
(AGENPARL) – ven 23 settembre 2022 Geografie dell’Anima
Con il titolo “La geografia dell’anima”, i disegni di ritratti di alta qualità dell’artista di Mühlbach Alex Pergher sono esposti alla Biblioteca Hans Glauber dall’inizio di agosto. La mostra rimane aperta fino al 30 settembre.
…cosa insegnano queste tavole di Alex Pergher, nelle quali il tratto sono l’esito finale dell’utilizzo di antiche tecniche, del sapiente uso della matita, del pastello, delle sfumature “levigate”, dei chiaroscuri? La sapiente pratica del ritratto trova qui il suo canto (del cigno). Il ritratto è un genere pittorico assai raro nell’attuale produzione artistica, scavalcato (si fa per dire) dalla rappresentazione che sempre più spesso confonde l’arte della fotografia con l’autoproclamazione ad artista attraverso superficiali riti sociali.
Il nostro artista ha invece affinato la maestria del riportare su una superficie bidimensionale il fuori e il dentro, cioè l’essere vissuti e il vivere, del cogliere la persona nel suo aspetto meramente fisico catturando al contempo – attraverso il tratto – gli elementi psicologici più reconditi e nascosti, apparentemente inavvicinabili. L’opera diventa quindi una grande mappa geografica: ogni ruga, ogni increspatura della pelle, lo sguardo accigliato o rilassato e la morfologia del viso sono tutte presenze che concorrono a consegnarci un’umana esistenza. Il ritratto è l’altra faccia del labirinto, e più gli anni trascorrono più si complica il percorso del viaggio umano; le vie perdono la loro linearità, i sentieri si intersecano continuamente, si sovrappongono e spariscono per riapparire. La matita tentenna, si sofferma, riprende, sprofonda. Ogni opera è il risultato di anni di lavoro, di aggiustamenti, di interventi delicati e pesanti, di cancellature e sfregamenti, di graffi, graffiature e riscritture di una linea o di un’ombra. Il risultato è un modo diverso, ma antico, di guardare la persona ritratta. Anni di lavorio accostano l’artista all’alchimista che continua a permutare per trovare, l’origine, il senso, la pietra filosofale. Cambia il modo di percepire. Si passa dallo sguardo percettivo esteriore a un’interiorità particolare. Con questi lavori Alex Pergher è riuscito, come gli antichi, a capire che a percepire il volto non è soltanto l’occhio. Il disegno è innanzitutto la raffigurazione impressa nel cuore e in un secondo tempo questa “raffigurazione” assorbe la percezione estetica come forme che parlano. I ritratti dell’artista parlano – almeno per chi sa ascoltarli –, i segni sono suoni, sono armonie e disarmonie, i visi sono come i righi di un pentagramma dove le note della matita danzano rendendoci partecipi.
Fiorenzo DegasperiDie Geographie der Seele
Unter dem Titel „Die Geographie der Seele“ sind seit Anfang August in der Bibliothek Hans Glauber hochkarätige Porträt-Zeichnungen des Mühlbacher Künstlers Alex Pergher zu sehen. Die Ausstellung bleibt bis 30. September zugänglich.
Was haben uns diese geradezu ätherischen (griechisch: Welle des Himmels) Zeichnungen von Alex Pergher zu sagen? Die feine Linienführung, der kluge Gebrauch des Bleistifts, die antike Technik der Nuancierung und das filigrane Spiel mit Licht und Schatten? Der Anschlag des Bleistifts unterläuft im zeichnerischen Schaffen von Alex Pergher einen Prozess der Verfeinstofflichung, der sich der Materie sanft enthebt und zur Blaupause einer viel subtileren und tieferen Wirklichkeit wird. Damit setzt er einen Kontrapunkt zur begierigen und gleichzeitig inflationären fotografischen Selbstdarstellung der Smartphone-Generation, die auf sozialen Plattformen Omnipräsenz erpicht.
Alex Perghers fotorealistische Werke geben dem Genre des Porträts eine ganz andere Präsenz und Strahlkraft. In seinen Porträts leuchten und spiegeln sich Innen- und Außenwelten lebensechter Personen. Er fängt nicht nur ihre Physiognomien ein, sondern auch die in ihnen verborgenen feinen Charakterstrukturen; nicht umsonst spricht man bei beiderlei von Zügen, Gesichts- und Charakterzügen. In sie hinein flicht er auch den Zug des Lebens; das Leben, das vorüberzieht. So verdichtet sich in seinen Porträts die Substanz lebendigen und gelebten Lebens, des vitalen wie des verbrauchten. Das Porträt wird zur Landkarte, in der jede Falte, jede Unebenheit, jedes Stirnrunzeln und Loslassen Stationen des Lebenswegs markieren. Die Beschaffenheit menschlicher Existenz und Biographie schlägt sich direkt in der Morphologie des Gesichtes nieder. Die vielen Wegkreuzungen und Abzweigungen auf der Lebensreise verdichten sich zu einem unüberschaubaren Netz, verlieren an Linearität und werden zum Labyrinth, aus dem sich manche Erfahrung wegweisend hervorhebt. Synchron zeigt sich die Bleistiftführung manchmal fahrig, manchmal bestimmt, manchmal schwach und schwindend, um dann wieder kraftvoll und entschieden zutage zu treten. Die Porträts von Alex Pergher sind Produkte jahrelanger Arbeit, Resultat einer intensiven Auseinandersetzung und Annäherung an das Subjekt mit unzähligen, mikrofeinen Zeichenstrichen, Punktierungen, Schattierungen, Vertiefungen. Die aufwändige Technik ermöglicht es, dass die porträtierte Person tatsächlich „gesehen“ wird; der Künstler legt die Sicht auf ihre Wesenheit frei. In seiner akribischen Arbeit geht Alex Pergher wie ein Alchimist vor, er verfeinstofflicht kontinuierlich physisch-materielle Fakten zu kleinsten ätherischen Elementen und wirkt aus ihnen den Stoff, aus dem das Leben selbst gemacht zu sein scheint. Das gibt den von ihm porträtierten Personen diese besondere Aura, diesen besonderen Schein von Lebenswirklichkeit, diese besondere Ausstrahlung, die Modell wie Betrachter gleichermaßen durchdringen, sodass sich letzterer dem Bann kaum entziehen kann.
frei übersetzt von Edith Strobl
Foto Vernissage:
Zur Vernissage gaben sich der Künstler Alex Pergher gemeinsam mit Norbert Dalsass die Ehre mit Trommel und Kontrabass.
