
CATANZARO “Da oltre tre 10 anni la Calabria è sottoposta a piano di rientro sanitario. Tanti cittadini non riescono ad usufruire del diritto costituzionale alla cura e sono costretti alla migrazione sanitaria. La vigilanza dello Stato sui sistemi sanitari regionali è indispensabile così come è importante che le dirigenze sanitarie vengano assunte non dalla politica ma in base a concorso pubblico in base a criteri meritocratici e non di affiliazione politica”. E’ quanto ha affermato la senatrice Bianca Laura Granato (M5S) intervenendo in aula nel corso del dibattito sul secondo Decreto avente ad oggetto la sanità calabrese. “Fondamentale è anche rivedere i parametri di assegnazione dei fondi per il finanziamento dei servizi sanitari regionali sulla base non della popolazione pesata ma anche in funzione delle comorbilità che sicuramente comportano costi di gestione più elevati”, spiega ancora la Granato che prima aveva ripercorso le tappe fondamentali dell’attività delle strutture commissariali, e la situazione calabrese con due Asp commissariate per infiltrazioni mafiose, quella di Reggio Calabria e quella di Catanzaro. “Non tutti sapranno che i bilanci di 4 anni dell’Asp di Reggio Calabria sono spariti e sono stati sostituiti da bilanci orali, non tutti sapranno che il commissariamento governativo ha riguardato solo l’aspetto economico-finanziario, ma quello gestionale è sempre rimasto nelle mani della Regione Calabria, i cui governatori che si sono susseguiti hanno sempre confermato le stesse persone alla guida delle Asp e hanno confermato sempre premialità per tutti i dirigenti che dopo numerosi anni di questa gestione hanno portato l’indice dei LEA a 136, ovvero ben 24 punti al di sotto delle soglie di accettabilità – ha affermato ancora -. Quali sono le principali cause del dissesto? Il rapporto “malato” pubblico-privato, per il quale si faceva ricorso a continui sforamenti del budget destinato alle strutture private convenzionate, con conseguente contenzioso e nuovi oneri per il bilancio delle ASP, le forniture spesso inutili o obsolete pagate fuori dai listini di mercato liquidate anche più volte, assunzioni clientelari da parte dei politici di turno. Tutto ciò ha subìto una inevitabile battuta di arresto con il commissariamento governativo, ma ha anche comportato delle restrizioni non indifferenti sul diritto alla cura dei calabresi che si sono visti improvvisamente aumentare il costo delle prestazioni, della diagnostica, imporre limitazioni nelle prescrizioni, ma è fondamentale sempre distinguere le cause dagli effetti: le cause sono riconducibili alla cattiva gestione della sanità da parte della regione Calabria”. (News&Com)