Green Pass, Il Ministero della Salute è molto chiaro: la persona che è stata vaccinata contro il COVID-19 o ha ottenuto un risultato negativo al test molecolare/antigenico o è guarita da COVID-19 può ottenere la Certificazione verde COVID-19. Il Governo informi correttamente i cittadini. Basta con i pasdaran dell’informazione geneticamente modificata
(AGENPARL) – Roma, 23 luglio 2021 – Molti italiani stanno disdicendo le prenotazioni, dopo l’emanazione del Green Pass.
Sul sito del Ministero della Salute si legge che la Certificazione verde COVID-19 è una Certificazione in formato digitale e stampabile, emessa dalla piattaforma nazionale del Ministero della Salute, che contiene un QR Code per verificarne autenticità e validità.
La Certificazione verde Covid-19 è richiesta in Italia per partecipare alle feste per cerimonie civili e religiose, accedere a residenze sanitarie assistenziali o altre strutture, spostarsi in entrata e in uscita da territori classificati in “zona rossa” o “zona arancione”.
Dal 6 agosto servirà, inoltre, per accedere a qualsiasi tipo di servizio di ristorazione al tavolo al chiuso, spettacoli, eventi e competizioni sportive, musei, istituti e luoghi di cultura, piscine, palestre, centri benessere, fiere, sagre, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici e di divertimento, centri culturali e ricreativi, sale da gioco e casinò, concorsi pubblici.
Dal 1 luglio la Certificazione verde COVID-19 è valida come EU digital COVID certificate e rende più semplice viaggiare da e per tutti i Paesi dell’Unione europea e dell’area Schengen.
Vediamo cosa recita il REGOLAMENTO (UE) 2021/953 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 14 giugno 2021 relativo al quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 è molto chiaro.
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 21, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo ( 1 ), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria ( 2 ), considerando quanto segue:
(3) «Per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 gli Stati membri hanno adottato alcune misure che hanno inciso sull’esercizio da parte dei cittadini dell’Unione del loro diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, quali restrizioni all’ingresso o l’obbligo per i viaggiatori transfrontalieri di sottoporsi a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l’infezione da SARS-CoV-2».
(7) «In base alle evidenze mediche attuali e tuttora in evoluzione, le persone vaccinate o che hanno avuto di recente un risultato negativo a un test per la COVID-19 e le persone che sono guarite dalla COVID-19 nei sei mesi precedenti sembrano comportare un rischio ridotto di contagiare altre persone con il SARS-CoV-2. La libera circolazione delle persone che, secondo solidi dati scientifici, non costituiscono un rischio significativo per la salute pubblica, per esempio perché sono immuni da SARS-CoV-2 e non possono trasmetterlo, non dovrebbe essere soggetta a restrizioni, poiché queste ultime non sarebbero necessarie a conseguire l’obiettivo di tutelare la salute pubblica. Qualora la situazione epidemiologica lo consenta, tali persone non dovrebbero essere soggette a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di COVID-19, come i test per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione e in linea con il principio di precauzione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie».
Scorrendo all’articolo (9) la direttiva europea stabilisce che «Misure unilaterali atte a limitare la diffusione del SARS-CoV-2 potrebbero causare perturbazioni significative dell’esercizio del diritto di libera circolazione e ostacolare il corretto funzionamento del mercato interno, compreso il settore del turismo, in quanto le autorità nazionali e i servizi di trasporto di passeggeri, quali linee aeree, treni, pullman e traghetti, potrebbero trovarsi di fronte a una vasta gamma di formati diversi di documenti attestanti non solo la vaccinazione anti COVID-19 dei titolari del certificato, ma anche i risultati dei loro test e la guarigione».
Ma vi è di più. All’articolo (10) «Nella sua risoluzione del 25 marzo 2021 sulla definizione di una strategia dell’UE per il turismo sostenibile, il Parlamento europeo ha chiesto un approccio armonizzato in materia di turismo in tutta l’Unione applicando criteri comuni per viaggiare in sicurezza, tramite un protocollo dell’Unione sulla sicurezza sanitaria relativo ai test e ai requisiti di quarantena, un certificato comune di vaccinazione, una volta che vi siano sufficienti prove scientifiche che le persone vaccinate non trasmettono il SARS-CoV-2, e mediante il riconoscimento reciproco delle procedure di vaccinazione».
L’articolo (11) si legge testualmente che «Nella dichiarazione del 25 marzo 2021, i membri del Consiglio europeo hanno invitato ad avviare i preparativi per un approccio comune alla graduale revoca delle restrizioni alla libera circolazione al fine di garantire il coordinamento degli sforzi quando la situazione epidemiologica consentirà un allentamento delle misure in essere e a portare avanti con urgenza i lavori sui certificati digitali COVID-19 interoperabili e non discriminatori».
(21) «L’accesso universale, tempestivo e a prezzi abbordabili ai vaccini anti COVID-19 e ai test per l’infezione da SARSCoV-2, che sono alla base del rilascio dei certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE, è fondamentale nella lotta contro la pandemia di COVID-19 ed essenziale per ripristinare la libertà di circolazione all’interno dell’Unione. Per facilitare gli spostamenti, gli Stati membri sono incoraggiati a garantire possibilità di test accessibili e ampiamente disponibili, tenendo conto del fatto che tutta la popolazione non avrebbe la possibilità di essere vaccinata prima della data di applicazione del presente regolamento».
«L’articolo 23 del suddetto regolamento stabilisce che «È opportuno che, in conformità del presente regolamento, i certificati che costituiscono il certificato COVID digitale dell’UE siano rilasciati alle persone di cui all’articolo 3 della direttiva 2004/38/CE, vale a dire ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, o lo Stato membro in cui essi sono stati vaccinati o sottoposti a test, o in cui si trovano una volta guariti».
«(36) È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati».
(39) Malgrado tali sforzi comuni, i cittadini dell’Unione e i loro familiari che esercitano il diritto di libera circolazione continuano a incontrare problemi quando intendono avvalersi in uno Stato membro del risultato di un test ottenuto in un altro Stato membro. Tali problemi sono spesso connessi alla lingua in cui è redatto il risultato del test o alla mancanza di fiducia nell’autenticità del documento esibito. In tale contesto, è altresì necessario tenere conto del costo dei test. Tali problemi sono aggravati per coloro che non possono ancora essere vaccinati, in particolare i bambini, per i quali i risultati dei test potrebbero essere l’unico modo per viaggiare verso destinazioni dove sono in atto restrizioni.
(42) I certificati del test per la COVID-19 con risultati negativi rilasciati dagli Stati membri in conformità del presente regolamento dovrebbero essere accettati, alle stesse condizioni, dagli Stati membri che richiedono la prova di un test per l’infezione da SARS-CoV-2 al fine di derogare alle restrizioni alla libera circolazione poste in essere per limitare la diffusione del SARS-CoV-2. Se la situazione epidemiologica lo consente, i titolari di un certificato indicante esito negativo a un test non dovrebbero essere soggetti a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di COVID-19, come i test aggiuntivi all’arrivo per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie.
(60) A norma del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio ( 17), la Commissione consulta il Garante europeo della protezione dei dati durante la stesura di atti delegati o di esecuzione che incidano sulla tutela dei diritti e delle libertà delle persone in relazione al trattamento dei dati personali. La Commissione può inoltre consultareil comitato europeo per la protezione dei dati qualora tali atti siano di particolare importanza per la tutela dei diritti e delle libertà delle persone in relazione al trattamento dei dati personali. (61) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione durante la pandemia di COVID-19 istituendo un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati COVID-19 interoperabili relativi alla vaccinazione, al risultato dei test e alla di guarigione di una persona dalla COVID-19, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (62) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta»), tra cui il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, il diritto alla protezione dei dati di carattere personale, il diritto all’uguaglianza davanti alla legge e alla non discriminazione, la libertà di movimento e il diritto a un ricorso effettivo. Nell’attuazione del presente regolamento gli Stati membri devono rispettare la Carta.
Tutto chiaro? E se non è tutto chiaro perché non si legge il Regolamento europeo e non si visita il sito del Ministero della Salute?
Il Governo informi correttamente i cittadini.