[lid] – Il Giornale dell’Umbria, quotidiano edito a Perugia è stato acquistato nel 2003 dal Gruppo editoriale Umbria 1819. A settembre dello stesso anno il giornale è stato radicalmente rinnovato sia a livello grafico che per quanto concerne l’organizzazione editoriale.
Successivamente al restyling è stata avviata un’intensa attività̀ di sviluppo e promozione del quotidiano che ha permesso di raggiungere importanti obiettivi in fatto di diffusione e fatturato pubblicitario.
Oggi “Il Giornale dell’Umbria” si propone come voce autorevole in campo politico, economico e sociale nella regione, e si contraddistingue per il suo dinamismo sia in campo giornalistico che per le sue variegate iniziative editoriali.
Il Giornale dell’Umbria è diventato un’importante realtà̀ che impiega quaranta dipendenti, di cui oltre venti giornalisti, che operano nella redazione centrale di Perugia e nelle redazioni periferiche di Terni, Foligno, Città di Castello e Gubbio.
Una questione di principio
In una calda sera di agosto del 2015 squilla il telefono. Rispondo. Era Giuseppe Incarnato che mi chiedeva la disponibilità ad assumere la carica di direttore responsabile di un quotidiano regionale umbro, il Giornale dell’Umbria. Accettai di buon grado e nei giorni seguenti lo accompagnai in redazione in Via Monteneri, 37 a Perugia per conoscere i colleghi giornalisti e per prendere possesso della sede.
Il primo settembre 2015 iniziò così la mia ‘avventura’ al Giornale dell’Umbria.
Firmai il contratto di lavoro il diciassette settembre, assumendo la carica di direttore responsabile al posto di Giuseppe Castellini.
Va ribadito che l’ex direttore Castellini non fu mai licenziato e che tra le altre cose iniziò una causa per la sua sostituzione che lo vide perdente nel gennaio del 2016 con tanto di condanna al pagamento delle spese legali compensate dal liquidatore nello stato passivo.
Ezio Mauro in un articolo riguardante il giornalista Giulio De Benedetti definì la sua direzione alla Stampa come «vent’anni di monarchia».
Alcuni credono che il direttore responsabile di un quotidiano sia l’ultimo monarca sulla Terra, e una volta nominato rimanga abbarbicato per tutta la vita sulla poltrona direzionale.
Fortunatamente non è così.
Il tempo affievolisce ogni azione propulsiva e con il passare degli anni il giornale perde smalto, grinta, vigore ma soprattutto i lettori ed è quindi lentamente destinato a chiudere se non si rinnova.
Oltre a ricoprire l’incarico di direttore responsabile, fui nominato consigliere di amministrazione di Geu 1819 srl, la società proprietaria della testata del Giornale dell’Umbria, partecipando a quattro consigli e non percependo alcun compenso o rimborso.
Partito da Roma con grandi idee per rilanciare il quotidiano regionale umbro dalla nobile storia e farlo diventare un giornale di alta qualità̀ attraverso una corretta informazione, appena insediato nella redazione, ho dovuto fare i conti con un ambiente ostile oltre che in apparenza scettico sulla linea editoriale proposta e peraltro da me mai imposta.
Secondo la massima di Scipione l’Africano «hosti non solum dandam esse viam ad fugiendum, sed etiam muniendam» – cioè «al nemico non solo bisogna concedere una via per scappare, ma anche rendergliela sicura» – non ho mai obbligato nessuno a rimanere né tantomeno a prestare la sua opera intellettuale controvoglia, visto che era cambiata la proprietà, il direttore responsabile e conseguentemente la linea editoriale.
Ognuno era libero di fare i bagagli e di andarsene quando voleva se non condivideva il nuovo corso intrapreso con il taglio nazionale del Giornale dell’Umbria, fortemente voluta dal sottoscritto Camilloni.
Era una questione di principio: ogni giornalista poteva chiedere la clausola di coscienza, ma era troppo facile andarsene, meglio rimanere e remare contro Camilloni in attesa degli eventi.
A questo punto inizia un vero e proprio braccio di ferro tra me e i giornalisti, dove il corpo redazionale vuole imporre le sue regole con l’evidente obiettivo di non farmi muovere se non addirittura di non farmi salire a bordo, anche perché più passava il tempo e più il Giornale dell’Umbria cresceva in numero di copie vendute.
Quindi anziché presentare le dimissioni, come erano giuste, opportune e doverose, i ventisette dipendenti, tra poligrafici e giornalisti professionisti, hanno proseguito la loro opera senza mai seguire le linee dell’editore e del direttore responsabile Camilloni, mantenendo sempre un clima di autogestione ‘liceale’. Il motivo si scoprirà̀ solo dopo.
Frequenti erano diventati gli attacchi, le provocazioni e le contestazioni non solo all’interno per il tramite del comitato di redazione e dei singoli lavoratori, ma anche all’esterno, perché i giornalisti inviavano dei comunicati stampa che erano puntualmente ripresi dalle altre testate telematiche e cartacee umbre.
Inoltre, i giornalisti avevano chiesto sostegno e ottenuto appoggio dalle organizzazioni sindacali, nello specifico dalla CGIL, dall’Associazione Stampa Umbra (ASU), dalle rappresentanze degli editori (FNSI) e financo anche dalle Istituzioni (Regione Umbria e parlamentari, tra i quali spicca l’on. Adriana Galgano), sia prima sia dopo la liquidazione della società avvenuta il 14 gennaio 2016.
I nuovi Tribuni
L’operazione di non far salire ‘a bordo del Giornale’ il nuovo direttore parte fin dal primo giorno dell’insediamento di Camilloni nella sede di Perugia di via Monteneri.
La strategia che era stata messa a punto era molto chiara: bisognava creare gli eventi e comunicarli per acquisire consenso e quindi appoggi e sostegni. Nello stesso tempo bisognava diffondere all’esterno un messaggio inequivocabile: Camilloni era un poco di buono e doveva essere messo alla berlina quotidianamente in modo da farlo mollare e quindi mandarlo via dalla direzione del Giornale dell’Umbria.
PerugiaToday del 4 dicembre 2015 titola «Crisi al Giornale dell’Umbria: approvati nuovi scioperi, sfiduciato il direttore Camilloni».
«La redazione del Giornale dell’Umbria, dopo una lunga assemblea, ha sfiduciato il direttore Luigi Camilloni arrivato da Roma dopo la vendita del quotidiano da parte della famiglia Colajacovo».
«Una presa di posizione durissima, mai vista fino ad oggi in Umbria, contro un direttore di un giornale accusato di carichi di lavoro che violano il contratto di solidarietà, di mandare in edicola un prodotto non in linea con il mercato e di iniziative editoriali extra-giornale discutibili».
«Il corpo redazionale, di fronte al persistere di una situazione di grave difficoltà organizzativa quotidiana, di carichi di lavoro che violano il contratto di solidarietà in essere e di nuove iniziative editoriali che non rispondono a una richiesta di mercato ma che incidono in maniera pesante sulla tenuta economica del giornale, si dissocia dalle scelte del direttore, dottor Luigi Camilloni, non riconoscendosi più nel prodotto editoriale che arriva in edicola e per questo ha votato favorevolmente la sfiducia al medesimo».
«Inoltre si preannunciano molte giornate di sciopero: almeno 10 previste, ma ancora non calendarizzate. La situazione economica finanziaria del Giornale dell’Umbria resta drammatica».
Anche il sito online Umbria On del 4 dicembre titola «Giornale dell’Umbria, direttore sfiduciato. La redazione non si riconosce più in Luigi Camilloni e programma altri sei giorni di sciopero oltre ai quattro già previsti».
«La ‘sentenza’ arriva nell’ultima riga del comunicato che il corpo redazionale del ‘Giornale dell’Umbria’ ha scritto al termine dell’assemblea e nel quale si legge che «ha votato favorevolmente la sfiducia» al direttore».
«L’assemblea. Nella nota del personale del quotidiano si legge che «al termine dell’incontro e a seguito di ampia discussione, sono stati messi in votazione e approvati a larga maggioranza due punti all’ordine del giorno» Il primo prevede la conferma «di cinque giornate di sciopero (di cui una già effettuata in data 6 novembre 2015) che viene altresì integrato con ulteriori sei giornate di sciopero. Al Cdr, inoltre, è stato dato mandato dai colleghi di individuare e fissare le date previste per le future giornate di sciopero senza ulteriori passaggi assembleari».
«La sfiducia. Ma poi arriva la randellata: «Il corpo redazionale, di fronte al persistere di una situazione di grave difficoltà organizzativa quotidiana, di carichi di lavoro che violano il contratto di solidarietà in essere e di nuove iniziative editoriali che non rispondono a una richiesta di mercato ma che incidono in maniera pesante sulla tenuta economica del giornale, si dissocia dalle scelte del direttore, dottor Luigi Camilloni, non riconoscendosi più nel prodotto editoriale che arriva in edicola e per questo ha votato favorevolmente la sfiducia al medesimo».
E anche TuttOggi info del 5 dicembre 2015 pubblica «GdU, Cdr sfiducia il direttore e annuncia ulteriori scioperi. Sito giù per qualche ora».
«In attesa del Re Mago per l’aumento di capitale dell’Epifania, la situazione del Giornale peggiora. Mentre da Roma si attendono risposte alle interrogazioni presentate a Camera e Senato, rispettivamente l’11 e il 16 novembre scorsi da alcuni onorevoli umbri, la politica locale sembra osservare in silenzio, i sindacati sostengono e c’è chi prega in attesa di un generoso Re Mago che porti in dono una qualche scatola piena d’oro, nella redazione del Giornale dell’Umbria non sembra proprio arrivare la tanto auspicata serenità, così consona al periodo natalizio. Anzi, tutt’altro. E se da una parte continua la strenua ‘resistenza’ di giornalisti e collaboratori – i pochi rimasti– nel difendere il proprio giornale da scelte editoriali sicuramente discusse e forse discutibili e con quelle anche quel che rimane dei propri contratti, dall’altra appare sempre più netta una frattura nei rapporti tra il nuovo editore Incarnato, insediatosi solo lo scorso agosto, e la di lui amministrazione, Presidente Giacumbo e AD Ghezzi in testa».
«Cosicché a pagarne le ‘conseguenze’, oggi, dopo l’ennesima riunione del Comitato di Redazione, è stato il direttore responsabile della testata umbra, Luigi Camilloni, sfiduciato dai suoi giornalisti per “grave difficoltà organizzativa” e per alcune “scelte editoriali” lontane dal ‘bene’ del giornale».
«E tanto per ribadire la propria posizione, il CdR non solo ha confermato le 5 giornate di sciopero già concordate circa un mese fa – 1 giorno già consumato il 7 novembre ma ne ha aggiunte altre 6. Date da confermare, vista la situazione precaria in cui versa la nuova gestione del Giornale, in attesa che arrivi l’ultimo contributo statale all’editoria Eredità dell’era Colaiacovo».
«Chiusa infine la ‘caccia all’errore’, la strabiliante iniziativa di coinvolgimento dei lettori alla vita di redazione che tanto aveva fatto indignare giornalisti e Ordine. Aperta invece la caccia all’imprenditore da 10milioni di euro, in vista dell’aumento di capitale deliberato da Gifer, socio unico della GEU 1819 di nuovo corso, con scadenza appena dopo l’Epifania. E tra una battuta e l’altra c’è chi dice di aver avvistato ‘il’ direttore Castellini per poche ore nella sua redazione. Una nuova stagione di ‘cerca’ si aprirà a breve. Intanto passata la mezzanotte del 4 dicembre, il Giornale dell’Umbria online non è accessibile».
«Di seguito il testo integrale della nota diffusa dal CdR del Giornale dell’Umbria:
«Al presidente di Geu1819 Luigi Giacumbo All’amministratore delegato di Geu18919 Giuseppe Ghezzi Al direttore del Giornale dell’Umbria Luigi Camilloni»
«A seguito delle ultime e formali comunicazioni dell’azienda al Comitato di redazione sulla grave situazione economico-finanziaria del Giornale dell’Umbria e delle conclamate difficoltà organizzative del lavoro quotidiano, questa mattina si è svolta un’assemblea del personale giornalistico e poligrafico della testata».
«Al termine dell’incontro e a seguito di ampia discussione, sono stati messi in votazione e approvati a larga maggioranza due punti all’ordine del giorno:
1) Resta confermato il pacchetto di cinque giornate di sciopero (di cui una già effettuata in data 6 novembre 2015) che viene altresì integrato con ulteriori sei giornate di sciopero. Al Cdr, inoltre, è stato dato mandato dai colleghi di individuare e fissare le date previste per le future giornate di sciopero senza ulteriori passaggi assembleari.
2) Il corpo redazionale, di fronte al persistere di una situazione di grave difficoltà organizzativa quotidiana, di carichi di lavoro che violano il contratto di solidarietà in essere e di nuove iniziative editoriali che non rispondono a una richiesta di mercato ma che incidono in maniera pesante sulla tenuta economica del giornale, si dissocia dalle scelte del direttore, dottor Luigi Camilloni, non riconoscendosi più nel prodotto editoriale che arriva in edicola e per questo ha votato favorevolmente la sfiducia al medesimo».
La nota congiunta di solidarietà di Associazione Stampa Umbra e Ordine dei Giornalisti. «Ordine dei Giornalisti dell’Umbria e Associazione Stampa Umbra esprimono solidarietà ai colleghi de Il Giornale dell’Umbria impegnati ormai da tempo in un ampio confronto con la società editrice. Nelle ultime ore il corpo redazionale, con votazione approvata a larga maggioranza, si è dissociato dalle scelte del direttore Luigi Camilloni, assumendo altresì la decisione di giungere alla formale sfiducia di quest’ultimo e contestualmente fissando altre sei giornate di sciopero da aggiungersi alle cinque già previste. Si tratta di provvedimenti indotti dalla grave carenza di prospettiva editoriale che riguarda una testata prestigiosa e che penalizza colleghi fino a qualche tempo fa impegnati alla realizzazione di un prodotto brillante e apprezzato. Ordine e Asu rinnovano all’editore de Il Giornale dell’Umbria la richiesta di poter essere messi a conoscenza di un piano editoriale che garantisca un futuro al prodotto-giornale anche e soprattutto sul piano dell’occupazione dei colleghi».
Ogni pretesto era buono per scatenare ilarietà e solidarietà sia all’interno che all’esterno del Giornale dell’Umbria, con lo scopo evidente di attrarre le luci dei riflettori e quindi cercando di far passare i nuovi manager come incapaci dai comportamenti arroganti.
Il commento dell’ex direttore Giuseppe Castellini in Umbrialeft del 24 gennaio 2016 è lampante: «la triade Incarnato-Giacumbo-Ghezzi (gli autoproclamati supermanager arrivati con tanta prosopopea, supponenza e frasi altisonanti che a leggerle oggi sembrano maschere di un film di Verdone, con i supermanager dimostratisi nanimanager, anzi nanissimi manager) che fa default in 4 mesi ma, tartufescamente, cerca di scaricare le proprie responsabilità su ogni dove (e con qualcuno che continua a fare promesse, come se i guai procurati non bastino, tanto che lo propongo per una parte né “Le baruffe chiozzotte”). Il tutto, in questo quadro di manager all’amatriciana, con il valido supporto di Luigi Camilloni, il presunto direttore».
Decisamente fuori dalle righe il termine utilizzato da Castellini per indicarmi come ‘presunto’ direttore.
Da sottolineare che l’ex direttore Giuseppe Castellini fu rimosso dal ruolo di direttore della testata giornalistica Giornale dell’Umbria e trasferito al ruolo di direttore della testata giornalistica Umbria Sport aveva rifiutato l’incarico percependo l’intero stipendio dal 28 agosto 2015 al 31 gennaio 2016, senza mai prestare la sua opera professionale.
Nello stesso periodo Castellini chiedeva soccombendo il reintegro in servizio nello stesso ruolo mentre stava svolgendo attività parallele finalizzate all’editazione del Nuovo Corriere Nazionale.
Come dicevano i latini «ab uno disce omnis», cioè «da uno capisci come sono tutti».
A raffica partivano i comunicati stampa che erano ripresi puntualmente dalle testate online umbre: per aver ridotto il numero dei collaboratori, per Caccia all’errore, per il taglio nazionale del quotidiano e per gli scioperi anche preventivi.
Tutti escamotage per creare indignazione, emozioni e cercando anche di addossare le responsabilità nei confronti della nuova dirigenza del Giornale dell’Umbria.
Al contrario i giornalisti dovevano apparire come dei vessati. Ecco quindi i giornalisti erigersi come i nuovi tribuni che stavano lottando per la libertà di stampa contro i ‘nanomanager’ venuti da fuori e che dovevano quindi andarsene.
I nuovi Torquemada si ergono dai loro pulpiti e si indignano, lanciando fulmini e saette contro Camilloni, il nemico numero uno da abbattere ad ogni costo.
A questo punto mancava solo che fosse lanciata la «fatwā» nei confronti di Camilloni, come ai tempi della condanna a morte in contumacia pronunciata nell’anno 1989 dall’ayatollah Khomeinī contro lo scrittore Salman Rushdie, ritenuto reo di sacrilegio verso la religione musulmana per il suo libro “I versetti satanici” (The Satanic Verses).
Anche se una specie di «fatwā de noantri» sembra di capirla dal tenore del post di Castellini che raggiunge l’apice dell’ilarità quando scrive «a cominciare dalla speranza che i nanimanager si levino di torno da questa regione, dopo aver dimostrato quello di cui sono capaci. Vadano a fare questi atti eroici altrove. State certi che, anche altrove, di sicuro non li dimenticheranno. Come non li dimenticheremo noi. Tutti e quattro sono il simbolo di un’Italia che, per il bene di tutti, vorremmo veder scomparire, o almeno messa in condizione di non nuocere».
Insomma, si continuava a preparare il terreno, bisogna screditare Camilloni non solo per creare attenzione ma gettare principalmente le fondamenta per la nascita del quotidiano il Nuovo Corriere Nazionale che sarà diretto, guarda il caso, proprio dallo stesso Giuseppe Castellini.
Giornalisti per caso
Parlare oggi di giornalismo significa in primo luogo parlare dei giornalisti. E allora cosa significa essere giornalisti in Italia?
Il coro di voci porta ad assegnare quasi all’unanimità al giornalista italiano una serie di contraddizioni che lo contraddistinguono rispetto ai colleghi degli altri Paesi. Possiamo tranquillamente parlare di arretratezza in vari settori: sicuramente quello culturale, professionale e ultimamente anche economico.
Anche se i giornalisti, nonostante queste peculiarità tipicamente nostrane, hanno un trattamento molto privilegiato rispetto ai giornalisti degli altri Paesi, come ad esempio la tutela del segreto professionale, il diritto di cronaca e l’esclusività ad assumere la carica di direttore e di vice direttore responsabile.
Scrive Giovanni Bechelloni: «la peculiarità più importante è che in Italia non si sono mai create quei due tipi di giornali che sono caratteristici di molti altri paesi: i giornali di qualità e i giornali popolari. In secondo luogo è rimasto tipico lungo tutta la storia del giornalismo italiano fino ai nostri giorni, il primato della politica, in una duplice accezione: centralità della copertura di politica interna rispetto a tutti gli altri temi e centralità dell’orientamento politico- ideologico della testata e del singolo giornalista».
Appena terminata la maturità scientifica nel 1985, iniziai a frequentare, poco più che diciottenne, la sala stampa della Camera dei Deputati grazie al direttore dell’Agenparl, Franco Lisi.
A quel tempo, non era raro ascoltare giornalisti parlamentari che dialogavano nel Transatlantico commentando fatti o retroscena di rilievo nazionale e internazionale.
Era molto difficile non rimanere incantati dalle argute riflessioni illustrate con un linguaggio forbito, segno evidente di una padronanza lessicale da veri e propri intellettuali che davano lustro a una categoria che era una vera e propria classe dirigente del Paese.
Oggi rispetto a quel tempo cosa è cambiato? Ho seri dubbi che adesso la categoria dei giornalisti sia ancora classe dirigente di questo Paese, forse sarebbe il caso di dire ‘più classe negligente e onnipresente’ soprattutto nei dibattiti politici televisivi che sono trasmessi tra un programma di ricette di gastronomia e le varie competizioni fra cuochi o aspiranti Chef.
Riflettendo con attenzione l’attività delle ‘maestranze’ locali, ho dedotto che ormai la categoria dei giornalisti ha vissuto e sta vivendo la propria attività più come un mestiere che come una vera e propria professione, scandita dalla routine quotidiana dove le pagine vengono ‘riempite” e non scritte. Insomma, alla stregua di come si riempiva la caldaia di una locomotrice a vapore agli inizi dell’Ottocento. Le notizie sono inserite sempre più con la ‘pala’ all’interno dei sistemi d’impaginazione dei quotidiani. Una molazza sempre in funzione che impasta tutto, senza una minima cernita degli eventi importanti che assumono il rango di notizie e che quindi vale la pena pubblicare.
Eppure viviamo in una società dell’informazione dove i cittadini sono costantemente subissati di notizie e il ruolo del giornalista dovrebbe essere centrale, vista la funzione primaria d’informatore e comunicatore.
Infatti, nonostante questa centralità abbiamo una qualità scadente dei quotidiani mentre al contrario i cittadini-lettori dovrebbero avere un’informazione libera e corretta proprio per poter partecipare alla vita democratica di un Paese.
Infine, lo sviluppo economico non può esistere in una società ‘chiusa’, restia a far circolare le informazioni, specie se non sono ‘gradite’ all’establishment. Un cane da guardia è sempre un bene per una società. Questo è il ruolo della Stampa, ed un’informazione che non ‘abbaia’ si trasformerebbe inevitabilmente in menzogna, o peggio in propaganda o pubblicità per l’establishment. Anche se in questa vicenda il cane non ha ‘abbaiato’ ma ha semplicemente ‘squittito’.