(AGENPARL) – ven 07 ottobre 2022 COMUNICATO STAMPA
LA DENUNCIA AL CONGRESSO FORENSE A LECCE: IN ITALIA GRAVE LA DISATTENZIONE SULLA SITUAZIONE CARCERARIA
E LE SPECULAZIONI POLITICHE
SU UNA DETENZIONE PIÙ UMANA, LA RIEDUCAZIONE E LA RISOCIALIZZAZIONE AL LAVORO, SI GIOCA LA QUALITÀ DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA
Lecce, 7 ottobre – Si è da poco concluso il previsto Focus, “Per una detenzione più umana: dalla pena alla rieducazione, dalla risocializzazione al lavoro’, moderato daGiovanni Negri,giornalista de‘Il Sole 24 Ore’,al quale hanno partecipato:Emilia Rossi, componente del Collegio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale;Maria Brucale, avvocato del Libero Foro;Giovanna Ollà, vicepresidente della Scuola Superiore dell’Avvocatura;Vinicio Nardo, componente dell’Ufficio di Coordinamento dell’Organismo Congressuale Forense;Giulia Merlo, giornalista di‘Domani’.
Un confronto che ha messo l’accento sulla grave realtà del sistema penitenziario italiano e sulla necessità di investire per un cambio di paradigma per avereuna detenzione più umana: dalla pena alla rieducazione, dalla risocializzazione al lavoro.
DaEmilia Rossi, componente del Collegio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, è arrivato un quadro preoccupante della situazione: «Quello della detenzione, dell’esecuzione penale, è un tema che non interessa quasi a nessuno, in particolare alla politica, salvo quando diventa occasione per raccogliere consenso elettorale e quindi è fonte di grande strumentalità politica. Perquesto ringrazio la presidente Masie il Consiglio Nazionale Forense che hanno voluto questa tavola rotonda e questo momento di riflessione. Tra CNF e Garante nazionale c’è un dialogo stretto, iniziato già nel 2017 con il primo protocollo d’intesa, che la presidente Masi quest’anno ha nuovamente sottoscritto, potenziandolo, amplificandolo, prevedendo delle forme di partecipazione degli avvocati al lavoro del garante nazionale, alla formazione e allo sviluppo di una cultura, giuridica e sociale sull’esecuzione penale in cui gli avvocati siano protagonisti, con tavoli di studio, di formazione, centri di raccolta delle segnalazioni che provengono dal mondo dell’esecuzione penale e prevedendo altresì il coinvolgimento degli ordini forensi nel momento della individuazione dei garanti comunali e provinciali. Si tratta di un potenziamento notevole di un’intesa all’interno della quale si iscrive questo utile momento di confronto».
Giovanna Ollà, vicepresidente della Scuola Superiore dell’Avvocatura, ha ulteriormente sottolineato: «Il tema del carcere, dell’esecuzione penitenziaria, del reato ancora prima, della privazione della libertà personale è strumentalizzato, politico nell’accezione peggiore, propagandistico. Su questo l’Avvocatura deve essere unita nel segnalare i rischi della strumentalizzazione politica di alcuni temi significativi come quelli che attengono al riconoscimento della tutela del diritto. Attenzione alle ricadute di un certo tipo di approccio a questi temi che non è affatto giuridico e che può portare anche a pericolose incursioni. I diritti non hanno nome, sono diritti anche i più impopolari come quelli dei detenuti. Alla risposta dell’opinione pubblica si deve rimanere impermeabili. Abbiamo visto episodi dove, a fronte della concessione di permessi premio, sono stati inviati ispettori ministeriali a verificare la correttezza del percorso autorizzativo. Allora attenzione perché questo va oltre la risposta della vittima: è chiaro che dobbiamo comprendere una risposta che vuole vendetta, la risposta dei familiari congiunti, ma attenzione che questo non diventi lo slogan di uno stato di diritto. L’Avvocatura deve essere compatta. Tutti, Congresso Forense, CNF, Consigli dell’Ordine e avvocati dobbiamo riscoprire quella cultura della legalità oggetto del protocollo e quindi garantire anche con i cittadini iniziative formative e informative. Il CNF può e deve dare un valore simbolico nell’esserci e un impegno sociale per garantire un messaggio. Bene la riforma Cartabia perché, se non altro, dal punto di vista del valore simbolico, porta la pena al di fuori delle carceri, lo fa con indicazioni importanti sulle pene sostitutive, con il comparto autonomo della giustizia riparativa. Ecco, visto che il tema della risposta sociale e politica è quello di dare ragione alle esigenze umane, comprensibili delle vittime, alloro cosa ripara le vittime? È un percorso dell’anima ma da là dobbiamo partire perché il tema è prima di tutto culturale».
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