(AGENPARL) - Roma, 10 Settembre 2025(AGENPARL) – Wed 10 September 2025 DISTURBI PSICOSOMATICI E ANSIA NEGLI ADOLESCENTI: UN LEGAME TRA MENTE E CORPO. COME AFFRONTARLI E SUPERARLI. INTERVISTA AD ADELIA LUCATTINI
Roma, 10 settembre 2025
Di Marialuisa Roscino
Le somatizzazioni sono la manifestazione fisica di un disagio psicologico importante. Una delle cause scatenanti è proprio l’ansia. In pratica, Il corpo esprime ciò che la mente non riesce a elaborare o a comunicare verbalmente. Da qui, i sintomi più comuni, come la tachicardia, il mal di stomaco, l’emicrania, la tensione muscolare, e non solo! Questo fenomeno è spesso collegato a difficoltà nella sfera espressiva e nella capacità di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni e i propri pensieri in modo adeguato. Cosa fare allora, quando il corpo somatizza? Quando diventa davvero importante richiedere un supporto psicologico? Negli adolescenti, questo tipo di disturbi psicosomatici può essere più frequente? In che modo è possibile curarli e superarli, affinché non sfocino in vere e proprie patologie? Di questo e molto altro ancora, ne parliamo oggi in questa intervista con Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Lucattini: “In tutti questi casi il corpo sta “parlando” al posto della mente, trasformando un’emozione che non trova parole in un sintomo fisico.”
Dott.ssa Lucattini, le somatizzazioni sono un segnale importante di allarme che il nostro corpo ci invia. Crede sia importante riconoscerle e agire rapidamente per comprenderne meglio il loro significato profondo?
I disturbi psicosomatici derivano da un malessere psicologico profondo che causa sintomi fisici in assenza di malattie fisiche. Le persone affette da questi disturbi, poiché hanno dolore, bruciori, prurito, etc., si rivolgono spesso sia al loro medico di famiglia, che agli specialisti, allarmandosi molto per quella che loro ritengono un’assenza di diagnosi. Dopo avere completato tutti gli accertamenti, che è sempre il primo passo, se non risulta nulla di organico, si può pensare a un disturbo psicosomatico.
È fondamentale intervenire tempestivamente, attraverso una diagnosi precoce. Infatti, stabilito che il disturbo è di natura psicologica, l’unica cura efficace è la psicoterapia psicoanalitica che permette di capire quali sono le ragioni profonde, inconsce, che causano angoscia, ansia e depressione, non avvertite in questi casi, a livello emotivo, ma che vengono invece scaricate sul corpo. Come sottolinea un recente studio pubblicato sul Journal of Psychosomatic Research (2025), strumenti diagnostici più attenti ai fattori psicosociali e funzionali possono facilitare l’identificazione precoce dei disturbi somatici e prevenire la loro cronicizzazione.
Quando l’ansia prende la gola, con la sensazione di avere un nodo in gola, in questi casi “psicosomatici”, cosa è possibile fare?
Questo tipo di sintomi è molto frequente. Il dolore ala gola o la sensazione di non riuscire a deglutire (“bolo”) sono manifestazioni soprattutto di ansia. Quando si è tesi, ansiosi o angosciati, il corpo reagisce rilasciando adrenalina e cortisolo. Come evidenzia un contributo pubblicato sulla rivista HNO-Psychosomatics (2025), lo stress può provocare tensione nei muscoli della gola e del collo, determinando sintomi tipici, come la sensazione di costrizione o dolore in sede faringe. Mente e corpo sono profondamente uniti: la persona è una sola, e qualunque stress psicologico, dispiacere, preoccupazione o sofferenza, se non vengono riconosciuti, si esprimono attraverso esso. Conoscere i propri problemi è di per sé ansiolitico e favorisce la risoluzione del disagio.
Dott.ssa Lucattini, le somatizzazioni collegate all’ansia, possono nascondere problemi legati alla sfera espressiva e alla incapacità di comunicarli e in alcuni casi, in modo efficace anche i propri pensieri, cosa può dirci a riguardo?
La difficoltà a riconoscere, distinguere ed esprimere le proprie emozioni è definita “alessitimia”, dal greco a- (“mancanza”), lexis (“parola”) e thymos (“emozione”), ossia la mancanza di parole per esprimere il proprio stato emotivo. Questa disregolazione emotiva può causare disturbi psicosomatici, poiché chi ne è affetto esprime il proprio disagio emotivo e la sofferenza mentale attraverso il corpo.
In alcuni studi recenti pubblicati sul Journal of Affective Disorders (2024), è emerso come un tratto alessitimico sia associato a una maggiore tendenza ad amplificare le sensazioni corporee (amplificazione somatosensoriale), che mediano la relazione tra difficoltà emotive e sintomi somatici. In questo senso, il disagio psichico non rimane confinato alla dimensione interiore, ma diventa esperienza fisica concreta, percepita nel corpo. Favorire lo sviluppo della consapevolezza emotiva, anche attraverso la psicoanalisi e terapie mirate all’espressione delle emozioni, rappresenta un passo essenziale per ridurre la somatizzazione e rafforzare la capacità di simbolizzare i propri vissuti.
Tra i disturbi psicosomatici più diffusi, soprattutto nei bambini e negli adolescenti, ci sono anche i conati e il vomito. Quale significato hanno in particolare?
La “sindrome del vomito ciclico” è una condizione che colpisce prevalentemente i bambini tra i 3 e i 7 anni, ma può comparire anche in età adulta. Studi clinici hanno dimostrato una forte associazione con l’emicrania e con una storia familiare di cefalea. In particolare, un lavoro pubblicato su Frontiers in Neurology (2017), ha messo in evidenza come questo disturbo presenti caratteristiche comuni a condizioni di natura sia neurologica, che psicosomatica, suggerendo l’importanza di una valutazione integrata.
Accanto a queste forme mediche, esiste una nausea e un vomito di natura esclusivamente psicologica, nei quali il corpo esprime simbolicamente un rifiuto della situazione vissuta, quasi fosse “rigettata”. Questo avviene anche nelle fobie, dove nausea e vomito rappresentano manifestazioni somatiche della paura. Da una prospettiva psicosomatica, tali sintomi sono l’espressione fisica di emozioni non elaborate, che non trovano altra via, se non quella corporea.
Inoltre, uno studio più recente pubblicato sul United European Gastroenterology Journal (2025) sottolinea come nausea e vomito possano essere letti anche come manifestazioni psicosomatiche collegate a un modello biopsicosociale, in cui emozioni e conflitti inconsci non elaborati trovano nel corpo, il loro linguaggio privilegiato.
Dott.ssa Lucattini, esiste “un tempo di durata” della malattia psicosomatica? Generalmente quanto può durare?
Una malattia psicosomatica, per essere definita tale, si verifica quando i sintomi persistono per almeno sei mesi, anche se non in modo continuo. La durata effettiva dipende fortemente dalla motivazione: preoccupazioni intense, persistenti o diffuse possono prolungare e rafforzare i sintomi fisici. L’ansia per la salute, il tempo e le energie spese in visite mediche ed esami alimentano un circolo vizioso che ostacola il miglioramento. Clinicamente, la condizione migliora solo con l’avvio di un percorso psicoanalitico o psicoterapeutico dinamico: prima si inizia, prima si guarisce.
A supporto di questa prospettiva, uno studio recente pubblicato su Frontiers in Psychiatry (2025) ha evidenziato l’importanza della “competenza concettuale”, cioè la capacità di integrare consapevolmente il modello biopsicosociale e di gestire criticamente il dualismo mente‑corpo nella pratica clinica, come fattore che può ridurre la durata e la gravità dei sintomi psicosomatici, favorendo un approccio più integrato e resistenziale alla somatizzazione.
I disturbi psicosomatici, sappiamo come, in realtà possono interessare diverse parti del corpo: il viso, la testa, l’intestino, a volte le gambe, le mani, quando in caso di paura, tremano o si ha una sudorazione intensa, il cuore (tachicardia). Ecco, in tutti questi casi, quando il corpo somatizza, cosa è possibile fare?
Il corpo somatizza per dar voce a un disagio interiore. Curare soltanto il sintomo fisico non basta, occorre ascoltare il messaggio che il corpo porta con sé, e tradurlo in parole e comprenderlo. È da lì che inizia la vera guarigione.
In tutti questi casi il corpo sta “parlando” al posto della mente, trasformando un’emozione che non trova parole in un sintomo fisico. Cosa fare? Prima di tutto, è importante non trascurare i segnali. Se i sintomi diventano cronici o complicati, per esempio con infezioni cutanee da grattamento, o per gli effetti collaterali dell’uso eccessivo di farmaci sintomatici, è necessario rivolgersi a uno specialista, che può essere il dermatologo, il neurologo, il gastroenterologo o il cardiologo, a seconda della sede dei disturbi.
Parallelamente, però, serve affrontare le cause profonde. Lo psicoanalista o lo psicoterapeuta dinamico aiutano a comprendere il significato dei sintomi, cioè quello che il corpo sta cercando di dire. La psiche, infatti, se non riesce a esprimersi con le parole, ricorre al corpo come strumento di comunicazione. Questo passaggio che vede centrali la comprensione e la simbolizzazione del sintomo, è il punto chiave della guarigione.
La ricerca più recente conferma quanto sia necessario un approccio integrato. Un lavoro pubblicato sul Journal of Psychosomatic Research (2025) ha mostrato che programmi di cura che uniscono supporto medico e psicologico sono più efficaci nel ridurre sia i sintomi fisici sia il malessere emotivo. Sulla rivista Clinical, Cosmetic and Investigational Dermatology (2025), è stato evidenziato che molte malattie cutanee, dall’eczema alla psoriasi, migliorano quando si affianca al trattamento dermatologico un percorso psicoterapeutico, dimostrando come pelle e psiche siano strettamente connesse.
Questi disturbi possono essere frequenti, in particolare, negli adolescenti?
I disturbi psicosomatici sono comuni e spesso sottovalutati in adolescenza. Sono alimentati da fragilità emotive, difficoltà espressive e contesti stressanti. Intervenire con empatia, ascolto e, se necessario, supporto specialistico, è fondamentale per aiutare il giovane a tradurre il dolore in parole e disinnescare il sintomo fisico. Questo avviene soprattutto perché gli adolescenti, spesso intelligenti, sensibili, estremamente emotivi, ma riservati, faticano a parlare di sé, dei propri desideri o delle emozioni che vivono. È una fase in cui il corpo trova più facilmente la sua voce quando la mente è in difficoltà.
Un recente articolo pubblicato su Anales de Pediatría (2025) evidenzia che i sintomi somatici colpiscono circa il 25 % di bambini e adolescenti, con un impatto significativo nel 10 % dei casi; tra i disturbi di somatizzazione, quelli clinicamente rilevanti superano l’1–3 % della popolazione giovanile
Questi sintomi spesso si presentano in momenti precisi, come durante le pressioni scolastiche, ricorrenze dolorose (lutti, perdite, traumi) o periodi di stress emotivo, e tendono a essere ricorrenti o ciclici. La durata e l’intensità delle preoccupazioni, messe in connessione con l’ansia e l’attenzione eccessiva rivolta al corpo, amplificano il rischio di cronicizzazione.
Le conseguenze possono essere serie, dal calo del rendimento scolastico a difficoltà relazionali e isolamento. Se non si interviene per tempo, il disagio psicosomatico si radica e diventa più difficile da affrontare.
Il consiglio pratico è duplice: innanzitutto, non sottovalutare i segnali, anche se possono sembrare vaghi o ricorrenti; poi, favorire uno spazio di ascolto empatico (a scuola, in famiglia, con un terapeuta), in cui l’adolescente venga aiutato a riconoscere e dare forma alle proprie emozioni. La simbolizzazione verbale del disagio rende possibile interrompere il linguaggio del corpo-clinico.
Un secondo studio, pubblicato su Journal of Adolescent Health (2025), ha mostrato che i disturbi psichiche e psicosomatici tra gli adolescenti sono aumentate notevolmente dal 2010 al 2022, soprattutto tra le ragazze, in particolare dopo la pandemia, e che questi problemi sono strettamente legati a condizioni socioeconomiche strutture familiari fragili.
In che modo, gli adolescenti possono superarli? Quali consigli si sente di dare loro?
-Parlare subito con i genitori e rivolgersi al pediatra o al medico di famiglia per escludere cause organiche;
-Provare a collegare i sintomi a fattori scatenanti come interrogazioni, litigi, bullismo, delusioni o perdite;
-Ricordare che la scelta dell’“organo bersaglio” non è mai casuale e spesso richiama una storia familiare;
-Evitare pensieri catastrofici, calmarsi e condividere il proprio malessere senza chiudersi in sé stessi;
-Capire che la somatizzazione è una “materializzazione” delle emozioni negative che il corpo traduce in sintomi;
-Considerare i sintomi come messaggi che la mente invia attraverso il corpo e che vanno ascoltati;
-Una volta accertato attraverso visite mediche specialistiche che i disturbi non hanno una causa organica, rivolgersi a uno psicoanalista perché il problema emotivo e psicologico può essere affrontato e risolto.
