
Non c’è più spazio per l’ipocrisia. Con le sue ultime conclusioni, l’SDA ha squarciato definitivamente il velo della diplomazia e mostrato il vero volto della sua politica: destabilizzazione, espansionismo, e violazione frontale degli Accordi di Dayton.
Chiedere l’annessione del Distretto di Brčko alla Federazione di BiH è più di una provocazione: è un attacco diretto all’equilibrio costituzionale che tiene ancora in piedi la Bosnia-Erzegovina. È la dichiarazione di fallimento della convivenza. È la conferma che la visione dell’SDA non ha mai incluso la Republika Srpska come soggetto uguale e legittimo.
La Republika Srpska ha risposto come doveva: chiarendo che ogni intervento su Brčko porterà alla dissoluzione formale della Bosnia-Erzegovina. Non è una minaccia. È una certezza giuridica, una reazione prevista dal diritto internazionale e dagli stessi principi di Dayton.
Le élite musulmane a Sarajevo, con il tacito consenso degli Alti Rappresentanti internazionali, stanno giocando con il fuoco, nella speranza che l’Occidente torni a blindare artificialmente una BiH centralizzata. Ma i tempi sono cambiati: né Washington né Bruxelles hanno oggi la forza, né la volontà, di ribaltare la realtà sul campo.
Brčko è e resterà un condominio delle due entità. Ogni tentativo di modificarne lo status unilateralmente sarà la pietra tombale sulla Bosnia-Erzegovina. E sarà responsabilità esclusiva di chi, come l’SDA, ha scambiato la pace per una resa della Republika Srpska.
La Srpska sopravvivrà. La Bosnia-Erzegovina, forse, no.