta di edilizia sociale, diretti ed indiretti, non sarebbero dovuti essere distribuiti in proporzione alla distribuzione della popolazione ma in relazione al fabbisogno; servivano politiche fiscali che agevolassero una nuova offerta di alloggi in locazione nel patrimonio abitativo privato esistente, interventi di riordino della gestione del patrimonio residenziale pubblico, politiche sociali di sostegno alle persone per integrare il canone e riportarlo a livelli di sostenibilità. Il convegno aveva inoltre indicato la necessità di procedere in un quadro generale dove si scontrano 4 realtà distinte: – Bolzano-Merano – Piccoli centri – Zone rurali – Zone turistiche. Nel disegno di legge era grande assente il tema dell’affitto, e in quanto al prezzo calmierato per la vendita ed anche la rivendita (ulteriore novità) degli alloggi di questa categoria, esso veniva basato sui valori stabiliti dall’OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare) dell’Agenzia delle Entrate che rispecchiavano il prezzo di mercato che calmierato non era. Da criticare era anche la sanatoria delle sanzioni ai non aventi diritto dell’articolo 30 del disegno di legge, che passavano dal limite massimo di 45.000€ ai 5.000€, una vera beffa! Inoltre, non venivano previste agevolazioni al mondo cooperativo inquadrato come soggetto vivo, che potesse colloquiare con i Comuni e fare accordi urbanistici: una cooperativa in accordo con un Comune doveva poter essere messa in condizione di realizzare un progetto per i propri soci anche se questo progetto passava per una variante urbanistica, gli alloggi a prezzo calmierato dovevano poter essere realizzati anche dalle cooperative, che lo facevano per vocazione da sempre, invece l’articolo 40 era incentrato sugli imprenditori. C’era una variante che si sarebbe dovuto prendere in considerazione e cioè la cooperativa a proprietà indivisa, che aveva lo scopo di acquistare o costruire abitazioni che restavano proprietà della cooperativa stessa e venivano assegnate ai soci in godimento o in uso. La risposta abitativa era una somma di proposte che l’amministrazione pubblica doveva saper individuare e agevolare tramite proposte legislative, individuando un nuovo modello di sviluppo: il diritto alla casa sia di proprietà che in affitto doveva essere soddisfatto e garantito tramite la razionalizzazione dei vuoti urbani, la valorizzazione del patrimonio pubblico e la stimolazione del privato con nuove normative urbanistiche in funzione sociale, che tenessero conto delle peculiarità della società; si dovevano trasformare gli immobili abbandonati e quelli sottoutilizzati, e convertire gli uffici dismessi in alloggi: la conversione del costruito già esistente nelle zone residenziali doveva essere la prima opzione da percorrere nelle aree urbane, da preferire alla costruzione di nuovi alloggi nelle attuali zone produttive, che non garantiva una sufficiente qualità della vita. Repetto ha esortato infine ad avere il coraggio di cambiare la destinazione d’uso e permettere di sopraelevare gli edifici esistenti, perché la casa era un diritto di tutti e per tutti, dall’affitto alla proprietà, anche se il testo forse non lo percepiva.
La discussione prosegue domani.
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