
(AGENPARL) – gio 20 febbraio 2025 Il futuro del welfare italiano tra equità e sviluppo
Indirizzo di saluto di Fabio Panetta*
Governatore della Banca d’Italia
Presentazione del Rapporto sulla sussidiarietà 2023/2024
Roma, 20 febbraio 2025
Il rapporto della Fondazione per la sussidiarietà che oggi viene presentato affronta un
tema di cruciale importanza per la vita dei cittadini: la riforma del welfare state italiano.
L‘obiettivo è trovare soluzioni adeguate per affrontare i rischi tipici delle società moderne
– disoccupazione, malattia, disabilità – considerando le nuove forme che essi assumono
ai nostri giorni. Tra le sfide emergenti spiccano l’obsolescenza delle competenze,
accelerata dalla diffusione dell’intelligenza artificiale, la precarietà del lavoro nella
gig economy, la fatica delle madri nel conciliare famiglia e carriera, le crescenti difficoltà
quotidiane degli anziani, più numerosi e al tempo stesso più soli nelle nostre città.
Il sistema di welfare svolge un ruolo essenziale nel ridurre le diseguaglianze e contrastare
la povertà. Se si considerano solo i proventi da lavoro e da proprietà, la distribuzione dei
redditi tra le famiglie italiane risulta fortemente diseguale, con un indice di Gini superiore
al 52 per cento.
Tuttavia, l’inclusione delle pensioni e degli altri trasferimenti sociali in denaro erogati
dalle Amministrazioni pubbliche riduce questo valore di circa 10 punti percentuali1. Se
si considera anche il valore economico delle principali prestazioni in natura – come
sanità, istruzione, asili nido, edilizia popolare – l’indice di Gini si abbassa ulteriormente,
di 2,5 punti percentuali2.
Il sistema di welfare non è solo uno strumento di equità sociale, ma anche un motore
essenziale per lo sviluppo economico di un paese. In un contesto caratterizzato da
informazione imperfetta e mercati finanziari incompleti, il welfare riduce l’incertezza,
mettendo le persone nella condizione di poter assumere rischi, ad esempio avviando
un’attività imprenditoriale innovativa. Allo stesso modo, un sistema di istruzione pubblica
Ringrazio per gli scambi di vedute e i contributi alla preparazione del testo Andrea Brandolini e
Pietro Tommasino.
La stima è effettuata utilizzando il modello di microsimulazione della Banca d’Italia (BIMic). Per una
descrizione del modello e dei suoi potenziali utilizzi, cfr. N. Curci, M. Savegnago e M. Cioffi, BIMic:
the Bank of Italy microsimulation model for the Italian tax and benefit system, Banca d’Italia, Questioni
di economia e finanza, 394, 2017; N. Curci e M. Savegnago, Shifting taxes from labour to consumption:
the efficiency-equity trade-off, Banca d’Italia, Temi di discussione, 1244, 2019.
E. Dicarlo e M. Savegnago, The redistributive effects of in-kind transfers in Italy, Banca d’Italia, Questioni
di economia e finanza, in corso di pubblicazione.
permette a tutti, indipendentemente dalle disponibilità economiche, di sviluppare e
mettere a frutto il proprio talento. Più in generale, quando garantisce la parità nelle
“opportunità di partenza”, il sistema di welfare valorizza il capitale umano della società,
contribuendo così ad aumentare il potenziale di crescita dell’economia3.
D’altro canto, il welfare state ha dei costi.
A livello microeconomico, può distorcere gli incentivi al lavoro e al risparmio sia
direttamente, attraverso le regole che determinano i benefici, sia indirettamente, tramite
la tassazione necessaria a finanziarlo.
Sul piano macroeconomico, la generosità del welfare deve necessariamente essere
bilanciata con la sostenibilità dei conti pubblici. Questi due aspetti sono strettamente
collegati: regole mal concepite possono disincentivare il lavoro e il risparmio, con effetti
negativi sulla crescita economica – a sua volta fondamentale per garantire la sostenibilità
del debito pubblico4.
In Italia, la spesa pubblica per le pensioni ammonta a circa il 16 per cento del PIL, uno
dei livelli più alti nell’area dell’euro. Al contrario, le risorse destinate a sanità e istruzione,
pari rispettivamente al 7 e al 4 per cento del prodotto, sono inferiori alla media europea5.
Questo squilibrio tra il peso delle pensioni e quello delle altre prestazioni6, così come
l’insufficiente offerta di servizi in natura rispetto ai trasferimenti monetari, rappresenta
un problema noto7. In particolare, per le famiglie fragili e nei contesti sociali più difficili
vi è una diffusa esigenza di integrare l’aiuto economico con il sostegno da parte di
operatori specializzati, in grado di accompagnare le persone nella quotidianità.
A.B. Atkinson, The economic consequences of rolling back the welfare state, Cambridge (MA), The MIT
Press, 1999; J.E. Stiglitz, The welfare state in the XXI century, in J.A. Ocampo e J.E. Stiglitz (a cura di),
The welfare state revisited, New York, Columbia University Press, 2018, pp. 3-37; A. Berg, J.D. Ostry,
C.G. Tsangarides e Y. Yakhshilikov, Redistribution, inequality, and growth: new evidence, “Journal of
Economic Growth”, 23, 2018, pp. 259-305; K. Tabata, Redistributive policy and R&D-based growth,
“Journal of Macroeconomics”, 79, 2024.
M. Ferrera, Le trappole del welfare, Bologna, Il Mulino, 1998.
Per ulteriori approfondimenti e dettagli metodologici, cfr. il riquadro: La spesa primaria corrente
italiana e le sue componenti, in Banca d’Italia, Relazione annuale. Anno 2023, 2024. Tra il 2008 e il 2019
la spesa per pensioni è aumentata in rapporto al PIL di 1,4 punti percentuali; quella sanitaria è rimasta
sostanzialmente stabile, come in Spagna, mentre è cresciuta di circa 0,7 punti percentuali in Francia e
in Germania; la spesa per l’istruzione si è contratta di 0,2 punti in Italia, in linea con Francia e Spagna,
mentre è aumentata di 0,3 punti in Germania.
In particolare, la predisposizione anche nel nostro paese di un sostegno al reddito universale di ultima
istanza è al centro di accesissime controversie ed è stata oggetto di decisioni di policy contradditorie;
cfr. C. Gori, Combattere la povertà: l’Italia dalla Social card al Covid-19, Bari, Laterza, 2020.
Commissione per l’analisi delle compatibilità macroeconomiche della spesa sociale, Rapporto finale,
1997; T. Boeri e R. Perotti, Meno pensioni più welfare, Bologna, Il Mulino, 2002; P. Bosi, L’irresistibile
attrazione dei trasferimenti monetari, in L. Guerzoni (a cura di), La riforma del welfare. Dieci anni
dopo la Commissione Onofri, Bologna, Il Mulino, 2008, pp. 81-104. Sui fattori alla base delle lacune e
degli squilibri del nostro welfare state, cfr. M. Ferrera, V. Fargion e M. Jessoula, Alle radici del welfare
all’italiana: origini e futuro di un modello sociale squilibrato, Venezia, Marsilio, 2012.
Le risorse di bilancio per colmare le lacune del nostro sistema di protezione sociale
sono limitate, in un contesto in cui gli effetti della globalizzazione probabilmente
richiederebbero un maggiore impegno perequativo8. Il debito pubblico è pari al 135
per cento del PIL, e la spesa pensionistica è destinata ad aumentare nel medio periodo
a causa delle sfavorevoli dinamiche demografiche9. A ciò si aggiunge la necessità di
destinare più risorse rispetto al passato a difesa, transizione verde e digitale10.
Le scelte sulla ricomposizione della spesa pubblica tra i diversi obiettivi sono di natura
politica, in quanto riflettono valori e orientamenti culturali e non possono essere effettuate
esclusivamente su base tecnica.
Il Rapporto, in modo opportuno, si concentra sulle modalità per modernizzare la
governance del welfare italiano, con particolare attenzione al livello territoriale. Le riforme
in questo ambito non comportano necessariamente un aumento della spesa pubblica;
al contrario, possono migliorare l’efficienza del sistema, generare risparmi significativi e,
allo stesso tempo, garantire qualità e accessibilità dei servizi per i cittadini.
In Italia l’erogazione del welfare territoriale è affidata a una pluralità di soggetti. Per
quanto riguarda i servizi sociali destinati alla prima infanzia, alla non autosufficienza, alla
disabilità e alle situazioni di disagio socio-economico, i comuni sono responsabili delle
funzioni amministrative e dell’erogazione delle prestazioni, mentre le regioni si occupano
della programmazione e dell’orientamento degli interventi, assicurando il coordinamento
con le politiche regionali sanitarie e con quelle per l’inserimento lavorativo.
Lo Stato, invece, ha il compito di definire i livelli essenziali delle prestazioni relative ai
diritti civili e sociali11 e di garantirne il finanziamento. Tuttavia, nella pratica il welfare
territoriale è sostenuto principalmente dai bilanci comunali. A livello aggregato i fondi
statali, regionali e di altri enti pubblici coprono solo il 40 per cento della spesa complessiva,
e sono sostanzialmente uniformi sul territorio in termini pro capite.
A causa delle differenze nella capacità fiscale e amministrativa, l’intervento dei comuni
risulta minore proprio nelle aree che ne avrebbero maggiormente bisogno. In media,
la spesa socio-assistenziale pro capite nelle regioni del Centro-Nord è quasi il doppio
rispetto a quella del Sud (170 contro 90 euro, rispettivamente).
F. Panetta, Pace e prosperità in un mondo frammentato, intervento all’incontro Economia e pace:
un’alleanza possibile, Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, Bologna, Centro San Domenico,
16 gennaio 2025.
Secondo le più recenti proiezioni della Commissione europea l’aumento a politiche invariate sarà di
circa un punto percentuale nel prossimo ventennio; cfr. Commissione europea, 2024 Ageing Report.
Economic and Budgetary Projections for the EU Member States (2022-2070), Institutional Paper, 279,
aprile 2024.
F. Panetta, Un patto europeo per la produttività, intervento al XX Foro di dialogo Spagna-Italia
(AREL-CEOE-SBEES), Barcellona, 3 dicembre 2024.
Questo è avvenuto ad esempio nel caso degli asili nido comunali, per i quali la legge di bilancio per il
2021 e quella per il 2022 hanno definito come livello essenziale di prestazione un tasso di copertura
pari al 33 per cento della popolazione di riferimento (bambini di età compresa fra 0 e 2 anni).
Tali disparità di spesa si traducono in diseguaglianze nell’accesso ai servizi. Nelle regioni
meridionali i posti negli asili nido coprono appena il 7 per cento dei bambini sotto i tre
anni, contro il 19 nelle altre regioni; l’assistenza domiciliare agli anziani raggiunge solo
8 ultrasessantacinquenni su 1.000, rispetto a 19 nelle altre regioni.
Questi dati mettono in luce la necessità di una riflessione approfondita sul modello
istituzionale dell’offerta di servizi sociali. È fondamentale trovare un equilibrio tra due
esigenze: da un lato il decentramento, che consente di rispondere in modo più preciso
ai bisogni specifici dei territori e di adottare misure mirate; dall’altro lato, un solido
coordinamento centrale, necessario per garantire un uso appropriato delle risorse e un
livello uniforme dei servizi essenziali su tutto il territorio nazionale.
Nei prossimi anni non sarà facile bilanciare una crescente domanda di protezione sociale,
soggetta a rapide e imprevedibili evoluzioni, con un’offerta inevitabilmente limitata dai
vincoli di finanza pubblica. Tuttavia, questo trade-off può essere reso meno stringente
agendo su due fronti.
Il primo riguarda la razionalizzazione della struttura dell’offerta, come messo in luce
dal Rapporto, valorizzando la sussidiarietà sia verticale – tra i diversi livelli dello Stato –
sia orizzontale, coinvolgendo accanto allo Stato anche il mercato e il terzo settore.
Il secondo passa attraverso riforme e investimenti pubblici volti ad aumentare la crescita
potenziale e la produttività dell’economia.
Su questo punto mi sono soffermato più volte, ma l’occasione di oggi è particolarmente
significativa perché permette di ribadire un principio essenziale: rilanciare la crescita e
generare maggiori redditi attraverso un uso più produttivo del lavoro e del capitale è
la condizione imprescindibile per preservare il nostro modello di welfare e promuovere
il progresso civile.
Solo crescendo potremo garantire risorse adeguate a pensioni, sanità, istruzione
e assistenza sociale. Nel settore sanitario, ad esempio, questo significa sostenere
l’innovazione tecnologica, migliorare l’accesso alle cure, ridurre le liste d’attesa e
potenziare i servizi essenziali.
Un’economia forte e produttiva è il fondamento di un welfare equo ed efficace, capace
di rispondere alle esigenze delle generazioni di oggi e di creare opportunità per quelle
di domani.
Grafica e stampa a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia