(AGENPARL) - Roma, 18 Novembre 2025Dall’indagine Fillea Cgil-Cresme emerge chiaramente che casa e costruzioni rappresentano i pilastri della dinamica industriale del Paese. Il 32% del valore aggiunto nazionale, circa un terzo dell’economia italiana
Il mancato pagamento e riconoscimento di quanto previsto per il caro materiali alle imprese si scaricherà sulle stazioni appaltanti
“I dati dell’indagine Fillea Cgil-Cresme dimostrano che la casa e l’ambiente costruito rappresentano il nuovo paradigma per lo sviluppo e la coesione sociale del Paese. Il Governo è concentrato su altre priorità: condoni edilizi, rottamazione cartelle, attacco ai diritti dei lavoratori e ulteriori allungamenti dell’età pensionabile. Casa e costruzioni sono pilastri della dinamica industriale del Paese. Il 32% del valore aggiunto nazionale, circa un terzo dell’economia italiana dipende da quello che succede nel settore e che ruota attorno al bene casa”. E’ quanto afferma il segretario generale della Fillea Cgil Antonio Di Franco a margine della presentazione dell’indagine Fillea Cgil-Cresme, presentata questa mattina al Centro Congressi Frentani insieme alle parti sociali e datoriali di tutta la filiera.
“Miopi le politiche del Governo, che a partire dalla legge di bilancio vanno in direzione opposta alla crescita e allo sviluppo. Alla domanda di case e affitti calmierati, l’esecutivo risponde con risorse insufficienti, spiccioli per la morosità incolpevole e soprattutto con un ddl in materia di sfratti che rischia di mettere per strada migliaia di famiglie. Nessun riordino e prospettiva di lungo periodo in materia di incentivi fiscali ed efficientamento energetico”, spiega il segretario degli edili. “Tagli ad infrastrutture strategiche per la mobilità di cittadini e pendolari (metro Roma, Milano, Napoli, s.s.106 Jonica, Cispadana). Meno risorse per la difesa del suolo, edilizia scolastica e sanitaria”. E ancora “Mancato pagamento e riconoscimento di quanto previsto per il caro materiali alle imprese e difatti nessun intervento per il 2026, difatti si annuncia che a pagare saranno le stazioni appaltanti. Così l’Italia è destinata a fermarsi e anche l’indice dell’occupazione a cui si appiglia il Governo rischia di invertirsi in maniera decisa (visto che dal 2019 al 2025 il 30% della crescita occupazionale deriva dal contributo delle costruzioni)”. Dal rapporto Fillea Cgil-Cresme, presentato questa mattina insieme a tutte le componenti della filiera di settore, emerge chiaramente “il ruolo centrale e determinante nell’economia recente sia degli incentivi fiscali sulla casa, del PNRR, che degli investimenti in opere avviati dai Comuni. Praticamente tutto quello che il Governo demonizza e i cui effetti ignora scegliendo politicamente di non investirci.
Infatti “Senza la liquidità del PNRR, senza un piano reale per la casa che recepisca anche la direttiva case green, a partire dall’estate 2026 è verosimile immaginare una paralisi dell’economia italiana con effetti sulla tenuta dei servizi e del welfare pubblico”.
Pertanto “è urgente una inversione di tendenza che rimetta al centro la programmazione, la rimodulazione delle risorse investite su altri capitoli (rottamazione cartelle esattoriali, flat tax, condoni edilizi vari e opere tipo ponte sullo stretto che da solo vale 14 miliardi di euro a valere tutte sul bilancio dello stato) e la pianificazione di tutte le risorse europee, che scevre da condizionamenti ideologici, debbano essere investite per rispondere alla emergenza casa. L’ edilizia residenziale sociale (ERS) va definita dalla politica rendendo omogenei i parametri, soprattutto reddituali, su tutto il territorio nazionale”.
Secondo Federcasa precisa Di Franco “sono 250.000 le famiglie aventi diritto iscritte ai bandi per
l’edilizia residenziale pubblica (ERP). Sulla base di questi dati, e prendendo in considerazione un recente
studio ance- Cresme, servirebbero circa 35 miliardi di euro (250.000 per almeno 70 metri quadri con un
costo di costruzione/ristrutturazione di circa 2000 al metro quadro). Nella legge di bilancio le misure per
il disagio abitativo hanno provviste per 50 milioni nel 27, 50 milioni nel 28 e circa 560 milioni di euro per
il tanto sbandierato piano casa. Si parla di risorse da provare ad attrarre dal c.d. Fondo sociale europeo per il clima, peccato che ammesso fossero utilizzabili al momento sembrerebbe impossibile prima di gennaio 2028”. Quindi conclude il segretario generale “I dati dimostrano che casa e ambiente costruito
rappresentano il nuovo paradigma per lo sviluppo e la coesione sociale del Paese. Casa e costruzioni sono pilastri della dinamica industriale del Paese. Il mancato pagamento e riconoscimento di quanto previsto per il caro materiali alle imprese si scaricherà sulle stazioni appaltanti. Per questo il 12 dicembre insieme a lavoratori e lavoratrici e alla Cgil saremo in sciopero generale”.
VALORE ECONOMICO
In una stagione in cui le grandi risorse del superbonus e del Pnrr si vanno esaurendo e il tema
della casa è tornato con emergenza sul tavolo della politica in tutta Europa, è importante
chiedersi quanto vale realmente il settore delle costruzioni per capire cosa sta succedendo e cosa
fare. Per valutare il peso delle costruzioni sull’economia molte scorciatoie sostengono che sia
sufficiente misurare il valore aggiunto prodotto dalle costruzioni con quello totale del Paese:
l’esito è semplice 6% nella media annua 2023- 2024. Ma è questo il vero peso delle costruzioni?
Forse vale la pesa di pesare gli investimenti e già così le cose cambiano: il valore degli
investimenti in costruzioni sul Pil è nel 2024 pari al 14,6%: 3 volte la stima del valore aggiunto.
Ma gli investimenti non raccontano tutta l’attività delle costruzioni.
Per calcolare il contributo del settore delle costruzioni allargato si devono includere la progettazione, la costruzione, fino alla vendita; ovvero: attività immobiliari (es. agenzie immobiliari, attività di gestione degli immobili, affitti, etc.), attività degli studi di progettazione (es. architetti, ingegneri, geometri, etc.), attività bancarie (i.e. la parte di attività relativa al mercato dei prestiti per l’acquisto o la costruzione di immobili). Lo studio della matrice simmetrica delle tavole di contabilità nazionale ha permesso di stimare i flussi intersettoriali tra le branche economiche e correggere il calcolo per ridurre i doppi conteggi. Per la stima della componente di servizi finanziari è stata formulata una ipotesi ad hoc sulla percentuale di
fatturato bancario relativa al settore immobiliare (i.e. il 30%). Il valore stimato della produzione
del Settore delle Costruzioni Allargato così definito, valutato a prezzi correnti e ai prezzi base,
nel 2021 è risultato pari a 531 miliardi di euro, ovvero oltre il 32% del Valore Aggiunto
complessivo.
VALORE PRODUZIONE
Il valore della produzione nelle costruzioni è composto per il 35,5% dal proprio valore aggiunto
(costo del lavoro e margine operativo) e per il 64,5% da consumi intermedi: acquisti di beni e
servizi necessari al processo produttivo. Dei 155 miliardi di consumi intermedi, 50 miliardi (il
30%) sono acquisti di prodotti realizzati da operatori delle costruzioni. Il restante 70% (quasi 105
miliardi) è impiegato per l’acquisto di beni e servizi provenienti, in diversa misura, da 59 delle
63 branche complessive contemplate nelle tavole intersettoriali dell’ISTAT: il 94%. Inoltre, tali
acquisti provengono quasi esclusivamente da produzioni interne: soltanto il 7% è importato
dall’Estero. Quindi il 30% della crescita occupazionale italiana 2019-2025 viene dal contributo
delle costruzioni.
FLUSSI MONETARI
I flussi monetari provocati dalla costruzione di nuove abitazioni non si arrestano con la
chiusura del cantiere e col valore della produzione del settore delle costruzioni: vanno oltre fino
a rendere abitabile la casa, basti pensare ai soli costi connessi all’acquisto (parcelle notarili,
accensione dell’eventuale mutuo, allacci delle utenze, ecc.). Ma il processo di produzione del
valore insiste anche sull’intero patrimonio abitativo: ogni anno una dimensione considerevole di
risorse nasce dal bene casa. E i flussi monetari generati dalla casa perdurano durante tutto il suo
ciclo di vita, talvolta plurisecolare. Sono i tempi lunghi del costruito. Oltre alla spesa per
interventi per mantenere le funzioni tipiche delle abitazioni e impedire il loro deterioramento, gli
investimenti in riqualificazione e le risorse per la manutenzione, vi sono altre spese, e quindi
redditi, tasse e imposte, generati annualmente dal bene casa. Le misurazioni e le stime
elaborate – con modalità prudenziali – portano ad un complesso di flussi economici generati
dalla casa pari a 466 miliardi nel 2024. Tale dimensione si inserisce, nei conti economici
nazionali, nella domanda interna ovvero la voce che nei conti economici nello schema delle
risorse e impieghi, alimenta la parte degli impieghi insieme alle esportazioni. Come tale,
l’importo di 466 miliardi, rapportato al prodotto interno lordo nel 2024 (2,2 miliardi di euro)
rappresenta Il 21% del PIL. Nel 2014 erano 371 miliardi nel 2007 (29% del PIL) e 340 miliardi
nel 2014 (23% del PIL). Rapportando invece queste grandezze all’ambito più importante della
domanda interna, il risultato è che la casa produce flussi monetari pari al 27% dell’aggregato
formato da investimenti fissi lordi più consumi finali delle famiglie (inclusi quelli effettuati su
territorio estero).
FORZA LAVORO
Secondo la rilevazione della Forza Lavoro gli occupati nelle costruzioni sono 1.652 nel 2025.
Dal 2020 ad oggi, se si esclude il 2023, il numero di occupati delle costruzioni è cresciuto
costantemente. Con tassi di crescita maggiori che in tutti gli altri settori economici. Fra il 2019 e
il 2025, l’occupazione nelle costruzioni è aumentata del 24,6%, molto più degli occupati in
agricoltura (- 8,6%), nell’industria (+3,3%) e dei servizi (+4,1%). Nonostante le dimensioni più
elevate del tessuto occupazionale nell’industria, la crescita del numero dei lavoratori dellee
costruzioni è stata oltre il doppio di quella dei lavoratori dell’industria: 326mila occupati contro i
155mila lavoratori dell’industria. La crescita in valori assoluti nei servizi, 669mila occupati, è
avvenuta in un settore dieci volte più grande di quello delle costruzioni. Il contributo
dell’aumento occupazionale nelle costruzioni alla crescita totale è stato del 30,4% in questi sei
anni. Ma quanti sono i lavoratori delle altre attività economiche che sono legati alle dinamiche
del mercato delle costruzioni.