(AGENPARL) – sab 18 gennaio 2025 *“Giornalisti e non teppisti da tastiera. Una certa deriva del giornalismo
dei nostri tempi (e non solo)” di Davide Romano, giornalista*
C’è una razza di giornalisti che, a ogni generazione, emerge dalle
redazioni come una nebbia molesta, pronta a insinuarsi ovunque ci sia la
possibilità di urlare più forte del buon senso. Questi scribacchini senza
scrupoli, il cui mestiere è più vicino al mestiere di guastafeste che a
quello di cercatori di verità, non guardano in faccia nessuno. E a dirlo
non sono solo io, ma la storia del giornalismo, che di cialtroni ne ha
sempre conosciuti troppi.
“Un giornalista è uno storico del presente,” diceva Indro Montanelli. Ma
che dire di chi trasforma la cronaca in un teatrino grottesco, riducendo
fatti e persone a marionette mosse da titoli sensazionalistici? Costoro non
servono la verità, ma il mercato delle emozioni: più lacrime, più scandalo,
più clic.
Il giornalista senza scrupoli non è mai interessato a verificare, ma solo a
vendere. Sventola la penna come un’arma, non per fare luce, ma per gettare
ombra. Non si preoccupa delle conseguenze, delle vite rovinate da una
notizia sparata senza filtri o da un’opinione mascherata da fatto. Sono
contenti quando diffamano e rovinano la reputazione di qualcuno, sfogano il
loro astio e la loro invidia sulla tastiera del PC.
“Non c’è peggior tradimento che mentire al lettore,” ammoniva Montanelli.
Eppure, il cialtrone del XXI secolo non si considera un traditore: si vede
come un innovatore. “Stiamo reinventando il giornalismo,” dicono, mentre
smantellano il rigore della professione per erigere un altare al dio della
viralità.
Non si salva nessuno dalla loro furia mediatica. Politici, artisti, uomini
comuni, gli stessi loro colleghi: tutti sono bersagli. Non importa che il
bersaglio sia innocente o colpevole, purché faccia notizia. “Scrivere per
distruggere qualcuno è facile,” ricordava Enzo Biagi, “ma il nostro lavoro
è costruire conoscenza, non rovine.”
Eppure, ciò che li rende pericolosi è che il loro pubblico li applaude. La
gente ama lo scandalo più della verità. E i cialtroni lo sanno bene: “Date
alla folla ciò che vuole, non ciò che le serve” è il loro motto non
dichiarato.
Ma ogni tanto, in mezzo a questo mare di mediocrità, emerge una voce che
dice basta. “Un giornalista senza etica è un mercenario,” scriveva
Montanelli. E forse è ora di tornare a ricordare che il nostro mestiere non
è un circo, ma un servizio.
È ora di chiedersi: che giornalisti vogliamo essere? Quelli che cercano la
verità, o quelli che la vendono al miglior offerente? Perché, alla fine, la
differenza tra un cronista e un cialtrone è tutta qui: uno serve la verità,
l’altro si serve di essa.
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